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L’annuncio del Vangelo nelle feste religiose popolari

Nota dei Vescovi di Puglia «L’annuncio del Vangelo nelle feste religiose popolari. A vent’anni dalla Nota Pastorale delle Chiese di Puglia “Le nostre feste”»

A più di vent’anni dalla pubblicazione della Nota Pastorale sul Le feste religiose popolari nelle Chiese di Puglia (1998), la Conferenza Episcopale Pugliese, confermando una particolare attenzione alle feste religiose e alle diverse espressioni della pietà popolare tipiche delle Diocesi della nostra Regione, pubblica questa nota L’annuncio del Vangelo nelle feste religiose popolari.

«Si è sentito il bisogno di offrire una riflessione – ha dichiarato S.E. Mons. Claudio Maniago, Vescovo di Castellaneta e Vescovo incaricato per la Commissione regionale per la liturgia - riguardo a questo delicato e significativo aspetto della vita delle nostre Comunità, che fosse arricchito dai testi del magistero che in questi ultimi anni sono stati pubblicati, come il Direttorio su pietà popolare e liturgia e i vari interventi di Papa Francesco su questo tema, a cominciare dall’esortazione apostolica Evangelii Gaudium».

Il documento reso noto in data odierna, dopo aver tratteggiato il ruolo delle feste religiose nel contesto dell’azione evangelizzatrice della Chiesa, propone tre appendici che riportano i principi generali a cui si devono ispirare le feste, indicazioni per la musica e note legali per una corretta gestione di queste occasioni.

«Il solco in cui la nota dei Vescovi pugliesi si colloca – continua Mons. Maniago – è quello tracciato dal Concilio Ecumenico Vaticano II e in particolare dalla Riforma Liturgica, cifra dello stesso Concilio; l’orizzonte in cui si muove è quello del rinnovamento della Chiesa, chiamata a scrutare i segni dei tempi e ad essere capace di trasmettere il dono del Vangelo alle nuove generazioni. Un rinnovamento che, nelle nostre Comunità, non può prescindere dall’ambito delle feste religiose».

La Nota pubblicata oggi era stata approvata nella riunione della Conferenza Episcopale Pugliese tenutasi a Molfetta il 15 settembre scorso.

Nel corso dell’ultima riunione della Conferenza i presuli hanno scelto la data del 29 novembre, Prima Domenica di Avvento, per l’adozione della nuova edizione italiana del Messale Romano in tutte le Diocesi di Puglia.

Leggi il testo della Nota, oppure scarica da qui

 

Conferenza Episcopale Pugliese
 
L’annuncio del Vangelo
nelle feste religiose popolari
A vent’anni dalla Nota Pastorale delle Chiese di Puglia “Le nostre feste”

 

 Introduzione

Sono ormai trascorsi più vent’anni dalla pubblicazione della Nota Pastorale sulle feste religiose popolari nelle Chiese di Puglia[1]. Un documento della Conferenza Episcopale Pugliese che attestava, dopo quello pubblicato nel 1979[2], l’attenzione dei vescovi pugliesi alle feste religiose e alle diverse espressioni della pietà popolare nelle Diocesi della Regione ecclesiastica.

Il solco era quello tracciato dal Concilio Ecumenico Vaticano II, la luce quella della Riforma Liturgica, cifra dello stesso Concilio, l’orizzonte quello del rinnovamento della Chiesa, chiamata a scrutare i segni dei tempi e ad essere capace di trasmettere il dono del Vangelo alle nuove generazioni. Un rinnovamento che, nelle nostre Comunità, non può prescindere dall’ambito delle feste religiose.

E proprio in questo dinamismo di permanente rinnovamento inaugurato dalla Riforma conciliare, possiamo fare memoria e verifica di quanto ci eravamo proposto nella Nota Pastorale del 1998 e accogliere le urgenze che oggi lo Spirito Santo indica alle nostre Chiese.

  1. Le tappe del nostro cammino

Nel 1998 avevamo immediatamente alle spalle il primo Convegno delle Chiese di Puglia: Crescere insieme in Puglia (Bari, 29 aprile – 2 maggio 1993) e il III Convegno della Chiesa Italiana: Il Vangelo della Carità per una nuova società italiana (Palermo, 20-24 novembre 1995).

Eravamo, inoltre, nell’immediata preparazione al Grande Giubileo del 2000[3], che avrebbe aperto il terzo millennio, incentrato sul mistero dell’Incarnazione.

Alla fine del 2001, dalla Congregazione per il Culto Divino e la disciplina dei Sacramenti venne firmato il decreto (17 dicembre 2001) per la pubblicazione del Direttorio su pietà popolare e liturgia. Principi e orientamenti[4]. Qui troviamo tutto ciò che è necessario per:

  • curare nell’azione pastorale l’ambito delle espressioni della pietà popolare;
  • promuovere la qualità teologica e culturale della pietà popolare;
  • ordinare e armonizzare la pietà popolare con la Liturgia, seguendo il dettato conciliare che indica il primato della Liturgia[5], e accogliendo le ulteriori indicazioni del Direttorio: “L’eminenza della Liturgia rispetto ad ogni altra possibile e legittima forma di preghiera cristiana deve trovare riscontro nella coscienza dei fedeli: se le azioni sacramentali sono necessarie per vivere in Cristo, le forme della pietà popolare appartengono invece all’ambito del facoltativo”[6].

