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Dossier. Giovanni XXIII, la Chiesa tra la gente

Il 3 giugno 1963 moriva Angelo Roncalli. Visse di Vangelo. Convocò il Concilio Vaticano II. La sua eredità continua in papa Francesco.

1. Nella terra natale, il grazie dei semplici

 

Le memorie stanno lì in un fazzoletto di terra ai piedi del Monte Canto. Adesso sono  cinquant’anni che lui è morto, gli occhi che si spegnevano su un piccolo crocifisso di avorio, che aveva voluto ai piedi del letto nella stanza del Palazzo apostolico in Vaticano. Sotto il Monte è un pugno di case e di chiese, tra collina e pianura, che degrada verso l’Adda, memorie di un santo e di un Papa audace. Sotto il Monte è il contrappunto della fede e dei gesti, delle parole e dei ricordi di Giovanni XXIII, Angelo Roncalli. Giovanni Paolo II, quando venne qui il 26 aprile 1981, disse: «Sembra di vederlo per queste strade, per questi colli, tra queste case, il suo caro nido di Sotto il Monte».

Adesso che la Chiesa e il mondo ricordano il Papa del Concilio, Sotto il Monte diventa anche un “progetto”, archetipo futuro di un pellegrinaggio alle fonti della fede di un uomo che ha segnato la storia del Novecento e ha rinvigorito le radici della Chiesa. Sotto Il Monte è il santuario del Concilio. Lo dice sottovoce don Claudio Dolcini, parroco di un Papa e del suo territorio: «Qui assistevamo a una sorta di randagismo religioso, visita turistica senza memoria, passaggi veloci dalla casa natale di Roncalli, uno sguardo alla parrocchiale, un’occhiata alla chiesa dove venne battezzato, un paio di santini, una candela». Hanno calcolato la media di permanenza dei pellegrini: tre quarti d’ora. Troppo poco per conoscere l’uomo e la sua gente, la terra dove per 33 anni Angelo Roncalli tornava d’estate, fino al 1958, vigilia della sua elezione a Sommo Pontefice. Lui questa terra l’amava, s’aggrappava agli affetti, ai valori, alle tradizioni. Più volte l’evocava in Vaticano quando riceveva i pellegrini bergamaschi. Don Claudio narra la storia di un’idea, elaborata con il vescovo di Bergamo, monsignor Francesco Beschi, che intreccia la memoria dei luoghi e la devozione con la portata di un pontificato che ha illuminato un orizzonte nuovo per la Chiesa e il mondo.

Sotto il Monte squaderna virtù e parole, mostra la fede semplice e possente di Roncalli, oltre l’oleografia del quadretto del Papa Buono. Nella nuova Casa del pellegrino, inaugurata da pochi mesi, cuore delle celebrazioni dei 50 anni dalla morte, il progetto messo a punto dalla diocesi di Bergamo con l’associazione locale e l’amministrazione comunale, pone subito all’attenzione dei pellegrini il bagaglio enorme di equilibrio, prudenza, pazienza e insieme di audacia di papa Giovanni, accanto alle sue opere, i suoi scritti e i tanti libri che raccontano il Concilio.


Sono le parole del Giornale dell’Anima e quelle del Concilio le lampade dei pellegrini. La chiesa parrocchiale ha vicende complicate per via della terra che scivola verso la pianura e calcoli non troppo perfetti circa la sua staticità. La consacrò Roncalli nel 1929, quando era visitatore apostolico in Bulgaria. Poi cadde la calotta e restò chiusa per molti anni. Era sbarrata anche quando venne eletto al soglio di Pietro. Fu il Governo italiano a porsi il problema e arrivò il Genio civile che la mise in sicurezza. Roncalli nel 1960 donò l’altare maggiore e poi un quadro di san Giuseppe che acquistò a Istanbul nel 1938. Accanto alla chiesa ne è stata costruita un’altra negli anni ‘70, chiamata cappella della Regina della Pace. C’è qualche ricordo di papa Giovanni, una talare bianca, un paio di scarpe e un canestro colmo di preghiere e di suppliche.

Ma se il Concilio è uno degli orizzonti del pellegrinaggio a Sotto il Monte, scendendo nella cripta si scopre tutto il resto,che è poi solo un crocifisso. C’è il motto del suo pontificato: Oboedientia et pax. Ma quel crocifisso rapisce ogni sguardo,nudo d’avorio, un fascio di luce potente che trafora il buio, quello che aveva davanti al letto il giorno della morte e che lo ha sempre accompagnato. Il 31 maggio1963 Roncalli scriveva: «Nelle mie conversazioni notturne ho sempre avuto davanti a me questo Gesù crocifisso,con le braccia aperte per ricevere tutti». Accanto, nella teca di cristallo che aveva accolto il corpo del Papa fino a quando venne traslato dalle grotte vaticane nella basilica di San Pietro, c’è il calco del volto e della mano eseguito da Giacomo Manzù appena dopo la morte.Osserva don Claudio: «È l’obbedienza al Crocefisso, all’uomo che si assume su di sé le sofferenze dell’umanità, il cuore della spiritualità giovannea».

