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"Dalle ferite nasce e rinasce la speranza"

Testimonianza di don Evan Ninivaggi, cappellano presso il carcere minorile "Fornelli" di Bari

Sono sacerdote da 15 anni, cappellano presso il carcere Minorile “Fornelli” di Bari dal 1 Maggio 2017. Pervaso da mille domande e da sfide sempre più impegnative, giorno dopo giorno sto imparando a valorizzare l’esperienza del carcere nelle sue dinamiche più profonde, senza pretendere nulla, sapendo di non incontrare spazi vuoti, ma giovani vite vulnerate, umanità lacerate, vissuti da ascoltare, ferite bisognose di essere accolte, accompagnate da una parola amica e da uno sguardo di compassione e di tenerezza. Anche nei momenti liberi pensi e ripensi a loro.

Quando la vita va in mille pezzi pensi che occorre tanta pazienza per recuperare ciò che si è perso, e rimettere in piedi ciò che si è distrutto. Dietrich Bonhoeffer diceva: “Dio ama ciò che è spezzato; quando gli uomini dicono “perduto”, Egli dice “trovato” quando dicono “condannato” Egli dice “salvato”.

Il carcere, indubbia periferia esistenziale, da molti ritenuto discarica sociale, terra di maledetti e luogo emarginante, è diventato per me in questi anni spazio umano fecondo e generativo dove le ferite inferte e ricevute, si lasciano attraversare dalla luce della speranza; laboratorio di umanità, cantiere di vita dove attivare processi di cambiamento e far ripartire vite bloccate ai nastri di partenza. Ho toccato con mano che le storie più oscure contengono germogli di resurrezione, semi di vita e di rinascita. Stando con loro, mettendomi in ascolto delle loro vite graffiate, ho compreso che noi Chiesa abbiamo una missione profetica che non possiamo tradire: diventare prossimi senza giudizio e condanna. Le ferite non vanno inasprite ma curate; dalle ferite nasce e rinasce la speranza. Nessuno è perfetto, tutti possiamo sbagliare e non esistono ragazzi buoni o cattivi, ma solo persone che nella loro vita non hanno mai incontrato la possibilità di conoscere il bene. Il carcere è luogo teologico: nell’inquietudine di questi giovani, scavati dal malessere ho intuito che le insicurezze si curano con le carezze e che sentirsi amati veramente per quello che si è, porta a cambiare vita. La Parola del Vangelo si deve incarnare nei tessuti sgranati della vita, solo così potrà risplendere, generare vita, portare liberazione.

La Chiesa in carcere la sento viva e giovane ogni volta che incontro un ragazzo che mi chiede aiuto, mi rappresenta un bisogno, mi consegna le sue solitudini e le sue piccole e grandi tragedie. Umanizzare le carceri e le pene, creare sensibilità, formare le coscienze e le comunità al perdono, per sviluppare la cultura del dono, la grammatica dell’amore e l’alfabeto della solidarietà, diventi il nostro obiettivo e la sfida coraggiosa. Siamo storie con mille dettagli, fragili e bellissimi tra i nostri sbagli.

Nella cappella del nostro istituto penale insieme ai volontari valorizziamo i tempi e gli spazi che ci sono concessi avviando percorsi di catechesi e di formazione alla vita cristiana e ai sacramenti come occasione per incontrarsi con Cristo.

Quest’anno, in collaborazione con i cappellani che prestano servizio alla Casa Circondariale abbiamo chiesto ad alcuni adulti e ragazzi ristretti di aiutarci a scrivere una preghiera per Natale. Questa preghiera abbiamo voluto consegnarla al nostro Arcivescovo Giuseppe; tra le pieghe di questa preghiera scorrono volti, storie, lacrime, fatiche, sogni e speranze che si raccontano e parlano senza far rumore.

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Il carcere ha cambiato il mio cuore, mi sta insegnando ad essere prete ogni giorno: uomo e strumento di misericordia per tutti.

 

don Evan Ninivaggi

Cappellano presso il carcere minorile "Fornelli" di Bari