Anche le feste religiose devono sempre meglio manifestare il fuoco della celebrazione del Mistero di Cristo, particolarmente nella fedeltà e nell’adesione all’itinerario di fede che è l’Anno Liturgico per tutta la Chiesa.

Venne celebrato, poi, il IV Convegno della Chiesa Italiana: Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo (Verona 16-20 ottobre 2006) e il terzo Convegno Ecclesiale Pugliese: I laici nella Chiesa e nella società pugliese, oggi[7].

Da quest’ultimo appuntamento scaturì una Nota Pastorale[8] che voleva rileggere potenzialità e urgenze socio-culturali della terra di Puglia, definita terra di immigrati senza smettere di essere di migranti[9], e che pose a tutti importanti domande:

  • i pugliesi di oggi e i responsabili delle varie istituzioni quale realtà sociale e culturale, economica e morale stanno consegnando alle nuove generazioni? (…) Quanti stanno abbandonando il campo agli speculatori di ogni tipo, lasciando cadere la passione per il bene comune? Di quale luce nuova ha bisogno lo spazio pubblico per essere motivo di felicità per tutti, specie per i più poveri, per i giovani e le donne, gli immigrati e le persone sole?[10].

E, nello specifico ecclesiale, ci si chiedeva:

  • quali nuovi compiti educativi devono affrontare le Chiese di Puglia? Quale contributo al rinnovamento portano alla società pugliese?[11].
  1. L’impulso luminoso di papa Francesco

Il dono di papa Francesco e del suo magistero alla Chiesa, l’enciclica Lumen Fidei[12], l’Esortazione Apostolica Evangelii gaudium sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale[13], il suo intervento al V Convegno Ecclesiale Nazionale: In Gesù Cristo il nuovo umanesimo[14]e l’Esortazione Apostolica Gaudete et exsultate[15] ci spingono a rivisitare anche il terreno delle feste religiose popolari nelle nostre Comunità ecclesiali. Esse restano espressioni importanti del nostro popolo e pastoralmente feconde, nella misura in cui restano manifestazioni autentiche della pietà popolare.

In quest’ultimo tratto di cammino ecclesiale, che racchiude gli oltre vent’anni dalla nota pastorale Le nostre feste, ci pare di intravedere un notevole progresso nella cura dell’azione pastorale integrale che, in questa nostra terra, non può né eludere l’ambito delle feste religiose popolari né deflettere dal compito di una loro continua e permanente purificazione in ogni contesto culturale che va dal Gargano al Capo di Leuca.

Vogliamo, pertanto, riprendere anche noi non solo il tema pastorale, ma il doveroso impegno della rivisitazione delle feste religiose nelle Chiese di Puglia, alla luce di quanto abbiamo vissuto e accolto nel cammino della Chiesa del Signore nel mondo e nel nostro territorio.

  1. Dopo la Nota Pastorale del 1998, il Direttorio su Pietà Popolare e Liturgia e la Evangelii gaudium

Come Pastori delle Chiese di Puglia sentiamo l’urgenza di recepire le luci che si sono accese in modo particolare con il DPPL e nell’orizzonte pastorale tracciato da papa Francesco nella Evangelii gaudium. Due luci che, peraltro, fanno sintesi di quanto è stato definito dal magistero Conciliare, ripreso e sviluppato dal successivo magistero pontificio[16].

L’attenzione che sempre abbiamo riservato alle feste religiose popolari nelle nostre Chiese non può prescindere dalla cura ordinaria della pìetas christiana.

In proposito va ricordato che, se le feste religiose sono manifestazioni esterne della pietà popolare, non possiamo non interrogarci sulla cura della stessa nel cammino pastorale ordinario degli uomini e delle donne delle nostre comunità cristiane. Vogliamo ribadire l’importanza di quella cura evangelica che sa trarre l’umana bontà religiosa da tutte le espressioni e le consuetudini della pietà popolare, che accogliendole le purifica, le consolida e le eleva[17].

3a. Una necessaria precisazione

Per una fruttuosa azione pastorale è bene inoltre ricordare la necessaria distinzione tra pietà popolare e religiosità popolare[18].

Come aveva scritto papa Paolo VI nella Evangelii nuntiandi[19]e come è stato messo a fuoco dal DPPL:

“La locuzione “pietà popolare” designa qui le diverse manifestazioni cultuali di carattere privato o comunitario che, nell’ambito della fede cristiana, si esprimono prevalentemente non con i moduli della sacra Liturgia, ma nelle forme peculiari derivanti dal genio di un popolo o di una etnia e della sua cultura (…).

La realtà indicata con la locuzione “religiosità popolare” riguarda un’esperienza universale: nel cuore di ogni persona, come nella cultura di ogni popolo e nelle sue manifestazioni collettive, è sempre presente una dimensione religiosa (…).

La religiosità popolare non si rapporta necessariamente alla rivelazione cristiana” (nn. 9-10).

3b. La rilevanza della pietà popolare nell’evangelizzazione

Papa Francesco nella Evangelii gaudium, ha indicato la forza evangelizzatrice della pietà popolare capace di incidere sullo stile della Chiesa in uscita e dare peso al Vangelo nella società.

Nel capitolo terzo dell’esortazione apostolica, specialmente nei numeri riguardanti la pietà popolare[20], papa Francesco ci mostra che nel registro sociologico è bene innestare quello teologico-pastorale. Così si comprende che la cultura è la creatività di un popolo, che – se innestata sulla fede evangelica – riesce a produrre anche esperienze cristiane sempre nuove. Essa è il contesto storico – potremmo anche dire: la carne – in cui lo Spirito Santo soffia ed opera, suscitando pure quella intraprendenza credente tipica di un popolo che si apre al Vangelo. Proprio in questo caso «riveste importanza la pietà popolare, autentica espressione dell’azione missionaria del popolo di Dio» (EG 122).

