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«Anche noi, come S. Sabino, possiamo sperimentare la potenza del Vangelo solo se ci lasciamo condurre dall’Amore di Dio»

Omelia di S.E. Mons. Giuseppe Satriano, Arcivescovo di Bari-Bitonto per la Celebrazione Eucaristica nella festa di San Sabino co-patrono della diocesi. Cattedrale di Bari, martedì 9 febbraio 2021

Carissimi,

    oggi non ci sono i clamori delle festività nicolaiane, ma il nostro cuore con pari esultanza vive la memoria di S. Sabino, giunto dalla vicina Canosa e consegnatoci dalla storia come patrono, con eguale dignità rispetto a S. Nicola.

    Due grandi personaggi nella statura umana e cristiana, resi tali da una vita donata a servizio del vangelo.

    Lo zelo, la perseveranza, l’amore a Cristo e alla gente, di cui era divenuto padre nel ministero episcopale, fanno di Sabino un raggio della grazia dello Spirito sulla storia della Chiesa di ieri e di oggi.

    Maestro illuminato, guida ferma e decisa, interlocutore valido del papato del tempo, Sabino attingeva la sua forza in un rapporto vivo con Cristo, a cui era stato educato in giovinezza dal vescovo Probo, suo maestro e guida.

Un nutrimento particolare ha alimentato la sua fede e il lungo cammino di pastore: la Parola di Dio.

    Con essa “nutriva abbondantemente” il popolo, riformandone i costumi e conducendolo a quella conformazione a Cristo, orizzonte di vita per i cristiani di ogni tempo.

    Festeggiarlo diviene per noi, esperienza carica di significato, forte provocazione a vivere cammini di fede impregnati di ascolto della Parola. Anche stasera, la Parola ci apre alla comprensione del mistero di santità che ha pervaso l’esistenza di Sabino.

    Le letture, scelte dalla Chiesa per la celebrazione odierna, ci aiutano a focalizzare passaggi semplici, ma densi di grazia.

    Il libro di Samuele ci presenta la scelta e la consacrazione di Davide. Il profeta indugia nell’evidenziare la logica di Dio nello scegliere i suoi servi: “Io non guardo a ciò che guarda l’uomo. L’uomo guarda l’apparenza, il Signore guarda il cuore” 1Sam 16,7.

    Lo sguardo di Dio ha il sapore della gratuità. L’elezione di Davide si attesta come dono. Pur non avendo nessun diritto o qualità da far valere, la scelta cade su David. Il dono è vero dono quando “scompiglia” i conti, quando è impari, quando è gesto assolutamente rivoluzionario e creativo, quando nessuno se l’aspetta, meno di tutti chi lo riceve.

    Dio non si lascia ingannare dall’apparenza, ma scruta il cuore con il suo amore, che è dono, e come tale ha bisogno d’incontrare cuori ospitali, poveri di sé, di orgoglio, di superbia.

    L’effimero non cattura lo sguardo di Dio, mentre la semplicità e l’umiltà sì.

    Quando ci si sente scelti e amati per nessun altro motivo che la propria nuda alterità, allora ha inizio la vita. In questo spazio d’amore donato, ciascuno ha la possibilità di cogliere il senso della propria esistenza: sentirsi amati e, piano piano, mettere a fuoco la propria capacità e il proprio desiderio di amare, che è ciò che conta più di ogni altra cosa.

    Anche il Vangelo di Marco insiste su questo. I poteri di coloro che seguono il Cristo non sono doni straordinari conferiti per merito, bensì conseguenza del dono offerto e ricevuto. La vita viene trasfigurata da questa relazione che irradia la potenza della grazia. Quante volte abbiamo percepito la presenza “taumaturgica” di persone capaci di confortarci con una parola, con uno sguardo, con un sorriso? Di persone capaci di allontanare i “demoni” della tristezza e dello sconforto, contagiandoci con la propria testimonianza?

    Anche noi, come S. Sabino, possiamo sperimentare la potenza del Vangelo solo se ci lasciamo condurre dall’Amore di Dio che, incessantemente, bussa alla porta dei nostri cuori. È da questo incontro vivificante col Cristo che l’annuncio, l’accompagnamento dei fratelli diviene condizione ineludibile per il cristiano.

    L’amore ricevuto va ridonato, restituito poichè niente e nessuno può imprigionare la forza dell’amore. Per tale ragione Paolo, nella Seconda lettera a Timoteo, con forza esorta: “Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina” 2 Tm 4,1-2.

    Timoteo è chiamato ad annunciare la Parola in ogni situazione, non rinunciando mai alla sua missione di predicatore e di maestro. Egli deve richiamare coloro che vanno per vie sbagliate, giungendo persino a rimproverarli. Deve rinvigorire quelli che sono un po' fiacchi, deve adoperarsi perché la Parola, la Scrittura, possa produrre i suoi frutti in quelli che lo ascoltano, al fine di condurli ad essere uomini e donne completi, pronti per operare il bene.

    Risulta chiaro che il riferimento sia soprattutto al ruolo di un pastore nella comunità, ma il testo può essere rivolto anche al nostro compito di credenti che - come attesta Matteo nel suo vangelo - mediante la correzione fraterna, siamo chiamati a farci carico della vita dell’altro, bandendo ogni forma d‘indifferenza.

    Vivere l’incontro con Cristo è esperienza totalizzante. Come San Sabino, anche noi siamo invitati a vivere e consumare la nostra esistenza dando spazio al dono d’amore ricevuto nel battesimo. È in tale sacramento la nostra prima e decisa consacrazione a Dio. È mediante il battesimo che la nostra vita ha assunto il respiro dello Spirito. Ed è nel battesimo che la vita di ciascuno è stata proietta come dono verso l’umanità intera.

    Carissimi, affidiamoci all’intercessione di San Sabino e lasciamoci condurre dalla grazia. Anche per noi si schiuderà la bellezza della vita e canteremo le meraviglie del Signore.

    Così sia.

† don Giuseppe, vescovo

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