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La Famiglia Chiesa domestica

Un contributo di riflessione a cura dell’Ufficio diocesano per la pastorale familiare
1. Il Risorto in Famiglia

Viviamo questo periodo nell’evento di pandemia e di forzata permanenza a casa. Come cristiani siamo chiamati a cogliere ciò che lo Spirito ci invita a ripensare e mettere in atto in un momento in cui non possiamo ritrovarci materialmente insieme agli altri fratelli della comunità. Il dolore e l’incertezza che tanti fratelli vivono in questi giorni ci conducono a confidare in modo particolare nell’amore che il Signore porta a tutti gli uomini. E’ in Cristo risorto che riponiamo la nostra speranza ed il senso delle nostre giornate.

Il Vangelo ci presenta Gesù che entra in casa piuttosto che aspettare noi nel tempio. “Entrò poi in una casa” (Mt 9,28). Era il suo modo preferito di accostare le persone. Entra in casa di Simone per guarire la suocera: “Usciti dalla sinagoga, si recarono subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni.” (Mc 1,29). E a Zaccheo, che dal sicomoro voleva vederlo "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua" (Lc 19,5). Si autoinvita, possiamo dire, con molta determinazione (“devo”, piuttosto che “desidero”): se dovessimo giudicare con le nostre categorie della buona educazione la considereremmo quantomeno eccessiva e poco opportuna. Il dover entrare in casa è una esigenza dell’annuncio, e ciò che ne consegue è scritto più avanti "Oggi la salvezza è entrata in questa casa” (Lc 19,9).

Gesù desidera entrare nelle nostre abitazioni, stare fra le persone, condividere la nostra umanità nelle sue gioie e nelle sue difficoltà, abitare in mezzo a noi “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14). Abbiamo bisogno di percepire e di toccare con mano questa inabitazione che Cristo ha voluto.

Egli desidera essere presente, è presente nelle nostre case, nelle nostre relazioni, nel quotidiano delle cose semplici di ogni giorno. Fa della nostra casa e della nostra quotidianità la sua dimora, la sua abitazione.

La riflessione spirituale ci dice che gli sposi nell’amore coniugale custodiscono il mistero di Dio, amore trinitario, comunità nuziale. Infatti Dio nella creazione di Adam soffiò il suo essere divino, donò e partecipò alla creatura umana il suo modo di essere, cioè comunione di persone, unità nuziale di tre persone nell’unico essere divino. E così l’uomo possiede dentro il suo essere la sua vocazione: divenire immagine di Dio amore.

“Quando un uomo e una donna celebrano il sacramento del Matrimonio, Dio, per così dire, si “rispecchia” in essi, imprime in loro i propri lineamenti e il carattere indelebile del suo amore. Il matrimonio è l’icona dell’amore di Dio per noi. Anche Dio, infatti, è comunione: le tre Persone del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo vivono da sempre e per sempre in unità perfetta. Ed è proprio questo il mistero del Matrimonio: Dio fa dei due sposi una sola esistenza.” (Papa Francesco, udienza del 2 aprile 2014).

Gli sposi dunque sono una icona della Trinità, e la famiglia una agenzia educativa di Dio.

2. La Famiglia Domus Ecclesiae

Paolo ai Corinzi ne dà testimonianza “Vi salutano molto nel Signore Aquila e Prisca, con la comunità che si raduna nella loro casa.” (I Cor 16,19).

“Veniamo così a sapere del ruolo importantissimo che questa coppia svolse nell’ambito della Chiesa primitiva: quello cioè di accogliere nella propria casa il gruppo dei cristiani locali, quando essi si radunavano per ascoltare la Parola di Dio e per celebrare l'Eucaristia. È proprio quel tipo di adunanza che è detto in greco “ekklesìa” - la parola latina è “ecclesia”, quella italiana “chiesa” - che vuol dire convocazione, assemblea, adunanza. Nella casa di Aquila e Priscilla, quindi, si riunisce la Chiesa, la convocazione di Cristo, che celebra qui i sacri Misteri. E così possiamo vedere la nascita proprio della realtà della Chiesa nelle case dei credenti” (Benedetto XVI udienza del 7 febbraio 2007).

