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A difesa della tavola

In vista dell'incontro mondiale delle famiglie di Milano: lavoro e festa s'incrociano in un momento domestico da salvaguardare

pranzodom01.jpgDentro il triangolo tematico di "famiglia, lavoro e festa", che stiamo avvicinando in vista dell'incontro mondiale di Milano a fine maggio, potremmo individuare - per dirla con la geometria - un incentro, ovvero il luogo equidistante da tutti i tre lati. Non può essere la tavola di casa?

E' lì che ci si ritrova, voglia o non si voglia, a vivere la famiglia, guardandosi negli occhi, a tu per tu.

Lì si comincia la giornata e ci si prepara - "dai, fate in fretta che arriviamo tardi" - a raggiungere i rispettivi posti di lavoro/scuola. Lì ci si ritrova a pranzo (molti non possono, visti i tempi del lavoro e l'organizzazione scolastica) e più facilmente alla sera a raccontarsi com'è andata, a brindare per un bel voto scolastico o a buttare nel piatto anche le stanchezze e le delusioni.

Quando qualcuno è assente a pranzo - per i motivi più diversi - il posto vuoto attorno alla tavola lascia sempre un po' d'amaro in bocca, tanto che per una famiglia, soprattutto quando numerosa o allargata, il menù più saporito è quello che comincia con una constatazione: "Che bello, oggi ci siamo tutti!".

Quel contarsi, e riconoscersi, è già un ringraziamento. Il segno di croce (o il dado della preghiera) fanno della tavola il nostro piccolo altare quotidiano, quello dove è obbligatoria una sosta nel vortice frenetico del tempo: è lode spontanea e dalla tavola il pensiero si spalanca sui continenti se riusciamo a ricordare chi non ha niente da mettere nel piatto.

Il mondo è a tavola, ma la tavola è anche il nostro piccolo mondo, dove si sceglie se servire o servirsi, se ascoltare o ascoltarsi. Decidiamo anche chi farvi entrare e "aggiungere un posto a tavola", magari per un bisognoso o per un amico prete, o per un amico dei figli, diventa una ricchezza in più.

"Spegni la tv e accendi la famiglia!". Conviene proprio eliminare ogni elemento di disturbo, compreso quell'apparecchio in sottofondo che tende a imporci l'agenda della conversazione. Se tutto tace, il silenzio di qualcuno dei figli può farsi parola, il dialogo s'innesca più facilmente. Quando il cibo è gradito, meglio ancora se cucinato a più mani, l'apprezzamento assume il gusto del grazie.

Non tutte le ciambelle riescono col buco e la tavola è provvidenzialmente anche il luogo del conflitto: si alza la voce, ci si provoca, talvolta si litiga. E' bene che il contrasto e il confronto esplodano, favoriti da un terreno neutro e favorevole: la tavola di casa, appunto.

"Nessuno deve alzarsi prima che tutti abbiano finito la frutta!" non è solo un'indicazione dietetica. Prolungare la permanenza a tavola, senza la fretta di fiondarsi di nuovo al computer o in altre faccende, consente di non troncare il dialogo, tiene aperto lo spazio per le parole non ancora dette. Questa modalità - del fermarsi a tavola senza fretta - è spesso uno dei distintivi della domenica e dei giorni più lieti: a tavola si vive la festa, la gratuità, la libertà dall'orologio e dalle occupazioni.

Per usare un'espressione cara a Luigi Accattoli, padre e nonno esperto di convivii domestici, dovremo saper "salvaguardare il momento della tavola". Una difesa dai nemici dei nostri tempi frenetici, una protezione a favore dei valori "sacramentali" che riusciamo a godere nello stare insieme, seduti l'uno accanto all'altro, nei giorni del lavoro e della festa.

Diego Andreatta

© www.vinonuovo.it, 19 aprile 2012

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