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Bagnasco: «Questione morale, c'è da purificare l'aria»

“La questione morale, quando intacca la politica, ha innegabili incidenze culturali ed educative. Contribuisce, di fatto, a propagare la cultura di un’esistenza facile e gaudente, quando questa dovrebbe lasciare il passo alla cultura della serietà e del sacrificio, fondamentale per imparare a prendere responsabilmente la vita"

CEIBA420.jpg"Ecco perché si tratta non solo di fare in maniera diversa, ma di pensare diversamente: c’è da purificare l’aria, perché le nuove generazioni – crescendo – non restino avvelenate”. Così si è espresso il cardinale Angelo Bagnasco, nella prolusione  al Consiglio Episcopale Permanente che si è aperto oggi a Roma, in riferimento alla delicata fase politico-istituzionale. Un discorso che si è soffermato sui principali avvenimenti ecclesiali di quest’estate, sull’evolversi della crisi economica e le sue ricadute sociali, la necessità di un rinnovato impegno dei cattolici in ambito politico e sociale, le crisi umanitarie e le tensioni geopolitiche che hanno scosso ampie zone dall’Africa al vicino Oriente.

PAESE DISAMORATO, RISVEGLIARE LA SPERANZA
“Circola l’immagine di un Paese disamorato, privo di slanci, quasi in attesa dell’ineluttabile” ha detto il presidente della Cei, “ebbene, in quanto vescovi non possiamo essere spettatori intimiditi; nostro compito è proporci come interlocutori animati da saggezza, interessati a rompere questo determinismo dell’immanenza o, meglio, aprirlo alla concezione cristiana della storia e del tempo" . Il contributo che la Chiesa può portare è “la parola più grande e più cara che abbiamo, e che raccoglie ogni buona parola umana: Gesù Cristo. Noi lo annunciamo a tutti come discepoli e Vescovi: Egli è Dio con noi e per noi, affinché abbiamo a non inaridirci, stanchi prigionieri del nostro ‘io’ “.

ANCONA E BERLINO, PIENEZZA DI FEDE E DI UMANO
Sui lavori del 25° Congresso Eucaristico Nazionale, che si è tenuto dal 3 all’11 settembre ad Ancona, Bagnasco ha ricordato come questo avvenimento fosse stato voluto in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, ma soprattutto “per rinnovare la nostra consegna all’Eucaristia quale mistero d’amore che, unendoci intimamente a Gesù, ci apre ai fratelli”. “Lo snodarsi delle giornate, incentrate sui cinque ambiti esistenziali su cui lavorammo già al Convegno ecclesiale di Verona, hanno messo in risalto l’osmosi possibile, ma anche esaltante, tra il mistero che celebriamo e le dimensioni dell’esistenza quotidiana”, ha sottolineato sempre Bagnasco, perché “non vi è nulla di autenticamente umano che non trovi nell’Eucaristia la forma adeguata per essere vissuto in pienezza”.

GMG, INVASIONE PACIFICA E PACIFICANTE
“Un’invasione non solo pacifica, ma anche pacificante”. Così il presidente della Cei ha definito la giornata mondiale della gioventù di Madrid, un momento che è entrato a far parte del respiro della Chiesa e alla quale Benedetto XVI ha impresso “un’inflessione di particolare cura nella preparazione personale e nell’esperienza sacramentale”, che si riallaccia anche all’esperienza del Congresso eucaristico: “Col suo stile gentile, premuroso ed essenziale, mentre resisteva all’imperversare della tormenta… ha dato vita al momento forse più espressivo e memorabile del dialogo sviluppato tra il Papa e i giovani lungo i tre giorni madrileni, intessuti di una magia – non cercata ma effettiva – di sorrisi e gesti, preludio di un ascolto profondo”.

DARE AI GIOVANI PANE SOSTANZIOSO
“Cari giovani, in nome dell’amicizia che sentiamo per voi, e che pure abbiamo sentito da voi, vorremmo dirvi: il più e il meglio vengono ora”. Bagnasco ha voluto riprendere così il messaggio  rivolto dal Papa ai giovani della Gmg: “Lasciate che l’esperienza di Madrid lieviti in voi: è la fede la scelta della suprema, personale emancipazione. Guardate ai santi: avete mai riscontrato tra loro persone sbiadite?”. Un riferimento alto quello di Benedetto XVI, che come suo solito “non ha insomma dispensato briciole, ma ha teso con gentilezza il pane sostanzioso della fede”.

