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Europa, l'immigrazione necessaria

Tre milioni di immigrati in più in Italia entro il 2020 e 50 milioni in Europa entro il 2050. Non è una previsione ma una necessità. Parola del Consiglio d'Europa.

jagland_1750980.jpgÈ stato presentato oggi a Roma un rapporto elaborato per il Consiglio d’Europa da un Gruppo di eminenti personalità europee appartenenti a diversi Paesi, incentrato sul tema della conciliazione delle diversità e delle libertà nell’Europa della nostra epoca. “La diversità è una ricchezza, che è presente in Europa da sempre, e se ben gestita può dare ottimi frutti”, dice Thorbjørn Jagland che è il Segretario generale del Consiglio d’Europa e che ha presentato il rapporto insieme a Emma Bonino, membro italiano del Gruppo incaricato di redigere lo studio e di indicare risposte concrete.

     Tra gli altri nel Gruppo anche Joschka Fischer, ex ministro degli esteri e vice-cancelliere tedesco, e Javier Solana, che è stato Segretario generale della Nato e del Consiglio dell’Unione europea.

     “Alle minoranze vanno garantiti i diritti di accesso all’educazione e i diritti pubblici” continua Jagland, “vanno inoltre rispettate le differenti identità e le differenze di religione”.   Se è vero che nella UE a 27 nel 2050 mancheranno 100 milioni di lavoratori, l'Italia a sua volta "ha bisogno di 260 mila immigrati netti all’anno per i prossimi dieci anni”, sostiene Emma Bonino, in pratica ci vorranno quasi tre milioni di immigrati in più entro il 2020, e tra i trenta e i cinquanta in Europa entro il 2050.

     Non bisogna dimenticare poi che il Consiglio d’Europa e l’Unione Europea sono due cose diverse, “del Consiglio infatti fanno parte 47 Paesi (tutti europei, n.d.r), ed è un organismo istituzionale che promuove la democrazia e protegge i diritti umani e lo stato di diritto all’interno dei Paesi membri”, spiega Jagland, ex Primo ministro norvegese e anche Presidente della commissione norvegese che assegna il Nobel per la Pace. Nel Consiglio per esempio ci sono anche Russia e Turchia che non fanno parte dei 27 Paesi dell’Unione.

Il rapporto nasce dall’esigenza di analizzare i rischi legati alle tendenze xenofobe e populiste che vedono protagonisti alcuni partiti politici in diversi Paesi europei, come pure l’intolleranza, la discriminazione, la perdita di libertà e i conflitti che spesso sono legati alle religioni, in un’Europa che ha una presenza sempre più massiccia di minoranze stabili, di seconde generazioni e anche di terze, e che continua ad essere meta di immigrazione. “L’esigenza del gruppo di lavoro è stata quella di elaborare un documento che indicasse alle istituzioni europee, ma anche ai Governi dei singoli Paesi, delle linee guida per disinnescare queste cariche esplosive”, dice Jagland.

     Il Gruppo si è concentrato proprio sull’analisi generale del trattamento delle minoranze nei 47 Paesi del Consiglio e sull’immigrazione. Grande importanza è stata data alla questione relativa alla minoranza Rom, per la quale è stato avviato uno speciale programma del Consiglio che prevede la formazione di mille mediatori che facciano da tramite tra le Istituzioni dei singoli Paesi e le comunità Rom.  

     Tra le principali conclusioni la constatazione che non c’è alcuna necessità di assimilare le minoranze, ma il rispetto della legge è una richiesta fondamentale da parte dei Governi, che pure hanno il diritto/dovere di governare al meglio i fenomeni migratori. In altre parole, la possibilità di regolare i flussi non può essere alienata, tuttavia sarebbe ottima prassi dei Governi informare l’opinione pubblica circa i benefici e i lati positivi dell’immigrazione, e non alimentare soltanto la paura. 

Alessandro Micci
© Famiglia Cristiana, 7 luglio 2011