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«Essere cristiani è un cammino di liberazione, non solo obblighi»

All’udienza generale il Papa prosegue la catechesi sul Decalogo e avverte: «I cristiani che seguono solo dei doveri non hanno un'esperienza personale di quel Dio che è amore, che prima salva e poi comanda»

«Come può un giovane desiderare di essere cristiano, se partiamo da obblighi, impegni, coerenze e non dalla liberazione? Ma, essere cristiano è un cammino di liberazione». Papa Francesco all’udienza generale continua il ciclo di catechesi dedicato ai Dieci Comandamenti e ricorda che la vita cristiana è prima di tutto la risposta grata a un Padre generoso: «I cristiani che seguono solo dei “doveri”», spiega il Pontefice, «denunciano di non avere una esperienza personale di quel Dio che è “nostro”. Io devo fare questo, questo, questo… Solo doveri. Ma ti manca qualcosa! Qual è il fondamento di questo dovere?: “Ah, si deve fare così”. No: il fondamento di questo dovere è l’amore di Dio Padre, che prima dà, poi comanda. Porre la legge prima della relazione non aiuta il cammino di fede».

Dio, ricorda ancora Bergolio, è un Padre che ci libera dall’Egitto attraverso il mar Rosso, e poi ci consegna il Decalogo sul Monte Sinai. Così il Decalogo comincia con la generosità di Dio, con la liberazione, con la relazione padre-figli e da questa deve partire il cammino di fede, non dalla legge, non da obblighi, impegni, coerenze. Quando dichiara “Io sono il Signore, tuo Dio”, ricorda il Pontefice «c’è un possessivo, c’è una relazione, ci si appartiene. Dio non è un estraneo: è il tuo Dio».

Questo, spiega, illumina tutto il Decalogo e svela anche il segreto dell’agire cristiano: «Cristo è l’amato dal Padre e ci ama di quell’amore», afferma, «Lui non parte da sé ma dal Padre. Spesso le nostre opere falliscono perché partiamo da noi stessi e non dalla gratitudine. E chi parte da sé stesso dove arriva? Arriva a sé stesso! È incapace di fare strada, torna su di sé. È proprio quell’atteggiamento egoistico che, scherzando la gente dice: “Eh, quella persona è un “io, me con me, e per me”».

I Comandamenti, aggiunge il Papa, «ti liberano dal tuo egoismo e ti liberano perché c’è l’amore di Dio che ti porta avanti». La formazione cristiana non è basata sulla forza di volontà, ma sull’accoglienza della salvezza, sul lasciarsi amare perché, ricorda ancora Francesco, lo stile di Dio è quello di non chiedere mai senza prima dare.

«Dio non ci ha chiamati alla vita per rimanere oppressi»

Francesco chiede ai fedeli di fare un «esercizio di memoria» e ricordare «quante cose belle ha fatto Dio per ognuno di noi». Può esserci qualcuno, rimarca, che «può sentire di non aver ancora fatto una vera esperienza della liberazione di Dio. Noi non ci salviamo da soli ma da noi può partire un grido di aiuto: Signore salvami, Signore insegnami la strada, Signore accarezzami, Signore dammi un po’ di gioia. Questo è un grido che chiede aiuto. Questo spetta a noi: chiedere di essere liberati dall’egoismo, dal peccato, dalle catene della schiavitù». Dio, conclude papa Francesco, «non ci ha chiamati alla vita per rimanere oppressi, ma per essere liberi e vivere nella gratitudine», obbedendo con gioia a Colui che ci ha dato tanto, infinitamente più di quanto mai potremo dare a Lui.

Prima di arrivare a bordo della papamobile in piazza San Pietro, il Papa ha salutato i malati che hanno seguito l’udienza sui maxischermi nell’Aula Paolo VI e si è rivolto soprattutto al gruppo Deaf Catholic Youth Initiative of the Americas: «Prego affinché il vostro pellegrinaggio, che avete chiamato “Un tempo per camminare con Gesù” possa aiutarvi a crescere nell’amore per Cristo e gli uni per gli altri. Il Signore riserva un posto speciale nel suo cuore per chiunque presenti qualche disabilità e così è anche per il successore di San Pietro».

Infine, salutando i fedeli italiani, Francesco ricorda che venerdì è la Solennità dei Santi Pietro e Paolo, patroni di Roma: «Impariamo da questi Apostoli del Signore – è il suo invito - la capacità di testimoniare con coraggio il Vangelo di Gesù, al di là delle proprie differenze, conservando la concordia e l’amicizia che fondano la credibilità di qualsiasi annuncio di fede».

Antonio Sanfrancesco

© www.famigliacristiana.it, mercoledì 27 giugno 2018