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Università Europea. Galantino: «Servono anticorpi a dittatura del pensiero unico»

Il segretario della Cei ha messo in guardia dal pericolo di nuove barriere "non solo fisiche ma anche di conoscenza e accesso al potere". Cantone (Anticorruzione): prevenire le mafie

"L'università deve essere luogo di incontro e di dialogo, soprattutto ora che le barriere trovano accoglienza e trovano voti. E questo ci deve interessare". "La cultura è il vero antidoto all'illegalità e al malaffare". Sono i due passaggi di evidente attualità degli interventi di monsignor Nunzio Galantino e Raffaele Cantone, in occasione della cerimonia di inaugurazione dell'anno accademico 2016-2017 dell'Università Europea di Roma. Il segretario generale della Cei, prendendo spunto dai recenti interventi di Papa Francesco, avverte come "il mondo oggi conosce il tragico paradosso di aver superato vecchie frontiere e inimicizie e allo stesso tempo aver innalzato nuove barriere, non solo fisiche ma anche di conoscenza e di accesso al potere". È quella ""cultura dello scarto", che anche in università può trovare spazio, finendo con perpetuare logiche di competizione esasperata o replicando meccanismi di esclusione di cui vediamo gli esiti nella nostra società".

Ma quello delle nuove barriere non è l'unico allarme lanciato da Galantino. L'università, è il suo invito, deve farsi carico "di formare una coscienza critica sulle tendenze in atto, senza schiacciare i propri processi formativi sotto il peso del pensiero dominante o della dittatura del mercato. Ne abbiamo fin troppo di dittature di pensieri unici! - esclama - Abbiamo invece bisogno di creare nelle nostre strutture e dentro di noi gli anticorpi non solo per non soccombere, ma per interagire con queste realtà". Per questo, insiste, "c'è bisogno di discernimento - una parola che purtroppo sta facendo paura dopo l'Amoris laetitia, che tristezza! - per il bene comune della società in cui si vive. C'è bisogno di gente umile e non arrogante, disposta a deporre l'ascia di guerra". E invece accade, aggiunge Galantino, che "la paura della complessità ci fa arroccare, ci fa essere aggressivi, anche nei nostri ambienti, anche con la volgarità. E si demonizza la diversità, invece di accoglierla con il confronto". Come quando, torna ad avvertire, "si invoca il termine cattolico e lo si interpreta come chiusura, appiattimento. La colpa non è sempre fuori di noi. Spesso diamo l'impressione di non voler osare, di non avere freschezza di pensiero. A molti questo fa paura, ci fa essere troppo prevedibili, ininfluenti". È un invito all'assunzione di responsabilità che è venuto anche dal presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione.

"Dopo essermi occupato di contrastare la camorra, oggi provo ad occuparmi di una "mission impossible", la prevenzione della corruzione". E questo, sottoIinea Cantone, perché "è evidente che c'è un problema di valori civili in un popolo nel quale c'è un alto livello di corruzione come nel nostro Paese". Proprio per questo, avverte, "il diritto è solo uno dei meccanismi per modificare i valori civili, è solo un pezzo. Se il Paese non è in grado di "digerire" le regole come diritto vivente saremo sempre il Paese delle "grida manzoniane"". Per questo "la lotta alle mafie e alla corruzione ha bisogno di leggi e di repressione, ma non basta. Molto può fare la cultura, la scuola, l'università. Ma non deve essere autoreferenziale, si deve collegare alla realtà, aprirsi all'esterno, valorizzando il merito, soprattutto di chi non ha i mezzi, come ci invita a fare l'articolo 3 della Costituzione, senza corsie preferenziali e processi di cooptazione". Che spesso sono l'anticamera della corruzione.

Antonio Maria Mira

© Avvenire, giovedì 2 marzo 2017