Emerge qui la portata «teologale» della pietà popolare, la quale è innanzitutto esperienza spirituale e ‒ come tale ‒ ha a che fare con l’azione dello Spirito Santo in mezzo al popolo di Dio (cfr EG 125-126). Evangelii gaudium al n. 124 parla di «spiritualità popolare» o «mistica popolare». La “spiritualità” deve richiamarci a un orizzonte ben diverso rispetto alla mera devozione e l’aggettivo “popolare” va a qualificare la spiritualità come fatto ecclesiale, appunto come fatto “popolare”. Si tratta di una «spiritualità incarnata nella cultura dei semplici», e che per il papa indica «la “mistica” di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio» (EG 87), «il camminare insieme verso i santuari e il partecipare ad altre manifestazioni della pietà popolare, portando con sé anche i figli o invitando altre persone, è in sé stesso un atto di evangelizzazione» (EG 124).

Sono affermazioni che evocano appunto le suggestive forme della pietà popolare. Queste possono essere apprezzate, e non sottovalutate o fraintese, solo se ci si immerge pastoralmente nel popolo stesso, per camminare dentro di esso: «Per capire questa realtà c’è bisogno di avvicinarsi ad essa con lo sguardo del Buon Pastore, che non cerca di giudicare, ma di amare. Solamente a partire dalla connaturalità affettiva che l’amore dà possiamo apprezzare la vita teologale presente nella pietà dei popoli cristiani» (EG 125).

Ed è proprio partendo dalla forza evangelizzatrice della testimonianza ecclesiale e del servizio al mondo che possiamo interrogarci sulle nostre feste religiose, da considerare sempre nel quadro globale e variegato della pietà popolare.

3c. Le note ineludibili e le dimensioni irrinunciabili

Essendo ormai stati recepiti gli aspetti dottrinali e normativi della precedente Nota Pastorale, vogliamo ora delineare e offrire ai presbiteri e alle Comunità ulteriori criteri per discernere le nuove esigenze delle feste religiose del nostro tempo. Da questi criteri scaturiranno anche le indicazioni pratiche che ci preme ribadire. Lo aveva fatto già il papa Paolo VI scrivendo della nota trinitaria, cristologica ed ecclesiale riguardo al culto della Vergine.

Una nota intrinseca ed essenziale al culto cristiano che legittimamente si estende, sia pure in modo sostanzialmente diverso, prima di tutto e in maniera speciale alla Madre del Signore e poi ai santi, nei quali la Chiesa proclama il mistero pasquale[21].

Il DPPL riprende queste note, sviluppandole in Principi teologici per la valutazione e il rinnovamento della pietà popolare[22].

Non possiamo non tenerne conto in tutte le espressioni della pietà popolare e, in special modo, in quelle manifestazioni propriamente legate alle feste religiose (giorni di preparazione, celebrazioni, processioni, pie pratiche).

Nella valorizzazione e nel rinnovamento delle espressioni della pietà popolare il DPPL, assumendo e sviluppando quanto il Concilio Vaticano II volle per la Liturgia, indica quattro irrinunciabili dimensioni:

“Nella pietà popolare devono percepirsi: l’afflato biblico, essendo improponibile una preghiera cristiana senza riferimento diretto o indiretto alla pagina biblica; l’afflato liturgico, dal momento che dispone e fa eco ai misteri celebrati nelle azioni liturgiche; l’afflato ecumenico, ossia la considerazione di sensibilità e tradizioni cristiane diverse, senza per questo giungere a inibizioni inopportune; l’afflato antropologico, che si esprime sia nel conservare simboli ed espressioni significative per un dato popolo evitando tuttavia l’arcaismo privo di senso, sia nello sforzo di interloquire con sensibilità odierne. Per risultare fruttuoso, tale rinnovamento deve essere permeato di senso pedagogico e realizzato con gradualità, tenendo conto dei luoghi e delle circostanze”[23].

Ciò che qui è detto in generale per la pietà popolare, nei contenuti, attiene pienamente all’organizzazione e allo svolgimento delle feste religiose.

3d. Lo scopo e il frutto della venerazione dei Santi

Non dobbiamo mai dimenticare che lo “scopo ultimo della venerazione dei Santi è la gloria di Dio e la santificazione dell’uomo attraverso una vita pienamente conforme alla volontà divina e l’imitazione delle virtù di coloro che furono eminenti discepoli del Signore”[24].

Già il Concilio Vaticano II aveva affermato che

“Il culto autentico dei Santi non consiste tanto nella molteplicità degli atti esteriori quanto piuttosto nell’intensità del nostro amore attivo”[25].

È necessario ribadire che l’impegno quotidiano di vita cristiana deve essere alla base delle manifestazioni delle feste religiose.

Solo a queste condizioni, le feste religiose potranno permeare la vita religiosa della nostra gente nella peregrinazione della fede cristiana[26].

3e. Valenza antropologica del giorno della festa e possibili deviazioni

Ci preme inoltre sottolineare e promuovere la valenza antropologica[27] del giorno della festa, quale necessità profonda dell’uomo in rapporto a Dio e agli altri uomini.

