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“Adriatico e Ionio, mari di Comunione”

LECTIO MAGISTRALIS DI SUA SANTITA’ K.K. BARTOLOMEO ARCIVESCOVO DI COSTANTINOPOLI – NUOVA ROMA E PATRIARCA ECUMENICO DURANTE L’APERTURA DELL’ANNO ACCADEMICO 2016-2017 DELLA FACOLTA’ TEOLOGICA PUGLIESE E DEL CONFERIMENTO DEL PREMIO “SAN NICOLA” (Bari, Basilica di San Nicola, 5 Dicembre 2016)

Ιερώτατε Μητροπολίτα Ιταλίας και Μελίτης, K. Γεννάδιε,

Eminenza Reverendissima Arcivescovo Metropolita di Bari-Bitonto, Monsignor Francesco Cacucci,

Vostra Eccellenza Mons. Brian Farrell, Segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani,

Rev.mo Prof. Angelo Panzetta, Preside della Facoltà Teologica Pugliese,

Eminenze, Eccellenze,

Reverendissimi Padri,

Illustri Autorità,

Fratelli e Sorelle in Cristo,

 

            E’ un onore tutto particolare per il Patriarcato Ecumenico e per la nostra Modestia, essere presente quest’oggi qui a Bari, nella cornice di questa maestosa Basilica di San Nicola, per intrattenerci un poco con Voi e ringraziare Dio, il Tre volte Santo, per questa occasione dell’Apertura dell’Anno Accademico della Facoltà Teologica Pugliese.

            Ringraziamo il Signor Preside e tutte le Autorità Accademiche, per averci voluto invitare a prendere parte a questo importante appuntamento della vita della Facoltà Teologica Pugliese, con i suoi tre Istituti, Centro di studi teologici e filosofici, luogo di Dialogo Ecumenico e di Confronto Culturale e Scientifico, e soprattutto luogo di incontro di ricercatori e studenti, non solo di questa Regione dalla vocazione ecumenica, ma anche dalle altre Regioni d’’Italia e di altri Paesi.

            Un particolare grazie all’Eminentissimo Arcivescovo Metropolita di Bari-Bitonto, Mons. Francesco Cacucci, per le calorose parole rivolteci e soprattutto per l’invito a visitare questa Città e a commemorare insieme la memoria del nostro comune Padre tra i Santi, San Nicola vescovo di Mira di Licia, le cui Sante e taumaturgiche Reliquie sono custodite nella Cripta di questa Basilica.

            Altresì siamo molto commossi e grati per aver voluto attribuire al Patriarca Ecumenico, l’importante riconoscimento del Premio Ecumenico “San Nicola”. Lo accogliamo da una parte come un dono di Dio non solo per la nostra Modestia, ma come un riconoscimento alla Santa e Grande Chiesa martire di Cristo, il Patriarcato Ecumenico, Primo Trono della Chiesa Ortodossa, che presiede nella carità e nella diaconia all’unità, la sinfonia delle Sante Chiese Ortodosse Autocefali Locali. E dall’altra parte, lo accogliamo come segno profetico dell’unità di tutte le Sante Chiese di Dio, il cui cammino teologico tra le nostre Chiese e l’amore, il rispetto e la collaborazione sono uno dei tratti fondamentali. Non possiamo così dimenticare in questo solenne momento il fraterno amore e la stima che legano la nostra Modestia, vescovo della Nuova Roma, al Santissimo Fratello Vescovo della Chiesa della Antica Roma, Papa Francesco, a cui inviamo il nostro saluto ed il Bacio di Pace.

            E poiché è tradizione all’apertura di ogni Anno Accademico, rivolgere qualche pensiero per l’occasione, permetteteci di meditare brevemente con voi sulla Comunione, la Κοινωνία, la cui pratica realizzazione è avvenuta molte volte sulla vostra terra di Puglia.

            L’aspetto primo e capitale della comunione lo ritroviamo nell’augurio finale della Seconda Lettera ai Corinzi: “La grazia del nostro Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo, sia con tutti voi” (2 Cor. 13,13).  Nella esperienza inter-relazionale delle Persone Divine, vi è la piena rivelazione di Dio Padre, di Dio Figlio e di Dio Spirito Santo, rapporto amorevole interpersonale di comunione eterna. Una comune partecipazione di grazia, amore e comunione alla vita di Dio, che diviene esperienza stessa della Koinonia, esperienza di comunione ossia dell’”essere in relazione”.

Se nella accezione comune possiamo definire la “comunione” come un sorta di armonia tra due o più persone, nella esperienza trinitaria essa è piena compartecipazione di scopi, sentimenti ed ideali. E’ intima relazione tra le Persone Divine e allo stesso tempo intima relazione di Dio in Cristo con i credenti, grazie allo Spirito Creatore. Nel Vangelo di Giovanni la Koinonia viene descritta come un dimorare, un abitare stabilmente del credente in Cristo  e di Cristo nel credente: “Io sono nel Padre mio e voi in me ed io in voi” (Gv. 14,20). Essa è anche esperienza concreta di vita in Cristo.

