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8 marzo. Chiesa al femminile. Obiettivo pari dignità

Ruoli rinnovati e stop al maschilismo. Il sogno del Papa nel segno della reciprocità

Sogna una Chiesa povera, ma anche una Chiesa «sposa e madre», perché la «donna è il grande dono di Dio, è l’armonia del mondo». C’è spesso intensità lirica quando Bergoglio parla delle donne. Ma c’è anche profondità teologica – come emerso qualche giorno fa nella decisione di iscrivere nel calendario liturgico la memoria della Beata Vergine Maria Madre della Chiesa – e passione civile, come quando, la scorsa settimana, ha denunciato «la persistenza di una certa mentalità maschilista, anche nelle società più avanzate, nelle quali si consumano atti di violenza contro le donne, vittime di maltrattamenti, di tratta e lucro, così come ridotte a oggetti in alcune pubblicità o nell’industria dell’intrattenimento». Ma se, nel giorno dedicato alla donna, dovessimo andare alla ricerca della “cifra femminile” più originale di Francesco, non potremmo che mettere in evidenza la sua attenzione per il ruolo materno. E non solo per i tanti accenni rivolti in questi anni alla mamma Regina Maria e alla nonna Rosa, ma soprattutto per quanto scritto nei suoi testi più significativi. In Amoris laetitia, riflettendo sulla denatalità, annota: «Il diminuire della presenza materna con le sue qualità femminili costituisce un rischio grave per la nostra terra». Un impegno materno che, insieme alle sue qualità tipicamente femminili, «conferiscono anche dei doveri, perché il suo essere donna comporta anche una missione peculiare su questa terra, che la società deve proteggere e preservare per il bene di tutti» (Al 173).

Altrettanto forte il tema della parità e della reciprocità uomo-donna, nella convinzione che una madre, per mettere in luce le sue caratteristiche in modo equilibrato, abbia bisogno di interagire con un uomo-padre su un piano di pari dignità. L’ha ricordato, tra le altre tante occasioni, nell’udienza generale del 22 aprile 2015. «Quando finalmente Dio presenta la donna, l’uomo riconosce esultante che quella creatura, e solo quella, è parte di lui... Finalmente c’è un rispecchiamento, una reciprocità. La donna non è una “replica” dell’uomo; viene direttamente dal gesto creatore di Dio». Uomo e donna – ha sottolineato – sono della stessa sostanza e sono complementari». È la stessa convinzione profonda che anima il Papa nei suoi frequenti riferimenti alla teoria del gender. Non accenni casuali a una logica criticata da una prospettiva ideologica, ma desiderio di non intaccare la «bellezza e la verità» della reciprocità uomo-donna. Il 4 ottobre 2017, rivolgendosi alla Pontificia Accademia per la vita, ha fatto notare come la cosiddetta “utopia del neutro”, invece «di contrastare le interpretazioni negative della differenza sessuale, che mortificano la sua irriducibile valenza per la dignità umana», pretenda di cancellare di fatto tale differenza, proponendo tecniche e pratiche che la rendano irrilevante per lo sviluppo della persona e per le relazioni umane. E, in ultima istanza, si traduca ancora una volta in una discriminazione contro la donna. Temi che aveva già messo in luce il 7 febbraio 2015, nel discorso alla plenaria del Dicastero della cultura, quando aveva incoraggiato le donna a non sentirsi “ospiti”, ma «pienamente partecipi dei vari ambiti della vita sociale ed ecclesiale», auspicando anche un maggior coinvolgimento delle donne nelle «responsabilità pastorali». Quali, in particolare? Un fronte, questo, che attende una specificazione più attenta, al di là del polverone sollevato sulla questione delle “donne diacono”, rimasta per ora al livello – comunque importante – di una Commissione incaricata di studiare storicamente il tema.

Ma che il Papa desideri un approfondimento teologico della presenza della donna nella Chiesa è fuori di dubbio. Già nei primi mesi del pontificato, il 12 ottobre 2013, parlando all’allora Pontificio Consiglio per i laici, si era chiesto «quale presenza ha la donna nella Chiesa». Se la prospettiva è quella della reciprocità e della pari dignità – come da lui più volte ribadito – è facile immaginare con quale atteggiamento Francesco può aver accolto denunce come quella emersa qualche giorno fa nella rivista “Donne Chiesa mondo” allegata all’Osservatore Romano, in cui raccontava di suore spesso trattate come schiave dai loro superiori, senza orario di lavoro e retribuzione. Lui stesso del resto, nel prologo del libro Dieci cose che Papa Francesco propone alle donne (Publicaciones Claretianas) si è detto preoccupato che «nella Chiesa stessa, il ruolo del servizio a cui ogni cristiano è chiamato scivola, nel caso delle donne, a volte, nei ruoli più di servitù che di vero servizio».

Luciano Moia

© Avvenire, giovedì 8 marzo 2018

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