Lo facciamo con le stesse parole del DPPL:

“Il “giorno del Santo” ha anche una grande valenza antropologica: è giorno di festa. E la festa – è noto – risponde a una necessità vitale dell’uomo, affonda le sue radici nell’aspirazione alla trascendenza. Attraverso manifestazioni di gioia e di giubilo la festa è affermazione del valore della vita e della creazione. In quanto interruzione della monotonia del quotidiano, delle forme convenzionali, dell’asservimento alla necessità del guadagno, la festa è espressione di libertà integra, di tensione verso la felicità piena, di esaltazione della pura gratuità. In quanto testimonianza culturale, essa mette in luce il genio peculiare di un popolo, i suoi valori caratteristici, le espressioni più genuine del suo folklore. In quanto momento di socializzazione, la festa è occasione di dilatazione dei rapporti familiari e di apertura a nuove relazioni comunitarie”[28].

Con lo stesso DPPL, vogliamo ricordare, altresì, gli elementi che possono insidiare la genuinità delle nostre feste dal punto di vista religioso e antropologico.

“Dal punto di vista religioso, la “festa del Santo” o la “festa patronale” di una parrocchia, dove essa è svuotata del contenuto specificamente cristiano che ne era all’origine – l’onore reso a Cristo in uno dei suoi membri –, appare trasformata in una manifestazione meramente sociale o folkloristica e, nel migliore dei casi, in un’occasione favorevole di incontro e di dialogo tra i membri di una stessa comunità. Dal punto di vista antropologico, si noti che non di rado accade che gruppi o singoli individui, credendo di “far festa”, in realtà, per i comportamenti che assumono, si allontanano dal suo genuino significato. La festa infatti è partecipazione dell’uomo alla signoria di Dio sulla creazione e al suo “riposo” attivo, non ozio sterile; è manifestazione di gioia semplice e comunicabile, non sete smisurata di piacere egoistico; è espressione di vera libertà, non ricerca di forme di divertimento ambiguo, che creano nuove e sottili forme di schiavitù. Con sicurezza si può affermare: la trasgressione della norma etica non solo contraddice la legge del Signore, ma reca una ferita al tessuto antropologico della festa”[29].

Ci preoccupa molto, tuttavia, l’associazione troppo stretta delle feste religiose a qualsivoglia sagra di vegetali, di animali o di prodotti tipici, in voga in varie zone della nostra Regione.

Inoltre, non può non essere presa in considerazione l’esposizione mediatica di feste, processioni e riti religiosi con la loro possibile strumentalizzazione. Se ieri i Vescovi richiamavano l’attenzione su elementi estranei alla natura propria delle feste religiose[30], oggi bisogna vigilare perché non si trasformino in contenitori folkloristici o di ambigua entità sacrale.

3f. Il giorno della festa del Santo nella celebrazione del Mistero di Cristo

Dal punto di vista pastorale-liturgico non possiamo, poi, non ribadire le esigenze irrinunciabili del giorno della festa di un Santo rispetto alla celebrazione del Mistero di Cristo (particolarmente in giorno di domenica)[31].

Accondiscendere ad ambigue concessioni non è segno di saggezza pastorale. In proposito è molto chiaro il DPPL:

“Le eventuali conflittualità devono essere risolte alla luce delle norme del Messale Romano e del Calendario Romano Generale sul grado della celebrazione del Santo o del Beato, stabilito secondo il suo rapporto con la comunità cristiana (Patrono principale del luogo, Titolo della chiesa, Fondatore di una famiglia religiosa o suo Patrono principale); sulle condizioni da rispettare riguardo all’eventuale trasferimento della festa alla domenica, sulla celebrazione delle feste dei Santi in alcuni tempi particolari dell’Anno liturgico.

Tali norme devono essere osservate non solo come forma di ossequio all’autorità liturgica della Sede Apostolica, ma soprattutto come espressione di rispetto verso il mistero di Cristo e di coerenza con lo spirito della Liturgia.

In particolare è necessario evitare che le ragioni che hanno determinato lo spostamento della data di alcune feste di Santi o di Beati – ad esempio, dalla Quaresima al Tempo ordinario – vengano vanificate nella prassi pastorale: celebrare in ambito liturgico la festa di un Santo secondo la nuova data e continuare a celebrarla, nell’ambito della pietà popolare, secondo la data precedente, non solo incrina gravemente l’armonia tra Liturgia e pietà popolare, ma, dando luogo a un duplicato, genera confusione e disorientamento”[32].

  1. Armonizzazione tra liturgia e pietà popolare: compito permanente

Non da ultimo, pastori e comunità, dobbiamo continuare nell’impegno di promuovere larmonizzazione tra liturgia e pietà popolare, che deve risplendere particolarmente nelle feste religiose, quali espressioni solenni della pìetas christiana, non orpelli di vaga religiosità.

E’ stato anzitutto il Concilio che l’ha insegnato.

“La sacra liturgia non esaurisce tutta l'azione della Chiesa. Infatti, prima che gli uomini possano accostarsi alla liturgia, è necessario che siano chiamati alla fede e alla conversione (…). Per questo la Chiesa annunzia il messaggio della salvezza a coloro che ancora non credono(…). Ai credenti poi essa ha sempre il dovere di predicare la fede e la penitenza; deve inoltre disporli ai sacramenti, insegnar loro ad osservare tutto ciò che Cristo ha comandato, ed incitarli a tutte le opere di carità, di pietà e di apostolato.

Nondimeno la liturgia è il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua energia”[33].

