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“Se tu conoscessi il dono di Dio”

La bontà di Dio ci fa dono di un nuovo anno liturgico. Il nostro Arcivescovo ha indicato l’icona evangelica che racconta l’incontro di Gesù con la donna Samaritana (Gv 4, 5-30), e la scelta della Pentecoste, come orizzonte del cammino che vogliamo percorrere

«la dinamica vissuta dalla Samaritana è la stessa vissuta dai discepoli nella Pentecoste, quando il vento dello Spirito apre le porte del Cenacolo, libera gli apostoli dalla paura e li apre alla speranza. E anche noi vogliamo vivere così il cammino di quest’anno: come un esercizio della speranza, una speranza che non teme di confrontarsi con la storia e di accettare le sfide che essa pone». Accogliamo, quindi, questo nuovo tempo come dono di grazia che Dio concede alla nostra Chiesa, perché sia non solo spazio di speranza, ma renda noi stessi uomini e donne di speranza.

Ci ha detto ancora l’Arcivescovo: «Gesù, che raggiunge la terra straniera e ostile di Samaria, offre una luce particolare al tempo di Avvento-Natale. Siamo nel cammino che prepara la comunità cristiana ad accogliere l’ingresso di Dio nella storia degli uomini. Gesù, che raggiunge una terra straniera, diventa metafora della venuta di Dio tra noi».

Questa è la lieta notizia che deve far sempre vibrare di gioia i nostri cuori: io, la mia famiglia, la mia comunità, la mia città, con le proprie ombre e delusioni, con le gioie e le speranze, siamo quella “terra” che Dio, uscito da se stesso, “doveva” attraversare «per portarci la sua misericordia che salva e dona speranza» (papa Francesco). Ed è la bella notizia che deve risuonare con rinnovato entusiasmo nella vita della Chiesa e che non potrà spegnersi finché la conoscenza della gloria di Dio, che risplende sul volto di Cristo Gesù, non brilli in tutti gli uomini per l’azione dello Spirito Santo (cfr. 2 Cor 4, 6; Ad Gentes, 42).

Chi fa l’esperienza della fede riconosce che nella persona e nella vicenda di Gesù Cristo il Dio lontano e invisibile si fa vicino a ogni essere umano in un in-sperato e gratuito gesto d’amore. Questa fede non è una delle tante visioni del mondo o interpretazioni della storia. Per un cristiano la fede è incontro con Gesù di Nazaret, nato da donna, condannato alla croce dagli uomini e risuscitato da Dio. Come avviene per ogni esperienza veramente bella sentiamo il bisogno di comunicarla agli altri perché la possibilità di conoscere Dio per mezzo di Gesù Cristo sia una speranza per tutti. Mentre le dottrine si spiegano, le persone s’incontrano; se le teorie si discutono, a tanti uomini e donne, che sono alla ricerca della Speranza per il loro cammino, noi dovremmo raccontare l’esperienza che abbiamo fatto e che facciamo di Gesù, perché contemplando il suo volto e ascoltando le sue parole scopriamo chi siamo (cfr. CEI, Lettera ai cercatori di Dio, pp. 59-61). Conoscendo Lui conosciamo pienamente chi è l’uomo (cfr. Gaudium e Spes, 22), qual è la fonte della nostra esistenza e verso quale meta tende il nostro cammino quotidiano.

Mi piace affidare l’inizio del nuovo anno liturgico alle parole di Madeleine Delbrêl (1904-1964): «Inizia un altro giorno. Gesù vuol viverlo in me. Lui non si è isolato. Ha camminato in mezzo agli uomini. Con me cammina tra gli uomini d’oggi. Incontrerà ciascuno di quelli che entreranno nella mia casa, ciascuno di quelli che incrocerò per la strada, altri ricchi come quelli del suo tempo, altri poveri, altri eruditi e altri ignoranti, altri bimbi e altri vegliardi, altri santi e altri peccatori, altri sani e altri infermi. Tutti saranno quelli che egli è venuto a cercare. Ciascuno, colui che è venuto a salvare. A coloro che mi parleranno, egli avrà qualche cosa da dire. A coloro che verranno meno, egli avrà qualche cosa da dare ... Il mondo dove Lui mi lascia per esservi con me non può impedirmi di essere con Dio; come un bimbo portato sulle braccia della madre non è meno con lei per il fatto che lei cammina tra la folla. Gesù, dappertutto, non ha cessato d’essere inviato. Noi non possiamo esimerci d’essere, in ogni istante gl’inviati di Dio nel mondo. Gesù in noi, non cessa di essere inviato, durante questo giorno che inizia, a tutta l’umanità, del nostro tempo, di ogni tempo, della mia città e del mondo. Attraverso i fratelli più vicini ch’egli ci farà servire amare salvare, le onde della sua carità giungeranno sino in capo al mondo, andranno sino alla fine dei tempi. Benedetto questo nuovo giorno che è Natale per la terra, poiché in me Gesù vuole viverlo ancora» (tratto da Il piccolo monaco, P. Gribaudi editore, Torino, 1990).

Durante il tempo di Avvento-Natale se la donna samaritana incontrata da Gesù ben rappresenta quella “terra ostile” che però sa aprirsi gradualmente alla conoscenza e all’accoglienza del Dono di Dio, c’è anche un’altra donna a cui dobbiamo volgere lo sguardo: Maria. La Vergine di Nazaret rappresenta la “terra” intera, tutta l’umanità bisognosa di aprirsi a quel Dono venuto dall’Alto per la nostra salvezza. A lei, che un inno della Chiesa ortodossa serba canta come “terra del cielo”, terra, adamah da cui noi come lei siamo tratti (cfr. Gen 2, 7), ma terra redenta, cristica, trasfigurata grazie alle energie dello Spirito santo, terra ormai in Dio per sempre, anticipazione del nostro comune destino (E. Bianchi), affidiamo il cammino di tutti in questo tempo meraviglioso.

Maria doni ad ognuno di poter accogliere nel proprio cuore la lieta notizia che Dio viene sulla terra e ci raggiunge nelle periferie della nostra vita quotidiana affinché essa, tutta avvolta dal vento dello Spirito, sia riflesso dello splendore del Signore Gesù, “speranza delle genti” sempre invocata e sempre attesa.

 

Sac. Mario Castellano

Direttore dell’Ufficio Liturgico

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