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Veglia di Pentecoste 2025. Le testimonianze

Lo scorso sabato 31 maggio abbiamo vissuto la Veglia di Pentecoste nella Cattedrale di Bari. Anche quest'anno il nostro Arcivescovo, Giuseppe Satriano, ne ha affidato la preparazione ai movimenti presenti nella CDAL.

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L'evento ha richiamato la presenza di tantissimi fedeli e si è avvertita durante tutta la funzione la presenza dello Spirito Santo.

Ai piedi dell'altare è stata posta una barca, simbolo della Chiesa, barca che avanza solo se  lascia gonfiare le sue vele dallo Spirito che ci fa uscire da noi stessi e ci conduce fuori.

Nella barca i fedeli in processione hanno deposto preghiere e riflessioni sulla Speranza.

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Nei giorni precedenti si sono invitati i movimenti e le parrocchie a mandare esperienze relative alla Speranza.  Ne sono arrivate tantissime che sono state raccolte in un libro  distribuito ai fedeli insieme a un ricordo della Pentecoste: un segnalibro con l'ancora, simbolo di Cristo, nostra Speranza.

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Il Vescovo ha invitato tutti a non mollare, a non arrenderci, lanciandoci tre sfide: spingersi al di là verso le periferie, ancorarci alla presenza di Cristo con il Vangelo e la preghiera, irradiare luce e speranza a tutti quelli che incontriamo.

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Enrica Gentile, direttore Ufficio Laicato

Segreteria CDAL

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Trascrizione dell'omelia dell'Arcivescovo nella Veglia di Pentecoste

Cristo entra nonostante le porte chiuse del cuore e delle nostre comunità, perché talvolta anche le nostre comunità sono chiuse, la sua prima parola è “Pace a voi”, poi mostra i segni della croce ferite che non spaventano più, ma parlano di amore. E infine soffia, soffia il suo Spirito.

È il respiro stesso di Dio che si posa su questa assemblea, questa sera. Un soffio che non distrugge, ma genera. Un soffio che non impone, ma invita, che non cancella le nostre fragilità, quelle ce le portiamo sempre dietro, ma le trasfigura, le trasforma.

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Come quei discepoli anche noi abbiamo bisogno che lo Spirito ci svegli dal torpore e abbiamo sentito, attraverso le narrazioni, come il Signore attraverso tante strade ci mette in cammino. Abbiamo bisogno che lo Spirito ci liberi dalla paura, quanta paura nei nostri vissuti che ci blocca, che ci rende faticosa la vita. Abbiamo bisogno che lo Spirito ci renda comunità viva e audace, capace di custodire la speranza nelle pieghe della storia.

Nel primo momento, appena siamo entrati e abbiamo avviato questo momento di riflessione e di preghiera, abbiamo sostato accanto all'immagine della barca, che è la Chiesa. Siamo noi. Una barca fragile, spesso sballottata dal vento del tempo.

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Ognuno di noi potrebbe raccontare l'azione dei flutti della vita che ci sballottano sempre. Una barca fragile, che è sballottata anche dalla paura di non sapere come parlare ai cuori, dal timore di essere irrilevanti. Ma il Vangelo ci ricorda che la barca avanza solo se si lascia gonfiare le vele dal soffio dello Spirito. Non bastano le strategie, le riforme, i documenti. Noi siamo molto efficientisti e spesso ci lasciamo prendere da questo. Serve il vento di Dio, che spinge in avanti, che ci fa uscire da noi stessi, che ci conduce fuori, verso chi non ha fede, verso chi è solo, verso le frontiere della vita. Abbiamo bisogno di questo Spirito che soffi su di noi. Lo Spirito è il coraggio che ci fa mollare gli ormeggi. Lo Spirito ci spinge fuori dai cenacoli per abitare le frontiere, per essere testimoni credibili tra chi non frequenta le nostre liturgie ma attende una carezza di misericordia, l'ultima testimonianza ci ha parlato di questo. Quando tutto sembra perso, c'è una famiglia che apre le porte e tutto cambia.

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Nel secondo momento abbiamo accolto il segno dell’ancora, che ci ha ricordato che la speranza non è un'illusione, è un punto fermo. E come dice Papa Francesco, siamo chiamati a restare attaccati alla corda della speranza. Lo Spirito è proprio questa forza gentile, che ci fa stare in piedi quando tutto crolla.

E lui, lo Spirito, che ci permette di dire, come dice una testimonianza che leggerete scritta da Prudenza, una missionaria: “La speranza è il soffio vitale dello Spirito Santo, senza di lui nulla può esistere”. Oggi più che mai abbiamo bisogno di testimoni di speranza, di uomini e donne che sappiano credere oltre le macerie, che accolgano la vita come dono anche nei deserti della malattia, della povertà, della guerra.

Lo Spirito ci invita ad essere una chiesa di prossimità, più attenta ai legami che alle prestazioni, più attenta alle relazioni che agli oggetti. Una comunità che accoglie, che accompagna, che ascolta senza giudicare.

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E fra poco vivremo il terzo momento, che mi sembra molto importante, per cogliere anche il senso di quello che stiamo vivendo, caratterizzato dalla consegna della luce. Avremo tutti una candela tra le mani che sarà chiamata  a risplendere. Un gesto semplice, se volete, ma potente. Pensiamo al Natale, quando mettiamo la candelina nelle mani dei bambini e facciamo la processione dentro casa. Sembra una cosa banale ma è potente quel segno, come quello di stasera. Lo Spirito Santo è luce che si accende nella notte, che non ha nulla in oscurità, ma la vince dentro.

Nelle testimonianze che troverete sul libretto, una mamma scrive: “solo quando esci dalle tue guerre quotidiane per accogliere l'altro la forza dell'amore e della condivisione si mostra in tutta la sua potenza”. Quando esci dalle tue guerre quotidiane per accogliere l'altro. Quanto è difficile questo uscire dalle nostre notti, perché sentiamo che ci schiacciano, che sembrano essere assolute, ma basta avere il coraggio di accendere una piccola luce e tutto si trasforma, tutto diventa grazia, tutto diventa forza, tutto si veste di speranza.

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