San Paolo nelle sue Lettere definisce aspetti vissuti o che saranno vissuti di questa esperienza comunionale con Cristo, usando i termini di sin-ergia, sim-biosi, sin-fonia, sim-patia: “il nostro uomo vecchio fu con-crocifisso con Lui” (Rom.6,6); “con Lui fummo con-sepolti, co-risuscitati (Col. 2,12-13) e con-vivificati…. Con Lui con-soffriamo e siamo co-eredi (Rom. 8,17)…con-regneremo con Lui (2 Tim. 2, 11-12, Rom. 6,8) e saremo co-glorificati (Rom. 8,17)). Questa Koinonia con Cristo significa partecipare alla sua Passione, alla sua Morte e alla sua Resurrezione per entrare nel suo Regno di Gloria.

Questo aspetto relazionale manifesta due facce della stessa medaglia: da una parte la relazione libera della sinergia dell’uomo col Dio Filantropo, rappresentata dalla Incarnazione, questo amore portato per primo da Dio all’uomo e “interazione dell’amore discendente di Dio e dell’amore ascendente dell’uomo “(P. Evdokimov), che San Nicola Cabasilas definisce “manikòs eros” amore folle di Dio per l’uomo. “Dio si presenta e dichiara il suo amore…; respinto, attende alla porta…. Per tutto il bene che ci ha fatto, non domanda in risposta che il nostro amore; e in cambio ci rimette ogni debito.” Questa relazione di comunione di libertà manifesta l’adagio patristico che afferma: “Dio può tutto, salvo costringere l’uomo ad amarlo”. Nella relazione con Lui tuttavia Egli ci ha resi partecipi della natura divina, comunicandoci la sua vita e venendo a dimorare in noi. “Dio, - scrive San Atanasio il Grande –si è fatto uomo affinché l’uomo potesse diventare dio secondo la grazia”, partecipando alla santità di Dio (2 Pt. 1,4). La relazione teandrica della Incarnazione si fa quindi partecipazione alla trasfigurazione della natura: “Tu che mi hai dato la tua carne in nutrimento, Tu che sei un fuoco che consuma gli indegni, non bruciarmi, o mio creatore, ma piuttosto penetra nelle mie membra, in tutte le mie articolazioni, nei miei reni e nel mio cuore, fortifica le mie ginocchia e le mie ossa, illumina i miei cinque sensi, e stabiliscimi tutto intero nel tuo amore” (Simeone Metafraste). L’uomo diventa secondo la grazia, ciò che Dio è per natura.

Dall’altra faccia della stessa medaglia, la relazione si manifesta non tanto verso qualcuno, ma verso la partecipazione al “qualcosa”, aver parte in qualcosa, dare una parte di qualcosa. Significa partecipare insieme della natura divina attraverso la grazia dataci da Dio a tutti gli aspetti della vita cristiana: alle benedizioni, alle prove e tribolazioni, alla consolazione, al sostegno, alla solidarietà, alla fraternità. Significa condivisione della fede, condivisione della spiritualità, pregare gli uni per gli altri, significa realizzare concretamente questa comunione delle nostre vite e metterla in pratica. Significa fare la esperienza di comunione nel dialogo, nella pace e nell’unità. “Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nella unione fraterna (...τη κοινωνία), nella frazione del pane e nelle preghiera” (Atti 2,42)

Pertanto se siamo riconciliati con Dio per mezzo di Gesù Cristo, intimi con lui, percepiamo i fratelli come coloro che ci appartengono, che condividono la nostra stessa origine trinitaria e che camminiamo verso la stessa meta che è Cristo che ricapìtola tutto in sé. “Se un membro soffre, tutte le membra soffrono; mentre se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscono insieme”(1 Cor. 12,26).  L’Amore Trinitario ci rende persone in relazione, soggetti comunionali, connaturati nel dialogo, capaci di una relazione d’amore che trasfigura il nostro io, e ci rende capaci di agire e pensare che la pace sgorga dal dialogo e che il dialogo porta all’unità.

