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"Benedetta economia", le lezioni di Luigino Bruni tra denaro e Vangelo

Un nuovo programma dell'economista su Tv2000 dedicato alle nuove sfide dell'utilizzo delle risorse nella società e nel mondo. Otto puntate, otto brani diversi della Bibbia, per scoprire cosa ci sia di antico e di nuovo all’origine di quella “economia dell’esclusione e dell’iniquità” condannata da Papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium

"Benedetta economia!" è il nuovo programma di Tv2000 che propone una lettura inedita dell’economia dei nostri giorni. Otto puntate, otto brani diversi della Bibbia, per scoprire cosa ci sia di antico e di nuovo all’origine di quella “economia dell’esclusione e dell’iniquità” condannata da Papa Francesco nell’esortazione apostolica ’Evangelii Gaudium’. È la nuova sfida di Luigino Bruni, economista, docente della Lumsa e appassionato biblista ( i lettori di Avvenire conoscono bene i suoi appassionati articoli domenicali dedicati a una lettura teologica dei fenomeni economici). I suoi ospiti si confronteranno in studio con Bruni e con la bravissima Eugenia Scotti sulle contraddizioni dell’economia del terzo millennio: la precarietà del lavoro, un capitalismo piegato alle logiche della finanza speculativa, un mondo del commercio senza orari né feste, le differenze ormai abissali tra gli stipendi degli operai e quelli dei manager, l’inganno di una meritocrazia che finisce per assegnare ai poveri l’intera colpa della loro condizione. La prima a intervenire in studio sarà Susanna Camusso, poi via via Brunello Cucinelli, Cesare Romiti, Elsa Fornero, Giulio Tremonti, Suor Giuliana Galli, Johnny Dotti, Bill Niada: otto incontri per capire insieme come tradurre nella pratica quotidiana l’esortazione di Papa Bergoglio “ad un ritorno dell’economia e della finanza ad un’etica in favore dell’essere umano”. 
“Abbiamo cercato di creare un programma un po’ diverso che mettesse insieme una riflessione sull’economia di oggi a partire dalla tradizione biblica”, spiega lo studioso di Economia civile, allievo del caposcuola Stefano Zamagni. “La Bibbia ha ancora qualcosa da dire o è solo una faccenda per il culto e per la messa? Io ho lanciato questa proposta. L’economia oggi ha bisogno di parole nuove quelle del Novecento sono logore allora nei tempi di crisi di parole logore bisogna tornare alla fonte. Siccome da anni mi occupo di questo di rilettura della Bibbia a partire dalla domande economiche allora ci siamo detti: scegliamo otto temi dal lavoro al perdono dalle beatitudini a Noé (il tema del giusto che salva tutti) vedere che queste pagine ci interessano ancora oggi hanno da dire delle cose importanti oggi”.

Recentemente papa Francesco ha ribadito l’esigenza di pagare le tasse.

“Papa fa bene a ribadire che le tasse vanno pagate. E’ un grande tema della dottrina sociale della Chiesa. Da San Paolo ad oggi è una questione che attraversa il cristianesimo nel profondo e tocca i rapporti tra religione e politica. I cristiani sono abitanti di un regno diverso, ma sono anche cittadini del mondo. Basta citare la lettera a Diogneto”.

Dunque il cristiano deve pagare le tasse fino all’ultimo centesimo.

“Sappiamo anche che ci sono state all’interno della Chiesa dei momenti in cui i cristiani hanno scelto di non pagare le tasse per non essere complici di un regime che compiva solo nefandezze. Ad esempio durante le persecuzioni dei primi secoli nell’Impero. Ci sono stati episodi in cui una forma di protesta e di libertà dagli imperatori consisteva nel rifiutare di partecipare alla vita civile e dunque nel rifiutare di pagare le tasse”.

Dobbiamo riferirci solo ai primi secoli, dalla persecuzione di nerone in poi?

 “Certamente no. Anche in epoca moderna c’è stata qualche forma di ribellione, come durante le dittature sudamericane, che Francesco conosce bene avendo vissuto in quel periodo. Ma anche in Italia il Non Expedit è stato interpretato con l’obiezione fiscale. Ma sono casi marginali. La linea della Chiesa è quella di comportarsi da buoni cittadini e dunque da buoni contribuenti. Il papa fa bene a ricordarlo”.

Eppure l’Italia è uno dei Paesi in cui si pagano più tasse a fronte di meno servizi. Il fisco è avvertito da tanti come una vessazione, soprattutto in tempi di crisi.

“E’ un momento di crisi del patto sociale. Tanti non capiscono perché le tasse vanno pagate. Le tasse hanno sostanzialmente tre funzioni. La prima è la costruzione dei beni pubblici (le strade, la sicurezza, i lampioni, le scuole pubbliche, gli ospedali); la seconda è la redistribuzione del reddito dai più ricchi ai più poveri; la terza serve a favorire i beni di merito e sfavorire il consumo dei beni non di merito”.
Una funzione morale, si potrebbe dire.
“Esattamente. Si tassano gli alcolici e le sigarette (che fanno male alla salute pubblica) e si mettono meno tasse per il pane e il latte. In questo modo lo Stato dà un indirizzo morale alla sua tassazione, utilizza il fisco per far capire cosa fa bene e cosa fa male. Ma oggi il problema è un altro”.

E quale?

“Se noi non diamo più un senso del perché i ricchi devono dare ai poveri, è un dramma. La società è un corpo unico: la ridistribuzione delle risorse serve a considerarla una comunità di gente che si aiuta reciprocamente, un organismo solidale.  Ma se uno nega questa logica è finita. La società si frantuma come un cristallo in tanti piccoli egoismi. E i politici di oggi sono bravissimi a sfruttare queste pulsioni individualiste, per esempio assicurando che non metteranno le mani nelle tasche degli italiani e via dicendo. Ma così viene meno il senso di appartenenza, lo Stato non è più una comunità dove chi ha più risorse ne dona una parte a chi ne ha meno perché nella vita è stata più sfortunato”.

Dunque i recenti referendum sull’autonomia di Veneto e Lombardia, che chiedono di trattenere le tasse versate, si inseriscono in queste preoccupazioni?

“Certamente, e infatti si lega alle preoccupazioni dei vescovi recentemente espresse”

E’ per questo che papa Francesco ribadisce il concetto?

“Il papa intuisce queste cose. Oggi il vero rischio è lo sfaldamento dello Stato basato sull’individualismo. Le istituzioni sono dei beni comuni che se nessuno se ne occupa si distruggono: Province, Regioni, Comuni,  Europa,  tutte realtà costruite da chi voleva il bene comune. Le tasse sono una forma di mantenimento di questo bene comune. E’ più che mai opportuno pagare le tasse.  Un Paese che ne paga poche vuol dire che dimentica i poveri”.

Ma se il cittadino ha la percezione che finiscano nelle tasche sbagliate, come greppia della corruzione e del clientelismo…

“Questo è un altro discorso, serve vigilare. Ma un Paese che riduce l’imposizione fiscale tende a ridurre i beni pubblici e il Welfare. E questo piace molto poco a papa Francesco”.

Francesco Anfossi

© www.famigliacristiana.it, venerdì 26 ottobre 2017

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