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XXIX Domenica del Tempo Ordinario anno B. “Se uno vuole essere il primo..."

Non dobbiamo fingere di scandalizzarci di fronte alla richiesta di Giacomo e Giovanni e allo sdegno degli altri dieci: i loro atteggiamenti sono infatti mossi dallo stesso spirito che anima la nostra quotidiana brama di primeggiare e dominare sugli altri, di essere apprezzati...

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Durante la salita verso Gerusalemme, per tre volte Gesù annuncia ai Dodici la propria passione, morte e resurrezione (cf. Mc 8,31-32; 9,30-32; 10,32-34); e per tre volte, puntualmente, non viene compreso. Verrebbe quasi da pensare che, frustrato di fronte a tanta «durezza di cuore» (cf. Mc 16,14), Gesù abbia desistito dal rivolgere ai suoi discepoli un ulteriore annuncio… La prima volta era stato Pietro a ribellarsi alle parole del suo maestro, che si era visto costretto a rimproverarlo chiamandolo “Satana” (Mc 8,33); la seconda volta erano stati tutti i Dodici che, in risposta alla prospettiva della passione e morte appena evocata da Gesù, non avevano saputo fare di meglio che discutere su chi tra loro fosse il più grande, costringendo Gesù a ribadire loro chiaramente: “Se uno vuole essere il primo sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti!” (Mc 9,35).

Nel brano odierno sono innanzitutto Giacomo e Giovanni a mostrare un’impressionante cecità. Gesù ha appena annunciato nuovamente come ormai vicina l’ora della propria morte violenta, ed ecco che i due discepoli reagiscono avanzando pretese: “Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo”. Gesù accondiscende con infinita pazienza, si fa ancora una volta loro servo, ed essi specificano la loro richiesta di un premio rivolta a quello che hanno seguito e che sperano si mostri Messia trionfante: “Concedici di sedere nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra”.

A questo punto Gesù risponde con decisione: “Voi non sapete quello che chiedete!”. E subito riporta i figli di Zebedeo alla realtà, facendo balenare anche per loro la prospettiva della morte violenta, attraverso le immagini bibliche dell’immersione (cf. Lc 12,50) – questo significa “battesimo” – e del calice: Gesù stesso nell’ultima cena si servirà di un calice di vino per significare che di lì a poco il suo sangue sarebbe stato “versato per molti” (cf. Mc 14,23-24). I due accettano rispondendo con grande zelo a Gesù, ma capiranno solo più tardi il prezzo di questa disponibilità; quanto però al sedere alla destra e alla sinistra del Figlio dell’uomo nella sua gloria, Gesù afferma che non spetta a lui decidere, ma solo al Padre… In verità, nell’ora della passione, i posti rivendicati da Giacomo e Giovanni saranno occupati da due malfattori e Gesù sarà solo tra di loro, in mezzo a nemici, persecutori e uccisori.

Ma l’incomprensione dei discepoli non finisce qui. Giunge, prevedibile, lo sdegno geloso degli altri dieci, che non vogliono essere da meno di Giacomo e Giovanni: se i figli di Zebedeo prendono i primi due posti, cosa resta per loro? Ed ecco che Gesù li chiama a sé tutti insieme, e pronuncia parole che sono e saranno per sempre l’unica “costituzione” della comunità cristiana: “Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Tra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti”.

E questo perché? “Perché il Figlio dell’uomo”, cioè Gesù, il Messia Servo del Signore (cf. Is 53,10-12) “non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”. Il miglior commento a queste affermazioni sono le parole pronunciate da Gesù nel quarto vangelo, subito dopo il gesto della lavanda dei piedi: “Avete capito ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri” (Gv 13,12-14).

Quanto a noi, non dobbiamo fingere di scandalizzarci di fronte alla richiesta di Giacomo e Giovanni e allo sdegno degli altri dieci: i loro atteggiamenti sono infatti mossi dallo stesso spirito che anima la nostra quotidiana brama di primeggiare e dominare sugli altri, di essere apprezzati e riconosciuti più degli altri. Gesù invece ci chiede il servizio reciproco, il dare la vita per i fratelli, perché in questo sta la vera gloria. Con l’infinita pazienza dimostrata e, soprattutto, andando verso la sua passione con la libertà e l’amore di chi si fa servo dei suoi fratelli fino alla fine, Gesù ci ha insegnato a vivere in questo modo come autentici suoi discepoli; ci basta seguire le tracce di un servo del Signore, servo dei fratelli.

Enzo Bianchi

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