Dossier. Sicuri sulle rotte della Rete
1. Una giornata per capire meglio
«Il 27% dei ragazzi italiani si dà appuntamento con persone conosciute in Rete. Da queste evidenze e dal nostro lavoro quotidiano con i ragazzi emerge chiaramente come sia necessario dar loro strumenti tecnici e relazionali per l'utilizzo delle nuove tecnologie». A esprimersi così è Raffaela Milano, direttore Programmi Italia-Europa di Save the children. Ne parla nell'ambito della presentazione della giornata del 7 febbraio, (Safer Internet Day), voluta dall'Unione europea per sensibilizzare adulti e ragazzi al problema della sicurezza in Rete.
Oggi la Polizia postale è più pronta che in passato a rilevare reati di pedopornografia in Rete, ma la repressione dei reati, sessuali e non, in Rete come anche fuori, funziona relativamente, se chi si espone al rischio non ha percezione del rischio medesimo. Occorre fare prevenzione. Ma come? Soprattutto prendendo coscienza dei pericoli, che non sono nella tecnologia in sé, ma nei comportamenti ora disinvolti ora autenticamente criminali degli utenti. In Italia il referente del programma è il Centro Giovani Online (www.sicurinrete.it).
Ma sono molte le persone che in Italia a titolo diverso conoscono il problema e cercano di affrontarlo informando ragazzi e genitori. Se la pedofilia è infatti, per l'opinione pubblica, la preoccupazione più diffusa. Non è certo l'unico pericolo che si possa correre in Rete e nemmeno l'unico reato che viaggia sul web. Il difficile è farsi ascoltare dai ragazzi.
2. Lo psicologo: lo schermo fa sentire forti
«Mi piace pensare con don Enzo Boschetti (fondatore della Comunità casa del giovane di Pavia con una causa di beatificazione in corso ndr.) che saranno i ragazzi a salvare i ragazzi».
A parlare è Simone Feder, educatore e psicologo, Coordinatore Area Adulti Dipendenze Cooperativa sociale Casa del Giovane di Pavia, esperto di dipendenze e di Rete come forma di dipendenza e no: «Ho sperimentato, dialogando molto con i ragazzi attraverso social network, e-mail e mezzi tecnologici in genere, che è molto difficile su quel fronte farsi ascoltare dai giovani, calando conoscenze per quanto autorevoli dall’alto. Molto meglio lavorare con loro dal basso, formando operatori-ragazzi consapevoli dei rischi che si corrono maneggiando le tecnologie – e le relazioni in genere con troppa disinvoltura – che dialogando tra loro informino gli altri. Faccio un esempio. Se mi accorgo che un ragazzo impreca nella sua bacheca di Facebook, è perfettamente inutile che io gli chieda di non farlo, difficilmente mi darà ascolto. Se però lo stesso ragazzo legge le critiche al suo comportamento nel dialogo tra due suoi amici in Rete, facilmente si mette in discussione. Perché alla base c’è sempre lo stesso problema: essere accettati dal gruppo dei pari».
Spesso i ragazzi non si rendono conto che le relazioni maneggiate in Rete con poca accortezza sono pericolose, un po’ perché sono relazioni consumate in pubblico e un po’ perché, illusi dall’anomimato che lo schermo a cristalli liquidi regala, là nascosti si convincono di domare meglio la propria fragilità, senza rendersi conto che anche lì è alto il pericolo di fare e di farsi del male: «Con la percezione di essere nascosti, di non affrontarsi direttamente, si adoperano parole e immagini in modo disinvolto. Mi capitano ragazzi che mi scrivono ammettendo che tra le relazioni virtuali nascondo le delusioni della vita reale, a volte sviluppano vere e proprie dipendenze dai social network. Alcuni vivono connessi anche la notte, talora con il beneplacito dei genitori che, male informati, vedono in quella conoscenza una ricchezza, senza preoccuparsi di eccessi che possono rivelare un disagio».
Il problema spesso è che in fatto di tecnologia si complica il dialogo tra le generazioni: «I figli sono coscienti di fare in Rete cose che i genitori non conoscono e probabilmente disapproverebbero. I genitori hanno atteggiamenti ambivalenti: passano dal timore che sfiora il rifiuto e quindi un proibizionismo ovviamente perdente, alla convinzione che tutto quello che c’è lì dentro in quanto sapere e sapere moderno sia positivo».