MANCANO ANCORA TROPPE RISPOSTE ALLA CRISI
“L'Italia non si era mai trovata tanto chiaramente dinanzi alla verità della propria situazione” ha ricordato l'arcivescovo di Genova. Questo comporta certamente il “correggere abitudini e stili di vita”, ma per i vescovi deve portare anche a riflettere con urgenza su uno dei mali silenziosi che minano l’equilibrio e il futuro della società italiana: “Ci preoccupa come vescovi l’assenza di un affronto serio e responsabile del generale calo demografico, e quindi del rapporto sbilanciato tra la popolazione giovane e quella matura e anziana”. “Se non si riescono a far scaturire, nel breve periodo, le condizioni psicologiche e culturali per siglare un patto intergenerazionale che, considerando anche l’apporto dei nuovi italiani, sia in grado di raccordare fisco, previdenza e pensioni avendo come volano un’efficace politica per la famiglia”, ha ricordato con forza Bagnasco, “l’Italia non potrà invertire il proprio declino: potrà forse aumentare la ricchezza di alcuni, comunque di pochi, ma si prosciugherà il destino di un popolo”.

COSTUMI E LINGUAGGI DETERIORI, VOCE CHIARA
Severa la presa di posizione di Bagnasco sugli eventi che stanno segnando l'attualità politica. Questo il passaggio del discorso:

"Conosciamo le preoccupazioni che pulsano nel corpo vivo del Paese, e non ci sfugge certo quel che, a più riprese, si è tentato di fare e ancora si sta facendo per fronteggiarle. L’impressione tuttavia è che, stando a quel che s’è visto, non sia purtroppo ancora sufficiente. Colpisce la riluttanza a riconoscere l’esatta serietà della situazione al di là di strumentalizzazioni e partigianerie; amareggia il metodo scombinato con cui a tratti si procede, dando l’impressione che il regolamento dei conti personali sia prevalente rispetto ai compiti istituzionali e al portamento richiesto dalla scena pubblica, specialmente in tempi di austerità. Rattrista il deterioramento del costume e del linguaggio pubblico, nonché la reciproca, sistematica denigrazione, poiché così è il senso civico a corrompersi, complicando ogni ipotesi di rinascimento anche politico. Mortifica soprattutto dover prendere atto di comportamenti non solo contrari al pubblico decoro ma intrinsecamente tristi e vacui. Non è la prima volta che ci occorre di annotarlo: chiunque sceglie la militanza politica, deve essere consapevole «della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore che comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda» (Prolusione al Consiglio Permanente del 21-24 settembre 2009 e del 24-27 gennaio 2011). Si rincorrono, con mesta sollecitudine, racconti che, se comprovati, a livelli diversi rilevano stili di vita difficilmente compatibili con la dignità delle persone e il decoro delle istituzioni e della vita pubblica. Da più parti, nelle ultime settimane, si sono elevate voci che invocavano nostri pronunciamenti. Forse che davvero è mancata in questi anni la voce responsabile del Magistero ecclesiale che chiedeva e chiede orizzonti di vita buona, libera dal pansessualismo e dal relativismo amorale? Annotava giorni fa il professor Franco Casavola, Presidente emerito della Corte Costituzionale: «L’unica voce che denuncia i guasti della società della politica è quella della Chiesa cattolica» (Corriere della sera, 20 settembre 2011). Lo citiamo non per vantare titoli, ma per invitare tutti a non cercare alibi. Ci commuove sentire la fiducia e la gratitudine che vengono espresse quando, come vescovi, ci rechiamo nei molteplici ambienti di lavoro delle nostre città, campagne, porti. Ci commuovono soprattutto le parole della gente più semplice, dei lavoratori più umili: noi vi siamo grati per la vostra gratitudine che ci riconosce Pastori e amici, riferimenti affidabili là dove, per voi e le vostre famiglie, guadagnate un pane spesso difficile e a volte incerto. I vostri sentimenti ci invitano all’umiltà, responsabili come siamo del patrimonio di fiducia che ci confidate. Ci incoraggiano a esservi sempre più vicini ovunque, per raccogliere le ansie e le gioie dei vostri cuori, continuando a dar loro voce ed espressione. Noi nulla chiediamo, se non di starvi accanto con il rispetto e l’amore di Cristo e della Chiesa.