E, parlando in generale dei pii esercizi, lo stesso Concilio ha posto la condizione necessaria della loro armonizzazione con la liturgia.

“I « pii esercizi » del popolo cristiano, purché siano conformi alle leggi e alle norme della Chiesa, sono vivamente raccomandati (…). Bisogna però che tali esercizi, siano regolati tenendo conto dei tempi liturgici e in modo armonizzarsi con la liturgia; derivino in qualche modo da essa e ad essa, introducano il popolo, dal momento che la liturgia è per natura sua di gran lunga superiore ai pii esercizi”[34].

La pietà popolare, che ha la massima espressione nei riti della settimana santa, nelle feste della Madre di Dio e dei Santi, non può che essere in armonia con la liturgia.

Popolare infatti non è solo la pietà popolare ma la stessa liturgia come il Concilio ha riscoperto con la Riforma Liturgica.

Le due realtà, pertanto, non sono mai da opporre. Il DPPL ha ribadito il primato della Liturgia per tutto il popolo di Dio promuovendone la partecipazione, ma non ha escluso la facoltà delle varie espressioni di pietà popolare[35].

“Liturgia e pietà popolare sono due espressioni legittime del culto cristiano, anche se non omologabili. Esse non sono da opporre, né da equiparare, ma da armonizzare (…)”[36] .

  1. Discernimento evangelico, rinnovamento e contemporaneità delle feste religiose

Non va tuttavia dimenticato che la pietà popolare

ha bisogno di essere di continuo evangelizzata, affinché la fede, che esprime, divenga un atto sempre più maturo ed autentico. Tanto i pii esercizi del popolo cristiano, quanto altre forme di devozione, sono accolti e raccomandati purché non sostituiscano e non si mescolino alle celebrazioni liturgiche”[37].

Non possiamo non essere attenti a tanto magistero. Non si tratta infatti né di svalutare né di enfatizzare le espressioni della pietà popolare, particolarmente nelle feste dei Santi. Si tratta, invece, di discernere i contenuti religiosi di tali espressioni, comprenderne la portata culturale e sociale e valutare ogni cosa alla luce del Vangelo.

Sicché, anche nelle tradizioni legate a queste realtà, non va dimenticato il principio della trasmissione fedele dei loro contenuti evangelici e quello dell’adesione altrettanto fedele alle esigenze della contemporaneità che, in ogni passaggio d’epoca richiede nuove forme espressive del dono e del compito del Vangelo[38]. Anche le espressioni delle feste religiose non possono eludere questi principi e queste esigenze.

L’armonizzazione tra liturgia e pietà popolare propizia l’azione pastorale che si interroga doverosamente su quale Chiesa locale e quale umanità di donne e uomini siano oggi implicati.

L’attenzione intelligente ed evangelica alla realtà di oggi illuminerà i doverosi cambiamenti nel continuo impegno di armonizzare il primato della liturgia e le espressioni della pietà popolare. A tal proposito, mettendo in guardia da confusioni devozionali, ricordiamo ancora quanto il papa Paolo VI ci consegnava nella Marialis cultus.

“Avviene talora che nella stessa celebrazione del Sacrificio Eucaristico vengano inseriti elementi propri di novene o altre pie pratiche, con il pericolo che il memoriale del Signore non costituisca il momento culminante dell'incontro della comunità cristiana, ma quasi occasione per qualche pratica devozionale (…). Un’ azione pastorale illuminata deve da una parte distinguere e sottolineare la natura propria degli atti liturgici, dall'altra valorizzare i pii esercizi, per adeguarli alle necessità delle singole comunità ecclesiali e renderli ausiliari preziosi della Liturgia”[39].

  1. L’annuncio del Vangelo nel nostro tempo

Non ci resta, come ci chiede papa Francesco, di esortare tutti nelle nostre Chiese ad avviare insieme processi di cambiamento nel tempo che viviamo, a beneficio della freschezza pastorale della Chiesa e della collaborazione dei cristiani al bene comune nella società[40].

Il tempo che viviamo, il tempo che ci è dato, con le sue criticità e le sue opportunità, è il nostro tempo. È il tempo nel quale anche le nostre Chiese sono chiamate a far sentire il profumo del Vangelo, amando il mondo e volendolo servire nel dono di ogni bene. È il tempo della conversione pastorale della Chiesa, del suo rinnovamento improrogabile, del suo profilo spiccatamente missionario. Questo tempo, come ogni altro tempo cristiano, è sempre il tempo della riforma cioè dell’attendere permanente all’ascolto di ciò che lo Spirito santo dice alla Chiesa e al cambiamento di tutto ciò che impedisce di comunicare la gioia del Vangelo.

È il tempo di ritrovare il cuore del Vangelo[41].

  1. Per camminare ancora

La novità perenne del Vangelo non può che illuminare e purificare anche le feste religiose delle nostre Comunità, come già ci era richiesto nella Nota del 1998. Affidando ad ogni pastore e ad ogni Comunità la presente Nota, vogliamo ancora fare nostro l’appello a crescere insieme in Puglia nell’indirizzo del primo Convegno Ecclesiale della nostra Regione che ci chiedeva di assumere una mentalità pastorale nuova.

