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Chiamati per annunziare a tutti le opere meravigliose di Dio

Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18-25 gennaio)

La nostra chiesa si prepara a celebrare la ormai prossima Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, meditando e pregando sul tema: “Chiamati per annunciare a tutti le opere meravigliose di Dio”. In questo editoriale desidero proporre alcune riflessioni sulla meraviglia che lo Spirito Santo ha compiuto nella nostra diocesi, da cinquant’anni dal Concilio, circa il ristabilimento dell’unione dei cristiani.

Il “meraviglioso” di Dio scaturisce dalla osservazione attenta e comunitaria su tre realtà ecclesiali fondanti la comunione fra i cristiani: lo Spirito Santo, la Chiesa locale, e la storia delle comunità cristiane. Le tre esperienze stanno a dimostrare due certezze. La prima avverte che il movimento ecumenico nella nostra Diocesi è opera dello Spirito Santo, che è un “inedito” dello Spirito alla sua Chiesa. Far incontrare i cristiani da secoli divisi, nel territorio diocesano, non è stata decisione illuminata della struttura ecclesiastica che ha escogitato e attuato con coraggio la tecnica, se così si può dire, del “consenso” sul “minimo denominatore comune” della dottrina cristiana, lasciando cadere quella del “dissenso”, adottata fino a ieri. Il dialogo ecumenico in diocesi non è stato l’esito culturale di una certa nuova “democraticità”, voluta dal Concilio Ecumenico Vaticano II nella Chiesa e per la Chiesa. Se così fosse stata, sarebbe stata, appunto, tecnica piena di valore, ma umana e solo umana. Incapace, di conseguenza, di essere “segno” di Salvezza. Una decisione, dunque, quella dell’ecumenismo popolare e spirituale, che viene invece dalla obbedienza che si è dovuta allo Spirito di Dio e al Suo dono.

La seconda avverte che ogni esperienza ecumenica deve mantenere l’anima ecumenica sempre viva e affascinante, un ecumenismo sempre da scoprire. Infatti se il dialogo fra le chiese, presenti nel territorio barese per quasi cinquant’anni è sorto per impulso dello Spirito Santo (cfr Decreto per l’ecumenismo, n°1), allora è stata l’economia dello Spirito Santo a nutrire la logica e l’attitudine dell’esperienza ecumenica. Lo Spirito è per la novità di vita che viene alla Chiesa “dal futuro”, il quale è il tempo proprio allo Spirito che fa nuove tutte le cose”. Ciò ha significato che l’ecumenismo in questi anni non è stato ripetitivo, già compiuto, sicuro ormai di se stesso. L’ecumenismo è sempre un movimento in avanti e attende dal “non ancora”, che sta innanzi alla Chiesa, la chiamata verso il meraviglioso di Dio. Papa Paolo VI, in apertura del terzo periodo del Concilio Vaticano II ebbe a osservare che “l’ecumenismo è una cosa nuova rispetto alla lunga e dolorosa storia che ci ha preceduto”. E, risalendo alla ragione di questa novità, precisò con finezza che l’ecumenismo “è cosa arcana, che fonda le sue radici nei misteriosi disegni di Dio” (14 novembre 1964).

Ciò è stato un avvertimento per noi della Chiesa diocesana che, temendo la novità, tendevamo a quasi “disciplinare” l’esperienza ecumenica, orientandola solo sul “già” fatto. Una tentazione tutt’altro che remota.

L’opera dello Spirito ha messo in fuga un certo timore, serpeggiante tra i preti e laici, di fronte ad un ecumenismo male inteso, cioè un ecumenismo “falso” perché generante “l’indifferentismo” che cioè “non fa alcuna differenza tra ciò che è falso e ciò che è vero”. Un processo, quindi, che relativizza la verità e dà credito alla convinzione che la dottrina divide e solo la carità unisce. Ciò che conta, spesso si è detto, è “la carità”. In questa persuasione si è dimenticato che si può amare l’uomo solo dentro l’amore con cui Dio ama gli uomini. Questo non è un amore qualsiasi. Esso è l’amore misericordioso del Padre, manifestatosi nella storia del Suo Figlio fatto uomo. Gesù Cristo, è diffuso nel cuore dei credenti dallo Spirito Santo. Amore che non è dottrina sull’amore: ma, come si è detto, storia personale di Gesù che diventa amore narrato, perché vissuto fino a morirne in nostro favore. E’ questo amore, dunque, che va creduto, credendo i fatti e le parole con cui Cristo l’ha realizzato definitivamente nella e con la Sua vita. Amore “pasquale” che raccoglie i “suoi” e li “invia” come sua famiglia e sua Chiesa a servire gli uomini tutti. Senza questa verità non si dà Vangelo, né salvezza e la carità di Dio si declassa in filantropia sociale. Per questo si è sempre sottolineata la importanza e la necessità della “prudenza” nel fare ecumenismo, prudenza voluta non dall’ecumenismo, in quanto tale, ma dalla indifferenza nei confronti della verità, che molto spesso è coincisa con l’ignoranza dei cristiani. L’unico modo per “uscirne” non è stato, allora, confinare l’ecumenismo nell’interesse di alcuni “dottori” specialisti ed “esperti”, solo a livello accademico di studio e di ricerca scientifica presso l’Istituto di Teologia Ecumenica “S. Nicola”, ma passare anche di parrocchia in parrocchia, perché le comunità cristiane si impegnassero a conoscere e a coltivare l’ansia ecumenica, fedele alla verità della Chiesa Cattolica, sapendo che essa tende a quella pienezza con la quale il Signore vuole che cresca il suo corpo nel corso dei secoli (cfr Id.,1).

 

Sac. Angelo Romita

Direttore Diocesano Ufficio per l’Ecumenico

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