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Cristiani preparati (ma non a suon di slogan)

Le professioni stanno riscoprendo il tema della formazione. E gli operatori pastorali? Una sfida che nel decennio dell'educare forse varrebbe la pena di rilanciare

assemblea-COMUNISTA.jpgDopo due anni di confronti, pronunciamenti, timori, passi avanti e marce indietro, da qualche settimana la riforma degli ordini professionali è realtà. Niente di rivoluzionario, stando agli osservatori. I più ottimisti lo vedono come un primo passo verso una vera liberalizzazione. Di fatto gli ordini rimangono oggi enti bloccati nel bel mezzo del guado della burocrazia, però questa riforma - su cui il ministro Severino, se non altro, ha messo la parola fine - contiene una parolina magica: formazione.

Pare che su questo concetto i dirigenti degli ordini professionali fossero tutti d'accordo dapprincipio. Bene, staremo a vedere come faranno fruttare questo talento, visto che la formazione per tutti gli iscritti rimane un compito dell'ordine.

La cura per la formazione degli operatori pastorali, degli educatori e responsabili non è invece una novità nella vita della chiesa. La domanda è: qual è il suo stato di salute? E soprattutto di quale formazione abbiamo bisogno oggi?

Il più delle volte pare che ad accompagnare la parola formazione ci sia una sensazione di fatica, peggio, di stanchezza. Perché formare e formarsi richiede applicazione e serietà, atteggiamenti che, nella nostra società, rischiano di venire disinnescati non appena finisce il tempo del lavoro o dello studio. Andando ancor più alla radice, fare formazione, specialmente se in modo integrale e a tutte le età, significa avere forti motivazioni: coltivarle non è un gioco da ragazzi. Eppure se c'è uno strumento formidabile che i cristiani hanno oggi per crescere e rendere conto della loro fede è proprio la formazione.

Rendere conto della propria fede, appunto, ecco l'obiettivo principale di una formazione a misura di laico. Adolescenti e giovani lo dicono spesso: di fronte a chi non crede, di fronte a chi è molto critico su una Chiesa che sta attraversando una delle crisi di credibilità più difficili della sua storia, ciò che manca sono gli argomenti. Argomenti per spiegare che una fede non è mai completamente esaurita da un'istituzione (che pure è indispensabile), argomenti per testimoniare che vita di fede è seguire una persona (Gesù prima che il papa) e non obbedire proni a una serie di regole. D'altra parte è evidente: la proprietà di linguaggio, con l'innalzarsi del livello della cultura, si fa spiccata fin dalla scuola dell'obbligo e l'uso dei social media, per i più giovani, non è certo un problema. Però mancano gli argomenti...

Rendere conto della propria fede significa testimoniare. La testimonianza interpella immediatamente gli strati più profondi dell'identità personale. Una formazione fatta di concetti allora non basta, una cristianesimo raccontato per slogan non serve. Occorrono esempi, testimoni per dirlo con Paolo VI, capaci di mostrare incarnata la bellezza di una vita secondo il vangelo.

Gli educatori e i formatori oggi sono figure chiave all'interno della Chiesa, chiamati a mettersi in gioco personalmente ogni giorno, per se stessi e per le persone che accompagnano. Le esperienze di molti di loro e dei loro gruppi dimostrano, tra l'altro, che si può fare formazione in maniera efficace e gioiosa. Determinante diventa però partire dalla realtà delle persone che si hanno di fronte (ragazzi, giovani o adulti) avendo anche il coraggio, quando serve, di accantonare programmi o sussidi che dapprincipio sembravano adatti allo scopo. I formatori e gli educatori che riescono a portare nuova luce nelle aule a volte grigie dei nostri oratori e centri parrocchiali sono persone che hanno compreso l'importanza di suscitare domande, anche sulla fede, e hanno vinto la fretta preoccupata di fornire risposte, peggio se preconfezionate.

Con un decreto quest'estate la formazione è entrata (finalmente) nella deontologia dei professionisti italiani. Un'occasione, nel decennio dedicato all'educazione, per rilanciarla anche nella Chiesa.

Luca Bortoli

© www.vinonuovo.it, 6 settembre 2012

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