Tornando allo scenario generale, è l’esibizione talora a colpire. Come colpisce l’ingente mole di strumenti di indagine messa in campo su questi versanti, quando altri restano disattesi e indisturbati. E colpisce la dovizia delle cronache a ciò dedicate. Nessun equivoco tuttavia può qui annidarsi. La responsabilità morale ha una gerarchia interna che si evidenzia da sé, a prescindere dalle strumentalizzazioni che pur non mancano. I comportamenti licenziosi e le relazioni improprie sono in se stessi negativi e producono un danno sociale a prescindere dalla loro notorietà. Ammorbano l’aria e appesantiscono il cammino comune. Tanto più ciò è destinato ad accadere in una società mediatizzata, in cui lo svelamento del torbido, oltre a essere compito di vigilanza, diventa contagioso ed è motore di mercato. Da una situazione abnorme se ne generano altre, e l’equilibrio generale ne risente in maniera progressiva. È nota la difficoltà a innescare la marcia di uno sviluppo che riduca la mancanza di lavoro, ed è noto il peso che i provvedimenti economici hanno caricato sulle famiglie; non si può, rispetto a queste dinamiche, assecondare scelte dissipatorie e banalizzanti. La collettività guarda con sgomento gli attori della scena pubblica e l’immagine del Paese all’esterno ne viene pericolosamente fiaccata. Quando le congiunture si rivelano oggettivamente gravi, e sono rese ancor più complicate da dinamiche e rapporti cristallizzati e insolubili, tanto da inibire seriamente il bene generale, allora non ci sono né vincitori né vinti: ognuno è chiamato a comportamenti responsabili e nobili. La storia ne darà atto. Solo comportamenti congrui ed esemplari, infatti, commisurati alla durezza della situazione, hanno titolo per convincere a desistere dal pericoloso gioco dei veti e degli egoismi incrociati".

LA QUESTIONE MORALE NON È UN’INVENZIONE
“La questione morale, complessivamente intesa, non è un’invenzione mediatica: nella dimensione politica, come in ciascun altro ambito privato o pubblico, essa è un’evenienza grave, che ha in sé un appello urgente”. Il cardinale presidente della Cei ha ribadito la posizione della Chiesa sul degrado etico nella vita politica e istituzionale. "La questione morale, quando intacca la politica, ha innegabili incidenze culturali ed educative - ha sottolineato sempre Bagnasco - contribuisce, di fatto, a propagare la cultura di un’esistenza facile e gaudente, quando questa dovrebbe lasciare il passo alla cultura della serietà e del sacrificio, fondamentale per imparare a prendere responsabilmente la vita. Ecco perché si tratta non solo di fare in maniera diversa, ma di pensare diversamente: c’è da purificare l’aria, perché le nuove generazioni – crescendo – non restino avvelenate. Chi rientra oggi nella classe dirigente del Paese deve sapere che ha doveri specifici di trasparenza ed economicità: se non altro, per rispettare i cittadini e non umiliare i poveri. Specie in situazioni come quella attuale, ci è d’obbligo richiamare il principio prevalente dell’equità che va assunto con rigore e applicato senza sconti, rendendo meno insopportabili gli aggiustamenti più austeri".
"È sull’impegno a combattere la corruzione, piovra inesausta dai tentacoli mobilissimi" ha rimarcato ancora Bagnasco, "che la politica oggi è chiamata a severo esame. L’improprio sfruttamento della funzione pubblica è grave per le scelte a cascata che esso determina e per i legami che possono pesare anche a distanza di tempo. Non si capisce quale legittimazione possano avere in un consorzio democratico i comitati di affari che, non previsti dall’ordinamento, si auto-impongono attraverso il reticolo clientelare, andando a intasare la vita pubblica con remunerazioni – in genere – tutt’altro che popolari. E pur tuttavia il loro maggior costo sta nella capziosità dei condizionamenti, nell’intermediazione appaltistica, nei suggerimenti interessati di nomine e promozioni. Al punto in cui siamo, è essenziale drenare tutte le risorse disponibili – intellettuali, economiche e di tempo – convogliandole verso l’utilità comune. Solo per questa via si può salvare dal discredito generalizzato il sistema della rappresentanza, il quale deve dotarsi di anticorpi adeguati, cominciando a riconoscere ai cittadini la titolarità loro dovuta".

LA PRESENZA PUBBLICA DEI CATTOLICI
"Riguardo alla presenza dei cattolici nella società civile e nella politica", ha aggiunto il presidente della Cei, "lentezze, chiusure, intimismi restano in continuo agguato, ma ci sembra che una tensione si vada sviluppando grazie alle comunità cristiane, alle molteplici aggregazioni ecclesiali o di ispirazione cristiana, e grazie anche al lavoro realizzato dai nostri media, che sono diventati dei concreti laboratori di idee e dei riferimenti ormai imprescindibili. Sembra rapidamente stagliarsi all’orizzonte la possibilità di un soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica, che – coniugando strettamente l’etica sociale con l’etica della vita – sia promettente grembo di futuro, senza nostalgie né ingenue illusioni".