Sembra che la Chiesa abiti “nella case”, le quali hanno il volto dell’Amore che crea comunione e si apre al vicino di casa.

L’espressione “famiglia chiesa domestica” è presente nella costituzione conciliare LG 11 perché vuole evidenziare i profondi rapporti che esistono tra la Chiesa mistero grande e la Chiesa famiglia, il “mistero piccolo”, il mistero in miniatura. La famiglia chiesa domestica, che troviamo già in Sant’Agostino (Epistulae, lettera 14 a Doroteo) e in San Giovanni Crisostomo, è una “attuazione specifica della comunione ecclesiale” (FC 21): in essa si impara e si sperimenta la relazione coniugale, genitoriale, fraterna.

Anche il vangelo della risurrezione in Gv 20,19 ci presenta Gesù che viene nella sala alta di una casa e rimane in mezzo a loro soffiando lo Spirito. Genera relazioni piene di benedizione e di armonia, cioè di shalom, facendo di loro una famiglia umana più unita e perseverante, cioè una comunità.

“Cristo Signore ha effuso l'abbondanza delle sue benedizioni su questo amore dai molteplici aspetti, sgorgato dalla fonte della divina carità e strutturato sul modello della sua unione con la Chiesa.” (GS 48).

Il Risorto come andò incontro alla ‘sua famiglia’ chiusa nel cenacolo e donò lo Spirito Santo che diede forza e gioia, così ancora il Risorto va incontro agli sposi, rimane in mezzo a loro e abitando in loro plasma, corrobora, trasforma la loro relazione, alleanza d’amore, in simbolo reale del suo amore per l’umanità e lo rende capace di vivere la vita nell’amore fedele, totale e fecondo (cfr. GS 48).

3. Nazareth, icona della Famiglia Cristiana

Nazareth è il luogo in cui un bimbo, la Parola fatta carne, cresce e cerca di scoprire e sperimentare la vocazione personale, la “volontà del Padre”. Luca ci dà la chiave di lettura della casa di Maria e Giuseppe: “Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazareth. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui” (Lc 2,39-40).

La famiglia, dove un bimbo incontra adulti e coetanei, è il luogo della ricerca del progetto di Dio, dove si impara a far discernimento, dove ci si fortifica nella virtù della temperanza e della prudenza.

Nazareth è il luogo dove si impara il Vangelo del Regno di Dio, della quotidianità, di relazioni e amicizie semplici ma profonde, dove si impara ad essere “sottomessi” alla legge dello Spirito: l’umiltà, il servizio, la preghiera nello scorrere del tempo feriale, il vivere nella logica del dono, amarsi nella gioia e nel dolore, nella salute e ella malattia. E’ il luogo dell’intimità silenziosa, della comunione che genera l’alterità nella bellezza della complementarietà, che fa crescere l’altro nella sua originalità e lo aiuta a maturare la propria vocazione alla vita.

Nazareth è il luogo della contemplazione e dell’azione. E’ un luogo teologico dove Dio continua a realizzare la salvezza.

Gesù poteva scegliere di nascere in una famiglia sacerdotale o potente dell’epoca, ma ha scelto invece il nascondimento, la ferialità del lavoro quotidiano, la precarietà del lavoro saltuario. A partire da questo luogo privilegiato di poveri e di semplici ha conosciuto il volto misericordioso del Padre.

La casa di Nazareth è il luogo in cui Maria meditava e assimilava nel suo cuore la Parola dell’angelo, ma anche dove Giuseppe insegnava al Figlio, nei ritmi del lavoro, a scegliere il bene, a vivere nella giustizia e a cercare il Santo.

4. La casa, aula di catechesi permanente

La vita coniugale e familiare, vissuta nell’ascolto della Parola e nel servizio d’amore costituisce di per sé un Vangelo in cui leggere il volto di Dio trinità d’amore paziente, gratuito ed eccedente.

