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Zuppi: la guerra, macchina di morte fratricida. Il popolo ucraino anela alla pace

Il cardinale arcivescovo di Bologna celebra la Messa nella Basilica di San Pietro a conclusione della 77.ma assemblea generale della Cei. Nella sua omelia ricorda che la Chiesa è casa “che accoglie tutte le etnie perché popolo santo di Dio” ed esorta al “coraggio” di annunciare il Vangelo in ogni circostanza e all’“unità”, perché ogni conflitto nasce dalle divisioni

Si fa portavoce dell’“angoscia” che “grava nell’anima del popolo ucraino”, il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei, durante l’omelia nella Basilica di San Pietro in occasione della 77.ma assemblea generale che si chiude oggi, 25 maggio, in Vaticano. Commentando il Vangelo sui discepoli di Emmaus, l’arcivescovo di Bologna, a cui il Papa ha affidato la missione di “allentare le tensioni nel conflitto in Ucraina”, volge lo sguardo proprio alla popolazione del “martoriato” Paese: “Popolo che anela alla pace e quanti piangono qualcuno che non è tornato più, inghiottito dalla macchina di morte fratricida che è la guerra”.

Il Signore non si stanca di cercarci

“Veniamo tutti dalle nostre tante Emmaus e portiamo con noi la tristezza di quei pellegrini con il cuore gonfio di disillusione, ferito, aggressivo e amaro perché le speranze erano finite”, dice il porporato, assicurando però la vicinanza del Signore che “continua a farsi pellegrino (lui sì e noi no?)”, che “non si stanca di cercarci e spinge a metterci per strada per liberare da un destino senza comunità, per scaldare cuori spenti e farli ardere di amore e di speranza”. “Il Signore non smette di donarci il suo Spirito perché la vita non si chiuda negli orizzonti mediocri di Emmaus, magari a discutere tutti i giorni del passato ma senza futuro, fuori dalla storia”, afferma il cardinale Zuppi.

La Chiesa accoglie tutte le etnie

Esprime poi la “grande emozione” del ritrovarsi tutti riuniti nella Basilica di San Pietro, al termine di quasi due anni di Cammino sinodale: “Ci sintonizza di nuovo con i fratelli e le sorelle e con questa Madre Chiesa che tutti ci accoglie e continua a generarci a figli”. “Come i due di Emmaus anche noi troviamo Pietro che conferma la nostra fede – afferma il porporato -. Troviamo un popolo grande, che accoglie tutte le etnie perché popolo santo di Dio. Un popolo ma sempre una famiglia che ci chiede di vivere con lo stile e i sentimenti della famiglia, non da funzionari anonimi, anche zelanti ma con il cuore e gli affetti da un’altra parte o ridotti solo al proprio protagonismo o ruolo”.

Vivere per il Vangelo fa confrontare col proprio limite

Nella sua omelia, ricorda poi la testimonianza di San Paolo, la sua prigionia, le accuse ricevute, il processo delle autorità romane. Lui però va avanti e sulla sua bocca risuona una parola: “Coraggio!”. “È l’espressione di Dio, che conosce la fatica della testimonianza”, commenta il presidente della Cei. Lo stesso invito è rivolto oggi ad ogni credente: "Vivere per il Vangelo ci fa confrontare con il nostro limite, con la durezza del mondo, con la forza del male che i cristiani conoscono perché amano e non aspettano qualche pandemia per combatterlo”.

Coraggio

“Coraggio!”, dice il Signore a Paolo. “È la carezza di Dio, la sua compagnia, la sua cura per ogni credente, ma anche per ogni uomo affaticato ed oppresso”, rimarca ancora il cardinale Zuppi. Al contempo, è uno “stimolo a trovare nuove vie di trasmissione della fede, ad annunciare il Vangelo in ogni circostanza, a non aver paura di prendere il largo”. “Tutto può cambiare e niente è impossibile a chi crede!”, assicura il cardinale. “Il Vangelo non ha confini. E chi è pieno del Vangelo è libero dai confini, non perché dilata il suo io come avviene pericolosamente nel mondo, ma perché ama e non ha paura di cercare nuove terre, anche quelle non ancora esplorate da nessuno, anche quelle che potrebbero dimostrarsi ostili”. “Il Vangelo - insiste - ci fa sentire a casa ovunque e tutto è reso da lui casa”.

Il Cammino sinodale

Da qui, ancora una raccomandazione per il percorso sinodale delle Chiese in Italia: “Camminare insieme, al passo con il Risorto e in dialogo con il mondo”. “Non c’è comunione senza l’azione dello Spirito e la nostra docilità a lasciarci guidare dallo Spirito e non dai piccoli interessi”, dice il presidente della Cei, non “dai protagonismi che riempiono di orgoglio”, non “dai programmi vuoti di amore che ci rendono sicuri ma lontani dai pellegrini”.

L'unità legata alla pace

“Coraggio e unità” sono quindi “i due binari” da seguire: il coraggio “che solo l’amore può generare in noi, per ascoltare, discernere e decidere per Dio e per il bene della Chiesa”; l’unità, cioè il “pensarsi insieme, a tutti i costi, non uguali, anzi ancora più diversi perché finalmente e liberamente se stessi perché in relazione gli uni agli altri. L’unità è santa e non a caso è sempre legata alla pace, perché la guerra inizia quando si accetta la divisione”.

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

© www.vaticannews.va, giovedì 25 maggio 2023

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