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VI Domenica di Pasqua anno A. "Io pregherò il Padre, ed egli vi darà un altro Paraclito"

Lo Spirito è la sorgente della nostra vita spirituale, è l'inizio del percorso, il mezzo, e anche la fine, ci giuda, ci accompagna, ci corona. Lo Spirito ci fa vivere la vita stessa di Gesù, scegliendo e desiderando per noi quel che Gesù per se ha scelto e desiderato

"Io pregherò il Padre, ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce". In realtà, il termine "paraclito" non esiste nella nostra lingua: è la traslitterazione in lettere latine della medesima parola greca, che significa un mestiere molto comune anche oggi, cioè l'avvocato. Lo Spirito fa l'avvocato, come Gesù stesso, l'altro Paraclito, è un avvocato, il nostro avvocato presso il Padre, il buon Pontefice che intercede incessantemente per noi. Ma se è chiaro perché Gesù può essere chiamato il nostro avvocato, ci si potrebbe domandare: in che senso lo Spirito è avvocato, fa l'avvocato?

Lo Spirito fa l'avvocato nel senso che difende la causa di Gesù di fronte ai suoi accusatori, quelle voci che lo accusano di menzogna, cioè di non essere quel che Lui dice di essere, la via, la verità e la vita, la luce che è venuta nel mondo, l'immagine del Padre. Nella storia grande, quella cioè che sta sui libri, troviamo tanti che hanno negato Gesù, la sua testimonianza, lo hanno sbugiardato e accusato di menzogna: nel vocabolario giovanneo, tutti questi sono "il mondo", quel mondo appunto che non può ricevere lo Spirito. Non si tratta solo di intellettuali o di accademici: la negazione di Gesù, il suo rinnegamento, prende moltissime forme, da quella più scientifica e asettica a quella più sanguigna e violenta delle persecuzioni, da quella sazia e disperata dell'edonismo consumista a quella grigia e subdola dei senza Dio contemporanei: infatti non esiste solo la storia grande, ma anche quella piccola, quella di tutti noi, uomini più o meno comuni, figli del nostro tempo. Se ci pensiamo bene poi, in fondo, anche ogni credente deve fare i conti con uno spirito del mondo che bussa alla sua porta, e che lo tenta, a volte quasi senza accorgersi, di rinnegare Gesù, o almeno di metterlo tra parentesi, vivendo una vita praticamente priva di Lui.

Così lo Spirito è come una voce che, in questa specie di tribunale interiore, in questo dibattito che attraversa la coscienza di ognuno, perora, difende, la causa di Gesù, ci ricorda la sua Parola, la rende a noi presente, ci sollecita ad aderirvi, spiana le difficoltà. E' Lui colui che ci spinge alla fede, alla speranza, all'amore; è Lui che apre i cuori all'osservanza dei comandamenti, cioè ad agire nella giustizia e nella verità, anche se non conosciamo Gesù esplicitamente: Lui infatti è la giustizia di tutti i giusti, l'autore di ogni onestà, bontà e benevolenza degli uomini tra di loro, e per questo dispone l'anima a ricevere la Parola di Gesù, e a conoscerlo intimamente. Va notato che Gesù afferma: "Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre, ed Egli vi darà un altro Paraclito". Il Paraclito viene se trova persone che lo desiderano, e il desiderio efficace è testimoniato dalle opere. Gesù sembra dirci: Io vi donerò lo Spirito, ma Lui verrà se lo desiderate; e lo desiderate con le vostre opere. Infatti è possibile "contristare" lo Spirito, cioè cacciarlo: "è cacciato al sopraggiungere dell'ingiustizia", dice la Scrittura.

E' nello Spirito che uno opera la giustizia; chi è giusto poi, riceverà in pienezza lo Spirito, quello Spirito che già aveva iniziato ad accogliere; lo Spirito lo condurrà alla fede; la fede farà dimorare Dio in lui, e lui in Dio: "In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi". Lo Spirito è dunque la sorgente della nostra vita spirituale, è l'inizio del percorso, il mezzo, e anche la fine, ci giuda, ci accompagna, ci corona. Infatti lo Spirito ci fa vivere la vita stessa di Gesù, scegliendo e desiderando per noi quel che Gesù per se ha scelto e desiderato. Nello Spirito impariamo ad adorare il Signore, Gesù, nei nostri cuori, non sono nell'orazione formale ed esplicita, ma in tutto ciò che agiamo, patiamo, subiamo o viviamo. Dallo Spirito impariamo "a soffrire operando il bene piuttosto che facendo il male": il credente rivive in se stesso la vita di Gesù, e anche le conseguenze di questo. Si trova in un mondo di furbi, in cui imparerà che cosa vuol dire vivere la mitezza, proprio perché molti non lo sono, oppure la misericordia, quando gli altri con lui non lo sono affatto. Per questo lo Spirito è spirito di fortezza: consola e conforta, aprendo di nuovo, e sempre, le porte della fede e dell'amore, quando tutto rema contro, congiura per farle chiudere. E' Spirito di sapienza, che ci insegna a rendere ragione della speranza che è in noi: ci aiuta a pensare, e ci dona una sapienza che, diversamente da quella del mondo, non svergogna o umilia gli altri, ma rischiara, agendo con dolcezza e rispetto, con una coscienza retta.

Lo Spirito rende noi stessi immagine e trasparenza di Gesù, è la potenza di Dio che si manifesta nella nostra debolezza. Così Filippo compie gli stessi segni e gesti di liberazione e di guarigione fatti da Gesù, e anche noi possiamo fare lo stesso, agendo sugli spiriti impuri che infestano le nostre vite, sciogliendo dalle paralisi che bloccano la vita di tanti. Così la nostra carità, la testimonianza della nostra fede, l'efficacia della nostra preghiera, continua nella nostra storia l'opera di Gesù stesso prima, e degli Apostoli poi. Gesù infatti aveva detto che chiunque crederà in Lui compirà le sue stesse opere, "perché vado al Padre", appunto per effondere su di noi lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo infatti è presente e operante in tutta l'azione liturgica della Chiesa: riconosciamo nell'imposizione delle mani fatta da Pietro e Giovanni la nostra stessa Cresima, il sigillo dello Spirito che ci è stato dato in dono, proprio per essere portatori di gioia nelle nostre città, nelle vite di tanti. La gioia è il frutto della compassione, della vicinanza, della mitezza, della fede e della preghiera che possiamo portare in molti.

Ottavio De Bertolis

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