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Dalla salute alla salvezza. La Grazia speciale dei Sacramenti di Guarigione

Relazione tenuta da don Armando Aufiero, dei Silenziosi Operai della Croce, all’incontro diocesano per i Ministri Straordinari della santa Comunione in preparazione alla celebrazione della XX Giornata mondiale del malato. Bari, Aula Magna "Attilo Alto" del Politecnico, sabato 28 gennaio, ore 16.30

Lebbroso3.jpgLa Giornata Mondiale del Malato è un modo per ridire la vicinanza, l’affetto e la sollecitudine della comunità cristiana a tutti i malati, che si trovano nei luoghi di cura o sono accuditi nelle famiglie. La Chiesa è comunità sanante anche attraverso il servizio attento, la competenza professionale e la testimonianza evangelica di quanti operano nel mondo della salute: medici, operatori socio-sanitari, volontari, ministri straordinari della Comunione, associazioni e movimenti ecclesiali. Una parola di ringraziamento la diciamo anche per i sacerdoti, che con la loro disponibilità ad accogliere e visitare, sostengono ed incoraggiano continuamente tutti, sofferenti e operatori, a trovare un’àncora sicura nelle fede, alimentata dall’ascolto della Parola di Dio, dalla preghiera personale e  dai sacramenti di guarigione.

Il tema è affascinante: “Alzati e va’, la tua fede ti ha salvato”. Sono le parole che Gesù ripete all’unico lebbroso, dei dieci guariti, che è tornato per ringraziarlo. Sono parole che ci dicono che chi crede nel Signore, non è mai solo! Il tema affronta, così, uno dei problemi e delle esigenze particolarmente sentite da tutti coloro che operano nel mondo della salute: il rapporto tra una buona salute fisica ed una buona vita spirituale.

 

Il Vangelo e “voglia di vita”: la questione antropologica

Il brano del Vangelo scelto per questa Giornata Mondiale (cfr. Lc 17,11-19) ci dice come il lebbroso, non solo guarito ma anche salvato, con la fede ritrova la perduta voglia di vita.

Nell’Israele antico il lebbroso era l’emarginato per eccellenza, colpito da una malattia avvertita non solo come ripugnante, ma anche – così purtroppo si pensava – strettamente connessa al castigo di Dio per i suoi peccati (cf. Nm 12,14); per questo egli viveva fuori dalle città, in luoghi deserti, in una solitudine disperata (cf. Lv 13,45-46). Ecco perché questi malati non osano neppure avvicinarsi a Gesù, ma di lontano lo implorano: «Gesù maestro, abbi pietà di noi!», confidando nella sua compassione. Contrariamente alla mentalità diffusa del suo tempo, mentalità che aveva qualche radice nella stessa legislazione del Levitico, Gesù (Lc 17,11-19) non considera il lebbroso come un maledetto, come un impuro: il lebbroso è amato da Dio ed è raggiunto dalla sua salvezza. È già un primo insegnamento. Ma subito un secondo: i lebbrosi sono inviati dai sacerdoti prima ancora di essere guariti: «Appena li vide Gesù disse: andate a presentarvi ai sacerdoti. E mentre essi andavano, furono sanati» (v. 14).

Con questo l'evangelista vuole indubbiamente sottolineare la fede e l'abbandono fiducioso di quei lebbrosi: ubbidiscono prima di vedere, prima di constatare. La guarigione si direbbe conseguenza di questa totale fiducia. È un insegnamento importante: l'azione di Dio richiede sempre un ambiente di fiducioso abbandono. Neppure questo, però, è l'insegnamento che a Luca preme maggiormente. Il movimento del racconto mette fortemente in luce un altro particolare: dieci furono guariti, ma uno solo tornò a ringraziare, ed era uno straniero, un samaritano. Questo è il punto che Luca vuole porre in evidenza: un samaritano fa sfigurare i giudei. Non è l'unica volta che Luca sottolinea tale motivo: una prima volta Gesù si meravigliò della fede di un pagano, una fede che, invano, si sarebbe cercata in Israele (Lc 7,9); una seconda volta Gesù presentò un samaritano come un modello di carità, che sa preoccuparsi di un ferito sconosciuto (Lc 10,30).

 

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don Armando Aufiero,

Silenziosi Operai della Croce

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