
Padre Pio. Il frate, il santo
Padre Pio in un percorso di 13 capitoli per scoprire quello che di nuovo, ancora oggi, può raccontare. Ma anche un’opportunità per rileggere la complessa figura del cappuccino che della prima metà del XX secolo attira intorno a sé un fiume ininterrotto di fedeli ma anche critiche e dubbi da parte della stessa Chiesa.
Padre Pio. Il frate, il santo è il libro di 168 pagine che sarà distribuito in regalo assieme all’edizione di Repubblica Bari di giovedì 30 novembre. Tredici capitoli, come detto, che delineano il frate con le stimmate a partire dalle parole dei papi: Giovanni Paolo II che lo proclamò santo il 16 giugno 2002, dopo il lungo cammino previsto per il riconoscimento dei miracoli, e di Francesco che vicino alla sua idea di Vangelo lo considera “profeta di misericordia” proprio per la sua attenzione alle sofferenze degli ultimi. Un’attenzione che si è trasformata nella Casa Sollievo della Sofferenza, uno fra gli ospedali più all’avanguardia d’Italia e che, come si ricorda nel volume, lo stesso padre Pio inaugurò il 5 maggio 1956. Ma l’eredità del santo è soprattutto spirituale e lo testimoniano i gruppi di preghiera sparsi in tutto il mondo: testimoniano come il carisma del santo non conosce confini definendolo esempio glocal di una Chiesa tradizionale e al tempo stesso al passo con i tempi.
Per presentare il libro ai lettori è stato organizzato un incontro nell’Istituto di Scienze religiose San Sabino (in piazzetta Bisanzio e Rainaldo, 15 a Bari vecchia; info 080. 5240123). L’appuntamento con ingresso libero è per mercoledì 29 novembre alle 16.00.
Porterà il suo saluto il professor Nicola D’Onghia, direttore dell’Istituto San Sabino. Introdurrà il professor Gianpaolo Lacerenza, ministro provinciale della Provincia dei Frati Minori Cappuccini di Puglia. Quindi si entrerà nel vivo con un’intervista pubblica del giornalista Domenico Castellaneta, caporedattore di Repubblica Bari, a monsignor Francesco Neri, arcivescovo di Otranto.
----------------------------------------------------
fondamentale della Chiesa del Ventesimo secolo ma continua a essere un punto riferimento imprescindibile per migliaia, milioni, di persone che in lui vedono una guida nel percorso di dialogo con Dio. La storia sfolgorante e misteriosa di Francesco Forgione, nato a Pietrelcina in provincia di Benevento, ed eternamente legato a San Giovanni Rotondo nel cuore della Puglia garganica, resta ancora oggi un racconto complesso. Una storia sempre a due facce: bianca o nera; limpida o misteriosa («Sono un mistero anche per me», diceva di se stesso); ispirata da Dio o da sentimenti molto più umani e materiali, come sosteneva chi lo osteggiava. E poi, allora come oggi, il frate divideva: benefattore o spregiudicato approfittatore o, peggio, mistificatore che sfruttava povertà e ignoranza. Un racconto, dunque, complesso e insidioso perché tocca le corde della sensibilità di ognuno.
È questo il racconto che Repubblica Bari affida alle pagine di Padre Pio. Il frate, il santo: il libro della collana Barisienne che sarà distribuito gratuitamente con il giornale giovedì 30 novembre. Non una biografia ma la ricostruzione di un pezzo di strada all’interno della Chiesa a cavallo tra i primi del ’900 e il boom degli anni ’60, attraversando la tragedia delle guerre mondiali e le trasformazioni sociali e culturali dell’Italia. Il punto di partenza è proprio la duplicità con cui oggi è possibile leggere la parabola umana e spirituale del frate: l’essere un santo globale, con tutti i significati molto moderni che questo significa, e l’essere un immenso albero con solide radici piantate nel Vangelo, quello delle origini che parla di amore e fede senza se e senza ma. Una testimonianza, quella di Padre Pio che mantiene intatta la sua forza anche oggi a quasi sessant’anni dalla morte, a oltre cento della manifestazione delle stimmate e alla luce di una poderosa documentazione raccolta da Chiesa, scienziati, studiosi o semplici fedeli.