La cripta la descrive con semplicità assoluta, luogo di meditazione ancorata ad altre parole di papa Giovanni, lasciate alle riflessione del pellegrino: «Vengo dall’umiltà e fui educato a una povertà concreta e benedetta». Adesso bisogna scendere la collina, due passi fino alla chiesa di Santa Maria Assunta di Brusicco, la chiesa del battesimo del piccolo Angelo Roncalli. Figlio di Giovanni Battista Roncalli e Marianna Giulia Mazzola, primo maschio dopo tre bambine a cui seguirono altri nove figli, fu battezzato la sera del 25novembre 1881 da don Francesco Rebuzzini,il sacerdote che ebbe un ruolo fondamentale nella sua educazione.

La chiesa è del 1450. Qui Roncalli ha ricevuto la prima Comunione e ha celebratola prima Messa il 15 agosto 1904. C’è una signora che prega in ginocchio.Viene tutti i giorni verso mezzogiorno.Il 16 maggio ha festeggiato 54 anni di matrimonio, nozze benedette da papa Giovanni in Vaticano. Maria Galimberti ha sposato Flaviano Roncalli, figlio di un fratello del Papa. Nella casa natale davanti alla chiesa c’è una foto dei Roncalli. Erano originari di Roncaglia, frazione della Valle Imagna, due passi oltre le colline,in faccia al Resegone. In una stanza,ora museo, c’è l’albero genealogico.Gente povera, timorata di Dio, bocche da sfamare schiantando le schiene nei campi. Il 4 dicembre 1900 il sindaco di Sotto il Monte certifica “la miserabilità”del capofamiglia: «Non tiene possidenze, né capitali fruttiferi, né altri redditi lucrativi». Coltivavano cinque ettari di terra proprietà dei conti Moriani. Il papà ripeteva ai figli: «Il Signore è grande e buono,innanzi a noi ci sono i campi, in alto il bel sole, dentro c’è la grazia di Dio».

Ora la casa natale fa parte di un grande complesso che Roncalli volle affidato al Pime, il Pontificio istituto missioni estere, che conobbe e amò quando,tra il 1921 e il 1925, fu destinato a direttore per l’Italia dell’Opera della propagazione della fede. Voleva che a Sotto il Monte le missioni fossero visibili.Dalla casa natale una strada stretta sale verso la chiesina della Madonna delle Canève, Madonna delle Cantine per via dei vigneti attorno. Era la passeggiata di Roncalli, meno di un chilometro, il tempo di un rosario. Pina Chiappa se lo ricorda, il cardinale, che d’estate tornava parroco: «Celebrava la Messa e si fermava a colazione, caffè, latte e biscotti».

Era giovane, ricorda Pina, un velo di tristezza negli occhi. In questa piccola chiesa nel 1958 celebrò l’ultima Messa a Sotto il Monte. Era patriarca a Venezia. Da lì a due mesi sarebbe diventato Papa.Roncalli amava soprattutto due santuari della sua terra. La piccola chiesa di Canève e la grotta di Cornabusa, “rocca bucata”, santuario mariano spettacolare in Valle Imagna. Ci salì a piedi quell’estate del 1958. C’è una foto che lo ritrae sudato in ginocchio davanti alla piccola statua di legno salvata dalla gente della valle, che si rifugiava nella grotta durante i conflitti tra guelfi e ghibellini,Papa e imperatore, intorno al1300, lotta sanguinosa nelle valli del Bergamasco. Una pastorella sordomuta ritrova la statua tempo dopo, prega e vede sgorgare dell’acqua con la quale si bagna il volto e torna a parlare.

È una storia bella e misteriosa quella della Madonna della Cornabusa, fede popolare e grazie per gente poverissima costretta a emigrare, che affascina Roncalli e si innesta nella spiritualità giovannea: fede, sofferenza, umiliazioni,ma anche riscatto. Nel cinquantesimo di ordinazione, 1954, Roncalli sale alla Cornabusa e per cinque giorni prega davanti alla piccola statua di legno.La sua stanzetta è ancora lì, intatta come allora. Don Alessandro Locatelli,parroco di Valle Imagna e rettore del santuario, si è rimesso a studiare le carte,gli ex voto, le storie dei pellegrini edella gente della valle. Osserva: «La grotta è stata rifugio dalla violenza, ha protettola vita, ha costruito la pace. Ci sono tutti i temi giovannei dall’adesione a Dio al mutuo rispetto, all’inviolabilità della persona, alla solidarietà». Cornabusa è il sigillo di Sotto il Monte.

