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Dossier. Caro energia, la paghiamo due volte

L'Italia è il Paese europeo con i costi più alti. I cittadini si lamentano e danno la colpa al rincaro del petrolio. Ma i consumi aumentano e le "rinnovabili" sono lontane.

1 Nel 2011 si sono spesi 6 miliardi in bollette

 

93069149_2807011.jpgIl costo dell’energia elettrica in Italia è tra i più alti in Europa con un differenziale del 30% rispetto agli altri principali Paesi. Nel 2011 si sono spesi 6 miliardi in bollette e tra aprile e maggio i rincari sono del 9,8%. I cittadini si lamentano e Confindustria avverte che le nuove accise sul settore energetico metteranno in seria difficoltà il settore manifatturiero. Si dà la colpa al rincaro del petrolio, ma a ben guardare non è tanto il prezzo dell'oro nero a far lievitare i conti ma gli aggravi che paghiamo per sostenere gli incentivi per gli impianti fotovoltaici che dovrebbero rappresentare l’alternativa energetica. In sostanza, paghiamo due volte: l'energia vecchio tipo e l'energia del futuro. Il tutto in una situazione che Diego Gavagnin, direttore di Quotidiano Energia, definisce di “disordine energetico”.

Il disordine sta nel fatto che gli incentivi per incoraggiare l'adozione di pannelli solari e soprattutto di sistemi fotovoltaici sono lievitati negli ultimi anni senza nessun freno. Tanto che nelle prossime settimane ci si aspetta una drastica riduzione decisa da decreti ministeriali in materia. Potrebbe significare che se il cittadino che paga da tempo in bolletta la sua “tassa” per investire nell'energia del sole dovesse nei prossimi mesi decidere di comprare pannelli solari potrebbe pagare ben più salate le stesse strutture che qualcuno ha pagato molto meno nei mesi scorsi. In definitiva, dopo aver dato la sua quota per sostenere gli incentivi, qualcuno non ne beneficerà. E questo perché, senza nessuna regolamentazione, la politica ha votato misure esagerate. In pratica: o tutto o niente. E' la prima incongruenza. Un'altra sta nel fatto che non sono state altrettanto incoraggiate altre energie rinnovabili. Si definiscono così le fonti di energia che si distinguono da quelle fossili per il fatto che non si esauriscono e non inquinano come appunto carbone e petrolio. Gli impianti fotovoltaici servono a ricavare energia elettrica in pratica direttamente dal sole. I pannelli solari, simili nella concezione, ricavano calore che scalda acqua calda, utile nella gestione domestica. Ma oltre a quella solare, ci sono altre fonti di energia: quella idroelettrica, quella eolica, quella marina, quella geotermica. Nessuna di queste ha ricevuto tanto impulso come i sistemi fotovoltaici. Viene da pensare che forse non erano rappresentate da lobby altrettanto forti.

Ma il punto è che il previsto dietrofront metterà in crisi proprio il settore che più ha favorito: si prevedono ricadute negative sull'occupazione per i tagli agli incentivi. Lo teme Diego Gavagnin e conferma i timori anche Vincenzo Ferrara, dirigente dell'ENEA e consulente del Ministero dell'Ambiente. Ferrara sottolinea anche che il settore non è stato bene accompagnato perché si è trattato di sistemi venduti e istallati in Italia ma prodotti altrove, soprattutto in Cina. Il disordine, a suo avviso, sta anche nel fatto che il boom di vendite non ha permesso i tempi per sani investimenti da parte di ditte italiane. Ferrara non ha dubbi: “L'Italia, che attualmente dipende per oltre l’80% del fabbisogno da energia acquistata all’estero, può arrivare alla indipendenza energetica ma deve saper investire davvero nel futuro, senza disordini”. C’è da dire che guardando all’MIT ci si sente già nel futuro. Donald Robert Sadoway del Massachussetts Institute of Technology spiega che il mitico istituto di Boston ha messo a punto pannelli solari a 3D: l'energia prodotta sale fino a 20 volte rispetto ai classici pannelli piatti.

 

2 Si può risparmiare l’80% delle risorse tagliando gli sprechi

 

mordant_2807020.jpgL'Unione Europea chiede da tempo un programma organico e equilibrato tra i diversi fattori che incidono in tema di energia e ora denuncia sprechi notevoli. Bruxelles ha lanciato tempo fa il programma che si chiama “20.20.20” chiedendo che entro il 2020 si aumentino le energie rinnovabili del 20% (tutte e in modo equilibrato); si riducano le emissioni di Co2 del 20% e si taglino i consumi del 20%. Ma poi in questi giorni Commissione Europea e Europarlamento hanno trovato un accordo su un ulteriore documento che chiede di fare di più per il risparmio energetico. Non si tratta di tagliare i consumi dei cittadini ma di assicurare efficienza energetica: dunque, lotta agli sprechi, che pagano i cittadini. André Mordant è il presidente del Comitato europeo socio-economico, che ha studiato il tutto, ed è anche il relatore sul documento: assicura che solo riadattando le funzionalità dei palazzi e, ad esempio sfruttando per il calore l'energia prodotta in alcuni edifici per altri scopi, si può arrivare entro il 2050 a una riduzione del consumo di energia dell'80%. Un esempio di costi: un taglio del consumo energetico in Europa solo del 20% in un anno significherebbe in concreto comprare 2,6 miliardi di barili in meno, che a loro volta significano 193 miliardi di euro risparmiati. E il conto tra l'altro parte dal prezzo di 73 euro a barile, che è già cresciuto.