In realtà tutto si gioca sul filo dell’educazione: «La strada giusta secondo me è un contratto tra genitori e figli sull’utilizzo della Rete che ne regoli tempi e modi, ma sarebbe indispensabile, perché questo sia efficace, avere adulti più consapevoli di quello che si fa e si può fare in Rete nel bene e nel male, altrimenti si abdica a un ruolo educativo».
Spesso i ragazzi conoscono tecnicamente il modo con cui si adoperano gli strumenti tecnologici molto meglio degli adulti, ma non hanno l’esperienza degli adulti e capita che nella malaccortezza facciano del mezzo un uso distorto che li porta fin sul filo del codice penale: «sia perché rischiano di farsi vittima di reati, sia perché rischiano di commetterne, il più delle volte, per leggerezza: “Uno dei rischi maggiori è scoprirsi preda di adescatori interessati a carpire per ragioni diverse e quasi mai nobili informazioni riservate: si va dall’indirizzo di casa, ai dati sensibili delle carte di credito a gusti e passioni che vengono adoperati per indirizzare consumi più o meno mirati, cui i ragazzi sono notoriamente sensibili».
3. Piccola guida ai reati in Rete
La premessa su cui punta Ciro Cascone, sostituto procuratore in organico alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per minorenni di Milano, è che la Rete non sia pericolosa in sé: «i rischi», spiega, «dipendono da un uso malaccorto o distorto e colpiscono soltanto chi non prende coscienza dei pericoli che vi si possono incontrare». Proprio per questo gli abbiamo chiesto aiuto per costruire in modo più preciso una piccola guida ai reati più comuni che si possono subire o commettere, magari inconsapevolmente, on line.
La gratuità è tra i principi basilari di Internet, ma non tutto quello che si trova e si scambia in Rete è davvero gratuito: film e musica si possono scaricare senza pagare attraverso programmi chiamati p2p, ma è bene sapere che lo si fa illegalmente, perché film e musica sono protetti dal diritto d’autore. Il reato naturalmente è più grave se lo si fa a scopo di lucro.
Grooming è l’attività di adescamento di minorenni da parte di adulti. Si attua tramite un meccanismo per cui l’adulto “si prende cura” della potenziale vittima, inducendola gradualmente a fidarsi, a superare le resistenze psicologiche attraverso una forma di manipolazione.
Si chiama phishing è l’attività illegale che serve ad acquisire informazioni personali riservate (conti correnti, carte di credito) finalizzate al furto d’identità, per esempio per compiere sotto identità altrui, reati quali il riciclaggio di denaro. A proposito di furto d’identità, è saggio tener presente che non è lecito appropriarsi dell’identità altrui e che, per questo, non è saggio scegliersi come nickname in Rete il nome di un personaggio famoso.
Sniffing è l’intercettazione passiva delle informazioni che transitano in una Rete telematica: lo si può fare per scopi legittimi come risolvere problemi tecnici di comunicazione o per smascherare tentativi di intrusione ma anche con finalità illecite, per esempio allo scopo di intercettare password o altri dati sensibili.
Spamming significa invadere la posta altrui con grandi quantità di messaggi indesiderati, di solito a scopo pubblicitario e commerciale. È un’attività illegale, in contrasto con il Codice della Privacy.
Filesharing, alla lettera condivisione di file: permette di scambiare materiale tra computer. A parte il rischio, di solito consapevole, di diffondere materiale protetto dal diritto d’autore, si corre il pericolo di scaricare inconsapevolmente materiale pedopornografico indesiderato, che arriva automaticamente sul Pc, facendo correre rischi all’intestatario, tenuto conto del fatto che la cessione di materiale pedopornografico comporta pene che possono arrivare ai 5 anni di reclusione.
Senza dimenticare che ogni utente in Rete è sempre rintracciabile attraverso l’IP il numero identificativo sulla rete Internet mondiale assegnato in via esclusiva ad un computer connesso (una specie di “indirizzo stradale”).