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Cei. Galantino: nuova cittadinanza per i migranti, non capisco i ritardi

Dallo “Ius culturae” alla lotta alla pedofilia passando per il ruolo della famiglia: ecco i temi affrontati dal segretario generale della Cei davanti ai giornalisti

Dallo “Ius culturae” alla lotta agli abusi sessuali; dal ruolo della famiglia alla scelta di nominare Giovanni XXIII patrono dell’esercito italiano. Sono stati molti i temi affrontati dal segretario generale della Cei, il vescovo Nunzio Galantino, nella conferenza stampa di stamani presso la sede di Radio Vaticana al termine del Consiglio episcopale permanente della Cei (25-27 settembre), il primo sotto la guida del nuovo presidente il cardinale Gualtiero Bassetti (che non era presente, come previsto, all’incontro con i giornalisti). Durante la conferenza stampa Galantino ha presentato il Comunicato finale del Consiglio permanente.

 

Si è accelerato per le nozze gay, perché non per la cittadinanza ai migranti?

«Non vedo perché si è ritenuto di accelerare sui diritti delle persone di uno stesso sesso che vogliono vivere insieme, ma non si ritiene di dare diritti e doveri a italiani mantenuti senza cittadinanza», ha spiegato Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, rispondendo alle domande dei giornalisti sulla legge sulla ius culturae, durante la conferenza stampa a chiusura del Consiglio permanente della Cei. «Parlare di “Ius soli” – ha precisato il vescovo – significa, come ha detto il cardinale Bassetti nella prolusione, “porre attenzione all'integrazione, che resta parola morta, parola sterile se non passa attraverso il riconoscimento della cittadinanza a coloro che sono nati in Italia, parlano la nostra lingua, assumono la nostra memoria storica e i valori che porta con sé. Su questi temi non si può derogare, ed è tutto quello che è previsto dalla legge”».

Inoltre il segretario generale della Cei ha osservato: «Un paio di anni fa la proposta» sullo “Ius soli” «alla Camera era stata approvata da chi oggi non ne vuole sapere. Come mai?». Il presule ha evidenziato come attorno al tema soli siano state «scaricate tante tensioni». «Lo Ius soli – ha detto – non riguarda chi oggi riesce a mettere piede sul suolo italiano. La sua approvazione contribuisce a ridurre il popolo dei senza patria, e non per buonismo ma a precise condizioni. Ci riferiamo a persone che hanno bisogno di dignità, in un contesto di diritti e doveri». Inoltre Galantino ha respinto l’argomento che si utilizza contro la nuova cittadinanza dicendo che molte donne immigrate arrivano in Italia già incinte. «Ci si dimentica – ha replicato il vescovo – che nella stragrande maggioranza quelle donne sono vittime di stupri nel lungo e travagliato percorso che le porta in Italia». E comunque la nuova legge riguarderebbe i figli di migranti provvisti di regolare permesso di soggiorno di lunga durata, quindi in Italia già da almeno 5 anni.

 

Il «fattore famiglia» per un fisco più equo

La famiglia «composta da padre, madre e figli» non è «un bene soltanto della Chiesa», ma «un bene della società», secondo il segretario generale della Cei che ha proseguito: «Quando il Governo fa una conferenza nazionale sulla famiglia non fa un piacere a Galantino, a Bassetti o a Bagnasco, ma fa un piacere a se stesso. E se durante la conferenza mena il can per l'aia, non fa uno sgarbo a papa Francesco o a Galantino, ma fa un dispetto alla nazione». Il presule ha ribadito la necessità di introdurre il «fattore famiglia» per un fisco più favorevole ai nuclei numerosi. E ha aggiunto: «Alla fine chi sostiene ancora l’Italia è la famiglia, nelle sua varie componenti e realtà. Peccato che non ci siamo mai soldi per realtà così al centro del vivere sociale». «Se le famiglie fossero più serene sull’attenzione loro concessa da parte del governo – la tesi del vescovo – anche temi come lo “Ius soli” o l’immigrazione verrebbero affrontati con spirito diverso. Oggi c’è una miscela esplosiva all’interno della quale non riusciamo più a distinguere ciò che c’è prima e ciò che c’è dopo, e la famiglia sicuramente è ciò che c’è prima: il primo sostegno è quello al riconoscimento della famiglia con padre, madre e figli».