Alberto Bobbio

 

2. Salvò molti ebrei dall'Olocausto

 

Il dossier è pronto e da due anni è all’esame degli storici dello Yad Vashem, il museo dell’Olocausto di Gerusalemme. Forse Giovanni XXIII potrà essere proclamato “Giusto delle nazioni” entro poco tempo. Sarebbe il primo Papa.
Il dossier è stato preparato dalla Fondazione Raoul Wallenberg, fondata da Baruch Tannembaum, che tra i suoi membri annovera anche Jorge Bergoglio, papa Francesco, curatore e conservatore del Murales commemorativo delle vittime dell’Olocausto, ospitato nella cattedrale cattolica di Buenos Aires.
Due anni fa la Fondazione ha presentato agli storici dello Yad Vashem i documenti e le prove del salvataggio di molti ebrei da parte di Roncalli quando era delegato apostolico del Vaticano ad Istanbul.
Nel dossier ci sono le prove che i “certificati di immigrazione” in Palestina erano stati portati ad Istanbul tramite il corriere diplomatico vaticano. Questo certificati hanno permesso a molti ebrei di emigrare e non essere catturati dai nazisti per essere avviati nei campi di concentramento in Germania. Roncalli intervenne personalmente a favore degli ebrei slovacchi e bulgari. Baruch Tanembaum, in un articolo sulla Jerusalem Post nell’aprile scorso, nel quale sollecitava la nomina di Papa Giovanni a Giusto delle nazioni, spiegò che se avesse fatto questo, come ha fatto, “in ebraico si direbbe dayenu, cioè sarebbe bastato”.

La Fondazione ha premiato quest’anno con una medaglia il segretario personale di papa Roncalli, monsignor Loris Capovilla, in segno di riconoscimento per le azioni svolte da Roncalli quando era in Turchia. In Israele la memoria di Giovanni XXIII è stata al centro di un seminario di studio qualche settimana fa, organizzato insieme alla Fondazione Adenauer.
In quella occasione Capovilla ha inviato un a lettera al Fondatore della Fondazione Wallenberg nella quale ricorda l’opera di Roncalli “negli anni cruciali delle persecuzioni naziste, nella sua funzione di delegato pontificio in Turchia, tra il 1935 e il 1944”: “Si prodigò con impegno per l’assistenza e lo smistamento degli ebrei verso terre ospitali”. Capovilla in particolare ricorda un episodio per il quale il Gran rabbino di Gerusalemme si recò a Istanbul a rendere omaggio al Delegato apostolico: “L’aver salvato l’equipaggio di una nave, con a bordo molti bambini e adulti, che venne dirottata verso un porto di sicura salvezza, grazie all’interventi diretto del delegato apostolico, evitando così morte quasi certa in uno dei campi di sterminio dei nazisti”.

Alberto Bobbio

 

3. Loris Capovilla: «Da Giovanni a Francesco»

 

Ca’ Maitino è la casa del Papa. Stava nel cuore e negli occhi di Giovanni XXIII e qui sognava di ritirarsi dopo 32 anni di servizio alla Santa Sede, se nel Conclave del 1958 non lo avessero eletto al soglio di Pietro. È una casa antica, carica di memoria. Martino Roncalli (da cui Ca’ Maitino, Casa di Martino) intorno al 1450 scese dalla Valle Imagna e la costruì. Gli ultimi proprietari la affittarono a monsignor Roncalli come dimora estiva. Oggi vi abita monsignor Loris Capovilla, il segretario di Giovanni XXIII, e la casa è stata trasformata in museo con ricordi di Roncalli, fotografie e regali che ha avuto nel corso del pontificato. Qui nel suo studio, dove su un grande tavolo lavora ancora a 98 anni, monsignor Capovilla la sera del lunedì dell’Angelo ha ricevuto la telefonata di papa Francesco: «Ho pensato a uno scherzo. Nessun filtro tipo “è il Vaticano,le passo il Santo Padre”.  No, solo “pronto,sono papa Francesco”. Io gli avevo fatto avere in Vaticano un mio piccolo scritto per le celebrazioni dei 50 anni dalla morte di Roncalli. E in calce c’era il mio numero di telefono».

Capovilla spiega:«Non mi aspettavo di vedere che alcune intuizioni di Giovanni XXIII fossero riprese da papa Francesco. Non chiede a uno se è cattolico, insiste sul fatto che si è tutti uomini, ascolta e offre amicizia». E aggiunge: «Sono convinto che vedremo cose nuove, veramente nuove per la Chiesa». Tra le intuizioni c’è quella della collegialità: «Non è uno scherzo e papa Francesco ha dato dimostrazione di prenderla sul serio, con la nomina dei suoi otto cardinali consultori, proprio come fece Roncalli convocando il Concilio. La collegialità non è una storiella da raccontare ai ragazzi in seminario. La Commissione dei cardinali dovrà studiare un nuovo orizzonte anche per la Curia, ma sempre al servizio della Chiesa. E infine la Chiesa dei poveri. Ho sentito in questi mesi le stesse parole di Roncalli e vedo che qualche ecclesiastico manifesta già segni di sofferenza,invitando a evitare la demagogia nella descrizione degli atteggiamenti del Papa. Macché demagogia! È il Vangelo, signori, Vangelo e basta. Dunque o siamo leali con il Vangelo, oppure abbiamo finito di predicare».

Monsignor Capovilla è il custode dei ricordi, ma soprattutto è il vescovo chenon smette di sottolineare che l’icona del“Papa Buono” affibbiata a Giovanni XXIII è riduttiva e un po’ tradisce la persona e il suo messaggio.

Alberto Bobbio

 

© Famiglia Cristiana, 3 giugno 2013

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