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Domenica di Pasqua anno A. Pasqua è il parto di un orizzonte nuovo

Ciò che ci fa credere è la croce. Ma ciò in cui crediamo è la vit­toria della croce (Pascal): la vittoria sulla morte e sulla violenza.

Cristo risorto, eternamente risorgente in me e in ogni cosa, apre l'im­mensa migrazione degli uomini ver­so la vita. L'esistenza non scivola i­neluttabilmente come su di un pia­no inclinato verso la morte, ma al­l'incontrario si dirige instancabil­mente da morte a vita.

Maria di Magdala esce di casa quan­do è ancora notte, buio in cielo, buio nel cuore. Notte dell'Incarnazione, in cui il Verbo si fa carne. Notte della Ri­surrezione in cui la carne indossa l'e­ternità. Così respira la fede, da una notte all'altra. Pasqua ci invita a met­tere il nostro respiro in sintonia con quell'immenso soffio che unisce in­cessantemente l'istante e l'eterno, il visibile e l'invisibile, la nostra povertà e la ricchezza di Dio. Non ha niente tra le mani, ha soltanto la sua vita ri­sorta: da lei Gesù aveva cacciato set­te demoni, cioè la totalità del male. E una attesa ardente, come la sposa del Cantico: lungo la notte cerco l'amato del mio cuore.

Maria si ribella all'assenza di Gesù: «amare è dire: tu non morirai!» (Ga­briel Marcel). Non a caso chi si reca alla tomba in quell'alba è chi ha avu­to più forte esperienza dell'amore di Gesù: le donne, Maddalena, il disce­polo amato. E vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Il sepolcro è spalancato, vuoto e risplendente nel fresco dell'alba, aperto come il gu­scio di un seme. E fuori è primavera. Qualcosa si muove in Maria: un'an­sia, un fremito, un'urgenza che cambiano di colpo il ritmo del racconto.

Corse allora... Può correre ora per­ché sta nascendo il giorno, deve cor­rere perché è il parto di un universo nuovo, le doglie della vita. Il mondo è un immenso pianto (Dio naviga in un fiume di lacrime, scrive Turoldo) ma a Pasqua diventa un immenso parto. Di vita, di futuro, di speranza, di nuovi orizzonti, di lacrime asciugate.

Corre da Pietro e dal discepolo ama­to: «correvano insieme tutti e due...». Perché tutti corrono nel mattino di Pasqua? Corrono, sospinti da un cuo­re in tumulto, perché l'amore ha sem­pre fretta, non sopporta indugi, la vi­ta ha fretta di rotolare via i macigni che la bloccano. Chi ama è sempre in ritardo sulla fame di abbracci.

L'altro discepolo, quello che Gesù a­mava, corse più veloce. Giovanni ar­riva per primo al sepolcro, arriva per primo a capire il significato della ri­surrezione, e a credere in essa. Chi a­ma o è amato capisce di più, capisce prima, capisce più a fondo. Il disce­polo amato ha intelletto d'amore (Dante), ha l'intelligenza del cuore. Intuisce che un amore come quello di Gesù non può essere annullato dalla morte, che tutto ciò che anche noi vivremo e faremo nell'amore non andrà perduto, non sarà vinto da nul­la.

Ermes Ronchi

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Per approfondimenti: www.musicasacra-bari.it

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