 

Meno soldi per gli armamenti, più per le famiglie

«Io spenderei un po’ meno soldi per gli armamenti e baderei di più al tema della famiglia», ha affermato Galantino a proposito della scelta di nominare Giovanni XXIII, il Papa della Pacem in terris, patrono dell'esercito italiano. Il vescovo ha spiegato che «la Cei assolutamente non è stata coinvolta» né «interpellata» sulla recente decisione della Congregazione vaticana per il culto divino che, insieme all’ordinariato militare per l’Italia, ha compiuto la scelta. La Cei ha «confermato l'apprezzamento per il lavoro dei 200mila militari in Italia» e non vi è «nessun atteggiamento di disprezzo, anzi, per tutto quello che fanno». La raccolta firme per cambiare l’assegnazione, dunque, «non penso che possa portare indietro l'orologio». E «se abbiamo dato il patrono agli schermitori, ai pescatori, ai macellai» non ha senso ora discutere della scelta per i militari, così come non ha senso discutere «se lo pregano perché si è messo la divisa o perché si è tolta la divisa».

 

Abusi, prioritarie la prevenzione e la formazione

Per affrontare la sfera della prevenzione e formazione contro gli abusi sessuali sui minori, la Cei ha istituito un gruppo di lavoro multidisciplinare per accompagnare le diocesi su questo campo. I membri del Consiglio permanente «avvertono come prioritario» questo impegno e «hanno salutato con favore la recente costituzione, presso la Segreteria generale, di un gruppo di lavoro, dal profilo multidisciplinare, attento ad approfondire tanto gli ambiti educativi e organizzativi, quanto quelli di carattere più giuridico e comunicativo. La finalità è quella di accompagnare in maniera sistematica le diocesi, con orientamenti e protocolli destinati a sacerdoti, genitori, educatori e operatori pastorali, come pure con la sensibilizzazione e formazione dei ragazzi. I vescovi hanno evidenziato come da un simile impegno possa venirne beneficiata tanto la Chiesa, in termini di fiducia e credibilità, quanto il più ampio contesto sociale». Inoltre su proposta della presidenza Cei, il Consiglio permanente ha designato l'arcivescovo di Ravenna-Cervia, Lorenzo Ghizzoni (psicologo oltre che vescovo), quale referente della Cei per la Pontificia Commissione per la tutela dei minori guidata dal cardinale statunitense Sean Patrick O’Malley.

«Non conosco i dati – ha detto Galantino a proposito dei casi in Italia –. Il problema dei numeri è importante, ma più importante è quello che si fa». Le vicende di abusi «vanno affrontate con decisione, il che non significa però non avere contezza reale dei fatti». I numeri, infatti, «si basano su tante cose: sulle accuse, sulla verifica fatta, sui risultati dei giudizi». E ha aggiunto: «Se il fatto esiste va perseguito, ed il protagonista in negativo va condannato, come ha recentemente ribadito anche il Papa: su questo nessuno ha dubbi. Il problema è che il tempo passa tra accusa, verifica dell’accusa e sentenza». Di qui il monito ai giornalisti: «Attenti a distinguere tra quello che esce sul giornale come accusa e quello che avviene di fatto, altrimenti facciamo sensazionalismo su un tema che è gravissimo ma che non può essere trattato con un feuilletton». Quanto alla proposta di legge depositata che introduce l’obbligo per i vescovi di denunciare ai magistrati i preti pedofili, Galantino ha risposto: «Bisogna vedere se passa e cosa viene chiesto ai vescovi. Attualmente – ha ricordato a proposito delle norme vigenti – ai vescovi viene chiesto di avviare una verifica dell’accusa, di sospendere subito la persona incriminata quando ve ne sia una ragione, di incontrare le vittime e di collaborare con chiunque abbia titolo di intervenire, assolutamente senza reticenze».

Sugli abusi da parte del clero, «la Chiesa si sta muovendo, ma a me piacerebbe che sul tema della pedofilia anche altre realtà si interrogassero», ha ammonito il segretario generale della Cei. «Non è che il 90% dei pedofili sono preti o religiosi: ci sono insegnanti, medici, allenatori, c’è di tutto. La scuola cosa sta facendo? Il mondo dello sport cosa sta facendo? Il mondo del turismo cosa sta facendo? Tanti turismi sessuali sono pedofilia, non altro, e sono viaggi organizzati, non alla chetichella». Alla Chiesa, per Galantino, spetta il dovere «di non arroccarsi e di chiedere perdono per i suoi ritardi», denunciati recentemente anche da Francesco. «Le parole del Papa – ha affermato il presule – non possono che incoraggiarci ad andare avanti, a non mollare su questo tema che è molto importante».

Giacomo Gambassi

© Avvenire, giovedì 28 settembre 2017

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