E, con quelle stesse parole, volentieri incoraggiamo e accompagniamo il cammino pastorale che si apre davanti a noi, un cammino che non può non interessare anche le nostre feste religiose:

“Nella prospettiva di una nuova evangelizzazione, anche la religiosità popolare pugliese deve superare la debolezza del particolarismo, con la ricerca del vantaggio del proprio gruppo, della propria “famiglia”, per orientarsi più responsabilmente verso la crescita della comunità ecclesiale e la limpidezza dei rapporti nella comunità civile”[42].

Un cammino che, con il popolo di Dio, dobbiamo sentire come un cammino di santità nel quale tutti i battezzati vivano la propria missione nella missione della Chiesa. Un cammino che deve alimentarsi anche nelle feste religiose, particolarmente nel segno delle processioni, attingendo alla sorgente perenne della Parola di Dio.

Papa Francesco ce lo ricorda:

(Il Signore) “ci vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di un’esistenza mediocre, annacquata, inconsistente. In realtà, fin dalle prime pagine della Bibbia è presente, in diversi modi, la chiamata alla santità. Così il Signore la proponeva ad Abramo: “cammina davanti a me e sii integro” (Gen 17, 1).

(…) Per un cristiano non è possibile pensare alla propria missione sulla terra senza concepirla come un cammino di santità… Ogni santo è una missione, è un progetto del Padre per riflettere e incarnare, in un momento determinato della storia, un aspetto del Vangelo. (…) In fondo la santità (…) consiste nell’unirsi alla morte e risurrezione del Signore in modo unico e personale (…). Il disegno del Padre è Cristo, e noi in lui. In definitiva, è Cristo che ama in noi”[43].

La presente Nota sarà recepita in ogni Diocesi pugliese entro un anno dalla data di pubblicazione della stessa, con Decreto proprio di ogni Vescovo, redatto secondo i principi generali indicati in appendice.

Molfetta, 1ottobre 2020, memoria di Santa Teresa del Bambino Gesù

 

Gli Arcivescovi e i Vescovi

delle Chiese di Puglia

 

APPENDICE

Principi generali per le feste religiose

  1. La tipicità delle nostre feste religiose tradizionali con i loro apparati esterni (luminarie, fuochi pirotecnici, bande) non scantonino mai in sprechi. Risulterebbero in dissonanza con il Vangelo e con le esigenze della giustizia, e sarebbero contro-testimonianza nei confronti di ogni povertà.
  1. Il nostro contesto sociale richiede agli organizzatori di una festa religiosa, oltre che gusto evangelico, anche nuove forme festose di manifestazioni culturali, promozionali del genio di ogni territorio e, comunque, più aderenti alla sensibilità contemporanea. Le tradizioni, infatti, quando sono autentiche, sempre si rinnovano altrimenti risulterebbero anacronistiche.
  1. Tutte le feste (patronali, parrocchiali, confraternali) devono rispettare la regola dell’Anno Liturgico, non possono sovrapporsi cioè alle domeniche di Avvento, Quaresima, Pasqua.
  1. Nell’organizzazione della festa (patronale, parrocchiale, confraternale) si faccia molta attenzione nel dare maggiore rilievo all’annuncio della Parola di Dio attraverso la scelta di temi biblici da inserire nel programma di preparazione, come pure l’attualizzazione del programma pastorale diocesano.
  1. Ogni festa religiosa richiede la costituzione di un Comitato il cui presidente è sempre il Parroco, o il Rettore; a questi si affianca il vice-presidente per la gestione degli aspetti tecnico-organizzativi.
  1. Va chiaramente distinta la festa patronale da quella parrocchiale e da quella confraternale: negli apparati, nei luoghi e nelle forme della richiesta di denaro.
  1. Non è consentito omologare alla festa patronale le altre feste (parrocchiali e confraternali). Si deve evitare ogni concorrenza e ogni spreco. Solo il Comitato della festa patronale (previo accordo con le eventuali altre Comunità parrocchiali del luogo, nel rispetto dei tempi delle feste di queste ultime) può questuare sul territorio di tutta la città. Gli altri Comitati (parrocchiale o confraternale) sono autorizzati a raccogliere solo nell’ambito del territorio parrocchiale (per la festa parrocchiale) o solo all’ingresso della Chiesa nella quale si festeggia un Santo (per la festa confraternale), permanendo l’obbligo di contenere all’essenziale ogni espressione di esteriorità.

Sarebbe auspicabile per ogni città o paese un coordinamento tra Comitati o, ancora meglio, un Comitato unico (nella rotazione e nel rinnovo degli incaricati) che coordini le varie manifestazioni festose della Comunità cittadina.

  1. La costituzione dei Comitati richiede discernimento sulle persone che li comporranno. Il Comitato della festa patronale o parrocchiale, oltre al Parroco-Presidente e rappresentanti del Consiglio Pastorale Parrocchiale e del Consiglio parrocchiale per gli Affari Economici, può contenere in sé presenze di espressione delle varie categorie cittadine.
  1. Il Comitato delle feste parrocchiali o confraternali deve essere emanazione del Consiglio Pastorale Parrocchiale con qualche presenza del Consiglio Amministrativo della Confraternita (nel caso di festa confraternale).
  1. Presieduto dal Parroco (o del Rettore), ogni Comitato, comunque, si avvarrà di persone, di comprovata  fede cattolica, attivamente presenti nella Comunità, di indiscussa moralità, prive di interessi personali-privati o appartenenti a realtà di sospetta legalità.
  1. Ogni Comitato, nel suo costituirsi, deve essere debitamente approvato dalla competente autorità ecclesiastica almeno tre mesi prima della festa.
  1. Si raccomanda di non indire aste di qualsiasi genere per l’individuazione dei portatori dei sacri simulacri e possibilmente di non chiedere offerte durante lo svolgimento delle processioni. Lì dove le circostanze di natura storico-sociale impediscano l’attuazione della suddetta indicazione, l’Ordinario ha il dovere di vigilare sulla correttezza delle procedure. A tal riguardo può essere opportuno delegare un presbitero o un laico di comprovata onestà al fine di garantire la trasparenza delle operazioni. Per evitare ambiguità o messaggi non consoni, potrebbe essere opportuno destinare il ricavato delle aste e delle offerte raccolte durante le processioni o parte di esso, ad interventi caritativi in precedenza già individuati. Nei luoghi in cui non vi sia la consuetudine di indire aste per l’accompagnamento dei sacri simulacri, se ne eviti decisamente la nascita. Non sono consentite soste del simulacro durante lo svolgimento delle processioni per motivi folkloristici o legati alla devozione dei privati. Rimane sempre proibito esibire denaro sul simulacro del Santo.