CONTRO L’EVASIONE FISCALE, CON LA NOSTRA GENTE
"L’altro fronte vitale per la nostra democrazia è l’impegno di contrasto all’evasione fiscale. Difficile sottrarsi all’impressione che non tutto sia stato finora messo in campo per rimuovere questo cancro sociale, che sta soffocando l’economia e prosciugando l’affidabilità civile delle classi più abbienti". Per i vescovi, il sottrarsi al proprio dovere di contribuenti sta diventando, in tempi di pesante crisi economica, un fenomeno dalle conseguenze sociali gravissime. "Il grottesco sistema delle società di comodo che consentono l’abbattimento artificioso dei redditi appare – ha sottolineato Bagnasco – non solo indecoroso ma anche insostenibile sotto il profilo etico". Bisogna che gli onesti si sentano stimati, e i virtuosi siano premiati. Sono tanti i cittadini per bene e le famiglie che adempiono positivamente i loro compiti. A un’osservazione attenta, le ragioni per cui guardare avanti ci sono: la strada si è fatta più impervia e il consumismo potrebbe averci fiaccato, ma il popolo italiano odierno sa di non essere da meno delle generazioni che l’hanno preceduto. E sa anche che le conquiste di ieri hanno oggi bisogno di essere riguadagnate: il 'parassitismo esistenziale' infatti è solo istinto di psicologie fragili e derelitte. Il brontolio sordo non aiuta a vivere meglio, demotiva anzi ulteriormente. La gente di questo Paese dà il meglio di sé nei momenti difficili: certo, le occorre per questo un obiettivo credibile, per cui valga la pena impegnarsi. Questo obiettivo c’è, e coincide con il portare l’Italia fuori dal guado in cui si trova anche per un certo scoramento. Portarla fuori perché sia all’altezza delle proprie responsabilità storiche e culturali. Il che significa darle il futuro che merita, e che serve al mondo intero. L’Italia ha una missione da compiere, l’ha avuta nel passato e l’ha per il futuro. Non deve autodenigrarsi! Bisogna dunque reagire con freschezza di visione e nuovo entusiasmo, senza il quale è difficile rilanciare qualunque crescita, perseguire qualunque sviluppo".

LA SCUOLA, SETTORE NEVRALGICO DELLA SOCIETA'
Ad anno scolastico appena iniziato, il pensiero dei vescovi è andato anche al grande e nevralgico mondo della scuola, professori e studenti insieme. Mentre l'appello rivolto alla alla classe politica e amministrativa è quello "di dare ragione della centralità della scuola, con lucidità e lungimiranza, adottando decisioni di equità e di giustizia rispetto a tutte le esperienze proficuamente attive, dalla scuola materna all’università, valorizzando anche il patrimonio della scuola cattolica e sostenendo il diritto dei genitori di scegliere l’educazione per i propri figli. Senza considerare che ogni volta che una scuola paritaria è costretta a chiudere, ne deriva un aggravio economico per lo Stato e una ferita per la scuola nel suo insieme".

PLURALISMO NEI MEDIA
"Continuiamo a prestare l’attenzione necessaria al comparto comunicativo e televisivo" hanno poi ricordato i vescovi per voce del loro presidente, "affinché le innovazioni avvengano nel rispetto del pluralismo e della vocazione culturale del nostro popolo, a partire dalle esigenze dei singoli territori".

MAFIA, SOVRAFFOLLAMENTO NELLE CARCERI, TENSIONI INTERNAZIONALI
Alla fine della prolusione, Bagnasco ha voluto ricordare il dramma dei "quindici ostaggi italiani che si trovano prigionieri in Africa per opera di estremisti o criminali"; ha ribadito un appoggio incondizionato "ai sacerdoti che sono sotto il tiro della malavita e a quanti, laici o religiosi, sono impegnati sul territorio in nome della giustizia e del rispetto della legge" e ha invitato a non perdere di vista il problema del sovraffollamento nelle carceri e quello del precariato. Infine, il cardinale presidente della Cei ha ricordato come la Chiesa segua i cambiamenti drammatici che hanno interessato negli ultimi mesi l'Africa - dalla travagliata nascita del Sud Sudan, alla caduta di Gheddafi in Libia - al fenomeno in fieri della cosiddetta primavera araba.

© Avvenire, 27 settembre 2011

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