“Con questo sguardo, fatto di fede e di amore, di grazia e di impegno, di famiglia umana e di Trinità divina, contempliamo la famiglia che la Parola di Dio affida nelle mani dell’uomo, della donna e dei figli perché formino una comunione di persone che sia immagine dell’unione tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. L’attività generativa ed educativa è, a sua volta, un riflesso dell’opera creatrice del Padre. La famiglia è chiamata a condividere la preghiera quotidiana, la lettura della Parola di Dio e la comunione eucaristica per far crescere l’amore e convertirsi sempre più in tempio dove abita lo Spirito.” (AL 29).

Gesù presente nella vita degli sposi parla, accoglie, perdona e ama nei piccoli grandi gesti di tenerezza, di perdono, di servizio.

Il sacramento delle nozze abilita così gli sposi a divenire “la carne” del Verbo, a dare un volto concreto, ad essere l’immagine, l’icona dell’amore di Gesù per l’umanità.

Il tempo che stiamo vivendo ci obbliga a ripensare la pastorale.

E’ necessario che le coppie degli sposi prendano coscienza nella fede della loro specifica identità e missione. La famiglia cristiana è una “comunità credente ed evangelizzante” (cfr.FC 51).

“Ogni famiglia scopre e trova in se stessa l'appello insopprimibile, che definisce ad un tempo la sua dignità e la sua responsabilità: famiglia, «diventa» ciò che «sei»! Risalire al «principio» del gesto creativo di Dio è allora una necessità per la famiglia, se vuole conoscersi e realizzarsi secondo l'interiore verità non solo del suo essere ma anche del suo agire storico” (FC 17).

Gli sposi dunque pongano Gesù al centro della vita di famiglia, imparando da Lui l’arte dell’amore fedele, umile, generativo di pace, ascoltando e accogliendo Gesù in casa per fare della casa un cenacolo e della mensa di casa un banchetto eucaristico. Nella comunione con Gesù imparino a “lavarsi” i piedi nel servizio reciproco da vivere in casa nello stile di Cristo, divenendo pane spezzato nell’amore per l’altro.

La casa è il luogo umano e divino dove, attraverso le parole delle persone che vi abitano, Gesù si rivela Parola di amore e di misericordia.

I genitori “narrano” l’opera che Dio ha compiuto nella loro vita. Il loro album di famiglia è un memoriale dell’agire di Dio che li ha chiamati ad uscire dal loro io e li ha condotti nell’esodo all’alleanza con Dio. E nel suo amore rivelano che il loro amore nuziale è simbolo reale, è il segno della presenza di Gesù ma è anche lo strumento dell’agire di Dio.

“… la famiglia deve continuare ad essere il luogo dove si insegna a cogliere le ragioni e la bellezza della fede, a pregare e a servire il prossimo. … La fede è dono di Dio, ricevuto nel Battesimo, e non è il risultato di un’azione umana, però i genitori sono strumento di Dio per la sua maturazione e il suo sviluppo. … La trasmissione della fede presuppone che i genitori vivano l’esperienza reale di avere fiducia in Dio, di cercarlo, di averne bisogno, perché solo in questo modo «una generazione narra all’altra le tue opere, annuncia le tue imprese » (Sal 144,4) e « il padre farà conoscere ai figli la tua fedeltà » (Is 38,19). Questo richiede che invochiamo l’azione di Dio nei cuori, là dove non possiamo arrivare. Il granello di senape, seme tanto piccolo, diventa un grande arbusto (cfr. Mt 13,31-32), e così riconosciamo la sproporzione tra l’azione e il suo effetto. Allora sappiamo che non siamo padroni del dono ma suoi amministratori premurosi” (AL 287).

I genitori nella casa ‘aula di catechesi permanente’ insieme ascoltano il Signore e insieme rispondono con la preghiera all’iniziativa di Dio. Dunque i coniugi genitori raccontano ai loro figli il loro cammino di fede rendendo ragione del loro amore e delle scelte di vita conseguenti.