È d’obbligo ricordare che il pullulare di più feste nelle nostre Comunità e il desiderio di istituirne altre destano seria preoccupazione pastorale. Pertanto si fa presente che nessuna festa religiosa può essere organizzata senza il consenso scritto dell’Ordinario.

  1. La gestione economica della festa, ispirata a criteri di limpida trasparenza e di  legalità, attenendosi al regime tributario vigente, è finalizzata ad onorare tutte  le opere relative alla festa. Non può mancare nella festa religiosa cristiana la voce e il dono della carità a favore dei più poveri, ai quali deve essere orientata parte degli introiti della festa. E’ poi d’obbligo contribuire alle opere diocesane con un versamento da effettuare, alla propria Curia Diocesana secondo le indicazioni di questa.

Per i fuochi pirotecnici e per le luminarie ci si attenga alle norme vigenti sulla sicurezza. Si faccia il controllo dell’agibilità e della sicurezza degli spazi in cui si terrà la manifestazione.

Si stipulino, se occorre, opportune polizze assicurative.

Si comunichi al Comune l’eventuale attività di somministrazione di alimenti e bevande. Si ricordi che non è ammessa dalla normativa igenico-sanitaria la somministrazione di prodotti “fatti in casa”, perché non si può verificare la tracciabilità degli ingredienti e le modalità di produzione.

Musica e feste religiose

  1. Nelle nostre feste religiose, quasi sempre, sono presenti con la loro musica le bande musicali, particolarmente nelle processioni. Si tratta delle bande di giro (del luogo interessato o dei paesi vicini).
  1. Con le loro guide va concordato il servizio musicale nella processione che deve unicamente aiutare la preghiera del popolo di Dio in cammino. I loro interventi devono scandire le tappe della preghiera e non viceversa.
  1. Le bande sono invitate a scegliere ed eseguire un repertorio adatto al momento religioso della festa. Pertanto, vanno eliminate tutte quelle riduzioni bandistiche di opere liriche o di canzonette che distraggono e non sono adatte allo spirito e al carattere sacro della processione. Si eseguano brani di canti sacri tradizionali che sono facilmente reperibili e che ben si inseriscono nel contesto delle varie processioni.

Sarebbe inoltre auspicabile, previo accordo con il parroco o il rettore della chiesa, che lungo la processione le bande potessero eseguire canti religiosi del repertorio comune delle nostre assemblee domenicali per permettere ai fedeli che partecipano di cantare sostenuti dalla banda.

Diverso è il discorso dei Concerti Bandistici di medio o alto livello che vengono generalmente invitati nei giorni della festa. Anche a questo proposito si abbia cura non solo della qualità del Concerto, ma della sobrietà evangelica della festa cristiana. Sarebbe il caso di pensare a gruppi musicali (anche locali) che possano fare nuove proposte, magari più adatte allo spirito della festa religiosa.

  1. È appena il caso di ribadire che i compensi vari e gli adempimenti burocratici (permessi SIAE, etc.,) vanno espletati con attenzione e rigore, osservando le leggi e le norme civili in vigore.
  1. Con le loro proposte, e le bande musicali e i Concerti Bandistici e i gruppi musicali devono intonarsi e servire lo spirito della festa religiosa alla quale siano stati invitati.

Note legali delle feste religiose

  1. Ogni festa religiosa deve essere preparata anche negli aspetti legali con:
  • richiesta di permesso alla Curia;
  • richiesta di permesso al Comune e alle Autorità preposte.
  1. Le nostre feste religiose, in quanto eventi pubblici, interessano anche l’ordine e la sicurezza pubblica, pertanto l’organizzazione di esse deve ottemperare anche alle direttive delle Autorità civili.
  1. Le ultime indicazioni operative sono rinvenibili nella Circolare del Ministero dell’Interno del 18 luglio 2018 (n. 11.001), particolarmente le prescrizioni che riguardano riunioni pubbliche e le celebrazioni religiose (processioni).
  1. Le nuove direttive semplificano tutte le complicazioni burocratiche e operative della Circolare Gabrielli (del 7 giugno 2017), e tuttavia investono il Comune locale per la valutazione della tipologia dell’evento e per concedere l’autorizzazione.[44]
  1. Prevedendo i tempi necessari per tutti i passaggi istituzionali, i Comitati, presieduti dal parroco-presidente o dal rettore-presidente, presenteranno la domanda di autorizzazione della festa con largo anticipo.