E le parole di Giovanni Paolo II pronunciate in occasione della canonizzazione, il 16 giugno 2002 e riportate in un capitolo del libro sono un punto di partenza ideale perché definiscono il santo come “dispensatore di misericordia” quindi collegamento ben visibile tra il Dio a cui si crede per fede e i bisogni reali, le sofferenze e gli affanni della vita quotidiana. Una definizione che ricorre anche in papa Francesco, come ricostruisce Nicola Colaianni, che lo definisce “Profeta della misericordia”. Questo carisma si è concretizzato nell’opera forse più emblematica di padre Pio: la Casa Sollievo della Sofferenza, un ospedale nato per assicurare cure e terapie ai più poveri del poverissimo Gargano ma, per volere del suo fondatore, proiettato allo studio e alla ricerca per essere un punto di riferimento internazionale della moderna medicina. Una vocazione testimoniata da, Angelo Vescovi, che oggi guida come direttore scientifico la struttura sanitaria e dai vertici della stessa Casa Sollievo.
Se l’ospedale continua a occuparsi della salute del corpo, i gruppi di preghiera sparsi in tutti i continenti tengono viva la fiamma della spiritualità del santo. Che comunque continua ad avere in San Giovanni Rotondo il suo cuore pulsante. Anche qui la doppia forza del santo: spirito e pietra. Lo spirito alimentato dai frati e la pietra del Gargano trasformata da Renzo Piano nella “conchiglia” della grande chiesa, come ricostruisce lo studioso Mauro Sàito, che rappresenta quell’unione fra cielo e terra, sintesi perfetta di padre Pio. E ancora: antico e moderno, umile e inquieto. Così la rappresentazione che nel corso degli anni ne hanno fatto cinema e televisione. Dalle fiction targate Rai e Mediaset alla produzione hollywoodiana di Abel Ferrara con Shia LaBeouf, tutte diverse ma accomunate dall’ansia di trasmettere una lettura non banale della vita di un uomo davvero unico. Ma tutte sono anche legate dalla rappresentazione di un territorio particolare, arcaico, duro, arretrato, attraversato da lotte di classe. Un territorio con profonde devozioni legate alle tradizioni della Chiesa, come ricorda la storica del cristianesimo Laura Carnevale: «Le vie della fede che passano dalla Montagna sacra vanno dalla grotta dell’arcangelo Michele a Monte Sant’Angelo al san Matteo di San Marco in Lamis fino ad arrivare a San Giovanni Rotondo e a san Pio».
Ad arricchire il racconto ci sono poi le voci di chi ha avuto un contatto con il frate sia pur in tempi e modi molto diversi. C’è il testimone oculare della notte in cui morì: Giovanni Scarale, oggi 84enne, il medico rianimatore chiamato in convento quando le condizioni del frate si aggravarono. Dopo quasi 60 anni un ricordo indelebile nella memoria: «Ricordo tutto, anche le cose più banali perché quella notte ha cambiato la mia vita» racconta. Così come molto ricca intima è la testimonianza di don Michele Nasuti che è stato il “notaio” della causa di canonizzazione: «All’inizio non volevo perché non credevo in lui, oggi mi sento onorato. Gli sono devoto». E poi la voce del cronista, Enzo Quarto, che per la Rai ha raccontato alcuni fra i momenti più importanti degli ultimi anni come il trasferimento del corpo dal santuario di Santa Maria delle Grazie alla nuova chiesa intitolata proprio a san Pio; e la testimonianza di fede di Laura, la moglie di Stefano Tacconi che si è affidata al santo e al personale della Casa Sollievo nel momento in cui il campione è stato colpito da una gravissima emorragia cerebrale.
C’è un aspetto poco conosciuto di padre Pio, quello che traspare dai suoi numerosissimi scritti, soprattutto lettere dalla cui lettura emerge un ricchissimo mondo interiore «un vero tesoro nascosto, ancora da scoprire» scrive Giuseppe Maria Antonino, il frate segretario della Congregazione Universale della Santa Casa di Loreto che ha dedicato studi alla ricca produzione dei testi del santo. Testi ancora freschi e di grande valore anche per donne e uomini del Terzo millennio.