Fratelli e Sorelle in Cristo,

La nostra Santa Chiesa Ortodossa, ha manifestato la sua ΚΟΙΝΩΝΙΑ nello scorso mese di Giugno, quando a Creta, per decisione unanime di tutti i Santi Primati delle Chiese Ortodosse Autocefale, è stato convocato il Santo e Grande Concilio della Chiesa Ortodossa. Dopo quasi 55 anni di preparazione, di discussioni, di incontri, di Sinassi dei Primati, nonostante i problemi occorsi a pochi giorni della sua convocazione, questa grande Assise Conciliare ha parlato con una sola voce ai propri fedeli, alle Chiese e al mondo. Testimonianza di comunione e esempio di relazione ad immagine delle relazioni delle Persone Divine, nella Enciclica al mondo essa ha definito i principi fondanti della comunione: “La Chiesa non vive per se stessa. Offre alla intera umanità, attraverso l’elevazione e il rinnovamento del mondo in cieli nuovi e terra nuova (vedi Ap. 21,21). Pertanto dà la testimonianza evangelica e distribuisce nell’ecumene i doni di Dio: il Suo amore, la pace, la giustizia, la riconciliazione, la forza della Resurrezione e la attesa dell’eternità.” (Enciclica, Introduzione)

Essa ha inoltre espresso il modo di esprimersi della sua Comunione: “La Chiesa è per se stessa Concilio, fondata da Cristo e guidata dallo Spirito Santo, in accordo col detto apostolico: “Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi” (Atti 15,28), e ha introdotto la Comunione di Santità: “La santità sgorga dal solo Santo. E’ partecipazione dell’uomo alla santità di Dio, nella “comunione dei santi”, come viene proclamato nella esclamazione del sacerdote durante la Divina Liturgia: “Le Cose Sante ai Santi” e nella risposta dei fedeli: “Uno il Santo, uno è il Signore, Gesù Cristo, a gloria di Dio Padre. Amen”. (Enciclica, cap. 3-4).

Il Santo Concilio ha quindi sentito l’esigenza della comunione col mondo, e con tutto ciò che ad esso è connesso. “La vita dei cristiani è una testimonianza inconfutabile del rinnovamento in Cristo di ogni cosa – “Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove” (2 Cor. 5,17) e una chiamata per tutti gli uomini ad una partecipazione personale in libertà, alla vita eterna, alla grazia del nostro Signore Gesù Cristo, all’amore di Dio e Padre, per vivere nella Chiesa la comunione dello Spirito Santo.” (cap. II,6).

Particolare attenzione è stata data alla vocazione comunionale della Famiglia come “Chiesa domestica”, ai bambini ed ai giovani e alla loro educazione in Cristo: “Al centro della sollecitudine pastorale della Chiesa si trova una formazione che guarda non solo alla cultura intellettuale, ma anche all'edificazione e allo sviluppo di tutta la persona come essere psico-somatico e spirituale in accordo con il principio trittico Dio, Uomo, Mondo…. Così, la pienezza del popolo cristiano trova un sostegno esistenziale, nella comunione divino-umana della Chiesa e vive in essa la prospettiva pasquale della deificazione per grazia.” (Cap.9).

Il Concilio si è occupato dei cambiamenti attuali, della necessità di una attenzione alla persona umana, difronte alle conquiste scientifiche, alla genetica e alle nuove scienze, che sviliscono l’essere umano, quale Icona di Dio. Ha alzato la sua voce per la povertà diffusa, per la minaccia che incombe sull’ambiente naturale, ricordando che: “Nei sacramenti della Chiesa, la creazione si afferma e l'uomo è incoraggiato ad agire come economo, custode e "sacerdote" della creazione, portando davanti al Creatore in modo glorificante: “Il Tuo dal Tuo, a Te offriamo in tutto e per tutto"- e coltivando un rapporto eucaristico con la creazione.” (cap.14)

Non ha inoltre sottaciuto ai problemi derivanti dalla globalizzazione, dagli estremi fenomeni di violenza e della immigrazione: “In nessun momento la opera filantropica della Chiesa non si è limitata semplicemente ad un atto di carità occasionale verso i bisognosi e sofferenti, ma piuttosto ha cercato di sradicare le cause che creano problemi sociali.”  (cap. 19)

Particolare attenzione il Concilio ha dedicato al dialogo, come esperienza intrinseca al sentire ortodosso, in linea con quanto abbiamo prima espresso per il concetto di comunione: “. In questo spirito di riconoscimento della necessità di una testimonianza e di una disponibilità, la Chiesa Ortodossa ha sempre attribuito grande importanza al dialogo, e in particolare a quello con i cristiani non ortodossi.”  (cap. VII, 20).

Figli amati nel Signore,

Il Santo e Grande Concilio, con i suoi documenti, è stato un “mare di comunione” per la intera Chiesa Ortodossa e per il mondo, i cui frutti si raccoglieranno lentamente.