INDICE

Introduzione

  1. Le tappe del nostro cammino
  1. L’impulso luminoso di papa Francesco
  1. Dopo la Nota Pastorale del 1998, il Direttorio su Pietà Popolare e Liturgia e la Evangelii gaudium

3a. Una precisazione necessaria

3b. La rilevanza della pietà popolare nell’evangelizzazione

3c. Le note ineludibili e le dimensioni irrinunciabili

3d. Lo scopo e il frutto della venerazione dei Santi

3e. Valenza antropologica del giorno della festa e possibili deviazioni

3f. Il giorno della festa del Santo nella celebrazione del Mistero di Cristo

  1. Armonizzazione tra liturgia e pietà popolare: compito permanente
  1. Discernimento evangelico, rinnovamento e contemporaneità delle feste religiose
  1. L’annuncio del Vangelo nel nostro tempo
  1. Per camminare ancora
  1. APPENDICE 1 Principi generali per le feste religiose
  1. APPENDICE 2 Musica e feste religiose
  1. APPENDICE 3 Note legali delle feste religiose

 

[1] Conferenza Episcopale Pugliese (= Cep), LE NOSTRE FESTE. Nota pastorale sulle feste religiose popolari nelle Chiese di Puglia, Molfetta 4 febbraio 1998.

[2] Cfr Cep, Direttive dei Vescovi di Puglia sulle feste religiose, Molfetta 3 aprile 1979.

[3] Cfr Giovanni Paolo II, Incarnationis mysterium. Bolla di indizione del Grande Giubileo dell’Anno 2000.  Roma, 29 novembre 1998.

[4] Citta del Vaticano 2002.

[5] Cfr Sacrosanctum Concilium, 13.

[6]Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Direttorio su pietà popolare e liturgia. Principi e Orientamenti (= Dppl) Città del Vaticano 2002, n. 11.

[7] Si tenne a San Giovanni Rotondo nei giorni 27-30 aprile 2011. Il secondo dal titolo: La vita consacrata in Puglia, si era tenuto proprio nel 1998, nelle sedi di Taranto e Martina Franca (30 aprile-2 maggio 1998). La Nota Pastorale che ne scaturì fu Consacrati, profeti nelle Chiese di Puglia (2 febbraio1999).

[8] Cep, Cristiani nel mondo, testimoni di Speranza, Stampa Sud,  marzo 2012.

[9] Ivi, p.3.

[10] Ivi, p.4.

[11] Ibidem.

[12] 29 giugno 2013.

[13] 24 novembre 2013.

[14] Firenze 9-13 novembre 2015.

[15] 19 marzo 2018.

[16] Vanno ricordati e riproposti alla lettura almeno:

Paolo VI, Marialis cultus. Esortazione Apostolica per il retto ordinamento e sviluppo del culto della beata Vergine Maria, 2 febbraio 1974;

Idem, Evangelii nuntiandi. Esortazione Apostolica sull’Evangelizzazione nel mondo contemporaneo, 8 dicembre 1975;

Giovanni Paolo II, Catechesi tradendae. Esortazione Apostolica sulla catechesi nel nostro tempo, 16 ottobre 1979;

Idem, Vicesimus quintus annus. Lettera Apostolica nel XXV anniversario della costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium sulla Sacra liturgia, 4 dicembre 1988.

[17] Cfr Lumen gentium, 13.

[18] Le locuzioni nel linguaggio comune si sovrappongono o non sono distinte.

[19] Evangelii nuntiandi,48.

[20] Cfr Francesco, Evangelii gaudium, 122-126.

[21] Paolo VI, Marialis cultus, 25.

[22] Cfr Dppl, 76-89.

[23] Ibidem, 12.

[24] Ibidem, 212.

[25] Lg, 51.

[26] Ibidem, 58.

[27] Cfr Cep, Le nostre feste, 1-2.

[28] Dppl, 232.

[29] Dppl, 233.

[30] Cfr Cep, Direttive dei Vescovi di Puglia…

[31] Cfr Cep, Le nostre feste, 3.

[32] Dppl, 230.

[33] Sc, 9; 10.

[34] Sc, 13.

[35] Cfr Dppl,11.

[36] Dppl,58.

[37] Giovanni Paolo ii, Vicesimus quintus annus… , 18.

[38] Così il papa Francesco al V Convegno Ecclesiale Nazionale (Firenze 2015):

“Vi chiedo di essere costruttori dell’Italia (…). Le mani della vostra fede si alzino verso il cielo, ma lo facciano mentre edificano una città costruita su rapporti in cui l’amore di Dio è il fondamento. E così sarete liberi di accettare le sfide dell’oggi, di vivere i cambiamenti e le trasformazioni. Si può dire che oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca”.

[39] Paolo vi, Marialis cultus…,31.

[40] Cfr Francesco, Evangelii gaudium, 217-225.

[41] Ibidem, 25-29.

[42] Cep, Dalla disgregazione alla comunione. Nota pastorale dei Vescovi dopo il Convegno Ecclesiale  CRESCERE INSIEME IN PUGLIA, 11 aprile 1994, 1.

[43] Francesco, Gaudete et exsultate, 1; 19; 20; 21.

[44] Per l’approfondimento di questi aspetti si rimanda a quanto in proposito è stato pubblicato sulla Rivista “L’amico del clero” (n. 1 gennaio 2019) nell’articolo (“sezione amministrazione”) dal titolo: “Sagre e manifestazioni pubbliche: le modifiche alla Circolare Gabrielli”.

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