Il piano di Commissione e Parlamento deve passare al vaglio del Consiglio dei capi di Stato e di governo: la partita si gioca nelle prossime settimane e c'è chi come l’europarlamentare francese Claude Turmes ammette che c'è battaglia: ci fa capire che non mancano interessi in gioco all'interno di ciascun Stato membro. Mordant spiega che “l’efficienza energetica è qualcosa su cui è difficile che si investa eppure può essere una via per uscire dalla crisi che è forte in questo momento”. “Investire nell’efficienza energetica – ribadisce – rappresenta un potenziale inesplorato che può portare non solo beneficio ambientale ma anche beneficio economico e sociale”. Mordant invita l'opinione pubblica a fare pressione: “I cittadini devono pretendere che si facciano fatti e non parole”.

 

3 Calano i consumi per la crisi ma aumenta il costo del petrolio

 

E' crisi non solo in Grecia, Irlanda, Spagna o Italia. Dell'insospettabile Francia, il responsabile dell'Ufficio europeo per l'energia nelle città, Frederic Boyer ci dice: “Nel mio Paese è stato un inverno molto freddo almeno all’inizio e alcune persone quest’anno non sono state in grado di pagare la bolletta del riscaldamento.” La crisi si fa sentire e, infatti, la riduzione dei consumi c'è stata: negli ultimi due mesi si è tagliato il consumo di energia del 10%. Nessuno però si è accorto di aver risparmiato perché, nello stesso periodo, il costo del petrolio è lievitato del 22%. L’energia al momento significa ancora sostanzialmente petrolio. Le energie rinnovabili sono la punta dell'iceberg. L'oro nero è sempre più costoso anche se da tutto l'Occidente cala la domanda. Di solito al calo di richiesta corrisponde calo di prezzo. Ma il punto è che non si deve solo ragionare di Occidente: in altri Paesi è boom di consumi e lo sarà sempre di più. Secondo dati Ocse, in generale la domanda di energia da qui al 2050 nel mondo sarà cresciuta dell'80%, con Paesi che si distinguono, come il Messico per cui la prospettiva è un aumento del 112%. Per non parlare della lanciatissima Cina.

Il petrolio non è inesauribile e soprattutto inquina: è di poche settimane fa la Conferenza intitolata Planet under pressure che ha riunito a Londra 3000 scienziati. L'allarme è ormai condiviso: le conseguenze dell'inquinamento minacciano la salute umana, la sicurezza alimentare e idrica, gli ecosistemi. D'altra parte il clima è un equilibrio energetico tra atmosfera, suolo, oceani, ghiacci e biosfera. Il parametro risulta alterato: il surriscaldamento provocherà sempre più desertificazioni e eventi estremi come uragani.

Uno degli esperti in materia, Sir Bob Watson, cattedratico britannico, ci spiega in poche parole: “Il messaggio è che dobbiamo agire ora. E’ urgente. Abbiamo a che fare con i cambiamenti climatici, la biodiversità, le questioni del cibo, acqua, energia e dunque abbiamo a che fare con la sicurezza per l’uomo”. Watson lamenta che gli esperti lo ripetono da anni: se non si interviene, il costo economico sarà enorme. E afferma: “Non c’è dicotomia tra rispetto dell’ambiente e crescita economica, anzi: mantenere un buon ambiente porta a una buona economia”. Tra i corridoi della Conferenza mondiale a Londra abbiamo ascoltato off the record la cosa che più ci colpisce: tutte le più grandi aziende mondiali studiano sempre di più la location dei loro quartier generali perché per i loro cervelli migliori serve aria buona, non inquinata. Anche questo fa pensare, mentre il mondo parla di Green economy e prepara Kyoto 2: tutti i Paesi devono presentare le linee guida entro il 1 maggio. E si dà appuntamento a giugno per Rio+20, la Conferenza globale sulla salute dell'ambiente a 20 anni dal primo Vertice sulla Terra nella stessa città brasiliana. L'obiettivo è lo stesso da alcuni anni: trovare alternative alle risorse fossili, come carbone e petrolio. Resta da dire che non esiste solo l’Occidente e non esiste neanche soltanto il mondo industrializzato. C'è ancora chi è senza energia elettrica. Jason Anderson del WWF ci ricorda che 1 miliardo e 400 milioni di persone al mondo vive senza energia elettrica e che 1,1 miliardo di persone la ricevono in modo irregolare. Tra tanti programmi, dunque, dovremmo pensare anche strategie per un'equa distribuzione delle risorse. L'Onu sembra provarci: ha dichiarato il 2012 Anno per le energie sostenibili per tutti.

Fausta Speranza
 
© Famiglia Cristiana, 15 maggio 2012
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