Frutti di comunione sono invece stati raccolti e si raccolgono in questa terra di Puglia, bagnata dal Mar Adriatico e dal Mar Ionio, aperti sul grande Mare Nostrum, il mare tra le terre, il Μεσόγειο, o Mare Mediterraneo, culla di storia, civiltà, lingue, culture e religioni capaci di interconnessioni e di scambi, che hanno guidato i processi sociali dell’intera area per secoli, contribuendo alla crescita dei popoli che ad esso si affacciano. Se il Cristianesimo, nella sua accezione Orientale ed Occidentale, ha giocato un ruolo fondamentale, dopo l’Editto di Milano, non di meno l’Ebraismo e poi l’Islam hanno contribuito nelle alterne fasi storiche a trovare vie di comunione e di coesistenza.

Il susseguirsi dell’Impero Romano, delle Invasioni Barbariche, dell’Impero Romano d’Oriente a Bizanzio, di quello Ottomano, non aveva mai rotto la sinfonia di comunione tra le varie anime esistenti tra i popoli dell’area, nonostante le tensioni mai sopite, quanto la nascita degli Stati nazionali e la crisi della Prima Guerra Mondiale. La identità nazionale non esprimeva più la appartenenza ad un popolo o ad una religione, ma diveniva elemento di divisione e di contrapposizione. Le Guerre Balcaniche e anche la recente crisi della Ex-Jugoslavia sono il frutto di una ricomposizione nazionale, priva di un fondamento di comunione, che spesso ha privato anche le Chiese della capacità di superare l’etnofilestismo, sempre condannato dal Patriarcato Ecumenico. Anche la caduta dei sistemi totalitari dell’Europa Orientale ha provocato risentimenti e incapacità di preservare una koinonia di intenti per la possibile difesa dei valori umani e per la guida dei processi economici, sociali e politici degli stati stessi. La stessa Unione Europea ha faticato e fatica a comprendere la grande valenza del Mediterraneo e la sua portata storico-religiosa, stritolata tra laicizzazione e secolarizzazione.

Tuttavia Adriatico e Ionio, alla caduta del Muro di Berlino e soprattutto durante la caduta del Regime Albanese e la guerra dell’ex-Jugoslavia sono stati il primo luogo di immigrazione verso la Puglia e verso la Grecia. In questi luoghi, nonostante i problemi legati a difficoltà di ordine economico, una economia di comunione ha saputo accogliere e integrare nel proprio tessuto sociale, un grande numero di immigrati, così come aveva fatto nel passato con le immigrazione del periodo tardo Bizantino e dopo la caduta di Costantinopoli nel 1453.

Gli anni che sono seguiti alle immigrazioni degli anni ’90, non hanno portato i paesi europei a comprendere o a vedere quello che accadeva sull’altra sponda del Mare Nostrum. Il Mediterraneo, il mare dell’incontro e della cultura, della convivenza di religioni e popoli, si è trovato improvvisamente, attraversato da ondate di disperati che fuggono da guerre, dal fondamentalismo religioso, apparso sulla scena Medio-Orientale, da carestie, prodotte troppe volte dalla ingordigia di pochi a scapito di molti, da tirannie che rendono impossibile la vita, dalla mancanza dei più elementari beni di sopravvivenza.

Come essere allora oggi in relazione con Dio e con i nostri fratelli e sorelle che soffrono, manifestando l’amore della relazione Trinitaria, con cui abbiamo aperto questi brevi pensieri. Come dare pratica attuazione alle proposte umane e sociali del Grande Concilio della Chiesa Ortodossa e come alimentare i principi di Dialogo, Amore e Pace, in un mondo sconvolto e davanti ad un mare che è diventato la tomba di tanti Fratelli e Sorelle che sognavano una vita migliore.

Crediamo che il ruolo delle Religioni divenga fondamentale nel creare, avviare e consolidare un principio di comunione per la collaborazione e la comprensione reciproca, allontanando i fondamentalismi che si trovano in tutte le società e religioni. C’è necessità di ricreare la reciproca stima tra i popoli, superando diffidenze, violenza, stragi e genocidi. Bisogna che la giustizia sociale e la giustizia tra le nazioni prevalga sui meri interessi della economia mondiale e della globalizzazione più sfrenata, così da porre fine a migrazioni incontrollate. Nessuno lascia piacevolmente il proprio focolare domestico se non è proprio incalzato dalle necessità o dalla violenza. Allo stesso tempo ci vuole una economia di comunione che sappia accogliere, senza creare il malcontento sociale nei paesi ospitanti.

Se tutti i soggetti interessati sapranno accettare con coraggio la giustizia, la libertà, e la verità come pilastri della pace e se le religioni sapranno creare ponti tra individui, popoli e culture, allora potremmo essere ancora segno di speranza per l’umanità.

Solo così Adriatico e Ionio, Puglia e Italia e le altre sponde dei nostri mari torneranno ad essere luoghi di comunione per tutti.

Grazie.

Bartolomeos

Patriarca Ecumenico

Arcivescovo di Costantinopoli

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