5. La Famiglia aula liturgica, di lode, di ringraziamento

I gesti compiuti da Gesù sono quelli che in famiglia si compiono ogni giorno: il dono di sé, la condivisione, il reciproco servizio.

La famiglia è lo spazio primordiale in cui la “liturgia del rito” si traduce in “liturgia di vita”: la vita di famiglia, se vissuta alla presenza del Risorto e animata dal suo Spirito, è una liturgia quotidiana.

“Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale” (Rm 12,1).

In famiglia ci sono i riti penitenziali, la liturgia della parola della vita, la preghiera dei fedeli, i riti offertoriali, l’invocazione dello Spirito, lo spezzare il pane, i riti di comunione.

Ogni gesto d’amore familiare vissuto nella fede in Gesù è preghiera.

“E come dal sacramento derivano ai coniugi il dono dell'obbligo di vivere quotidianamente la santificazione ricevuta, così dallo stesso sacramento discendono la grazia e l'impegno morale di trasformare tutta la loro vita in un continuo «sacrificio spirituale» (cfr. 1Pt 2,5; LG 34). Anche agli sposi e ai genitori cristiani, in particolare per quelle realtà terrene e temporali che li caratterizzano, si applicano le parole del Concilio: «Così anche i laici, in quanto adoratori dappertutto santamente operanti, consacrano a Dio il mondo stesso» (FC 56).

La famiglia (genitori, nonni, bambini) è chiamata a riscoprire una propria “liturgia domestica” con fantasia e originalità: per es. benedizione dei genitori sui figli, leggere insieme e commentare il Vangelo, raccontare storie di eroi nella fede (i santi), riportare in casa i riti e i colori del tempo liturgico, specie il triduo pasquale.

Gli sposi sono invitati a scandire il tempo in feriale e festivo, tempo del lavoro, del servizio, della preghiera.

La famiglia, costituita dall’alleanza di vita e d’amore degli sposi e dall’impegno morale di generare vita “nel Signore” è un micro cantiere di chiesa dove si incarna nel vissuto feriale il mistero d’amore celebrato nella eucaristia della pasqua settimanale.

Conclusioni

“I due sposi, battezzati singolarmente, con la grazia delle nozze ricevono un dono ed una investitura nuova: sono chiamati a celebrare nella loro relazione questo amore unitivo di Gesù con la Chiesa. È una missione liturgica, nella quale esercitano il loro sacerdozio battesimale dentro il vivere normale di una casa, che diventa Chiesa domestica nella nuova modalità dell'essere una sola carne. La vita diventa una liturgia (lode e salvezza), nel suo scorrere di tutti i giorni. Tentiamo di guardarla proprio nel volto della ferialità, e di guardarla nell'ottica di Gesù che è con gli sposi e negli sposi” (Battesimo e liturgia della famiglia, di mons. R. Bonetti).

Gli sposi, uniti dallo Spirito nel Signore risorto sono dunque domus, dimora del Risorto e sono abilitati ad essere sacramento del suo amore e strumento del suo agire nella storia delle persone della porta accanto, del prossimo.

Le case dei cristiani sono aule liturgiche, sono aule catechistiche, sono cantieri per costruire uomini liberi e responsabili. Sono chiese dove la Parola celebrata si fa carne, dove gli adulti insegnano l’alfabeto dell’amore per la vita.

“Prendiamoci cura, sosteniamoci e stimoliamoci vicendevolmente, e viviamo tutto ciò come parte della nostra spiritualità familiare. La vita di coppia è una partecipazione alla feconda opera di Dio, e ciascuno è per l’altro una permanente provocazione dello Spirito. L’amore di Dio si esprime «attraverso le parole vive e concrete con cui l’uomo e la donna si dicono il loro amore coniugale ». Così i due sono tra loro riflessi dell’amore divino che conforta con la parola, lo sguardo, l’aiuto, la carezza, l’abbraccio” (AL 321).

A cura dell’Ufficio diocesano per la pastorale familiare

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