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Galantino: «L' accoglienza Solo restituzione»

Sono la povertà e la guerra a mettere in fuga i profughi -- Altro che fare la carità. L'accoglienza che dobbiamo ai profughi è «solo un atto di restituzione»

Il vescovo Nunzio Galantino non fa giri di parole. E a chi pretende di accusare la Chiesa e il Papa di invogliare i migranti alla traversata di mari e deserti, ricorda che il concetto va ribaltato.
«Il vero motivo che spinge le persone a fuggire dalle loro nazioni - dice scandendo le parole - non è l'accoglienza in Europa, ma la guerra e le condizioni economiche disastrose in cui queste persone si trovano. Non è - avverte il segretario della Cei - per colpa degli immigrati: perché se dovessimo dire chi incentiva, chi fa nascere e ancora continua a provocare l'immigrazione, sono tutte quelle realtà che hanno provocato queste guerre ed hanno impoverito queste nazioni. E l'Europa, gli Stati Uniti, non sono assolutamente senza colpe. Povertà e guerra mettono in cammino queste persone. E l'accoglienza che facciamo ai profughi quindi è solo un atto di restituzione per averli impoveriti». Galantino ha negli occhi le immagini e i gesti del Papa a Lesbo. Ma la cronaca incalza. Nel giorno dell'ennesimo, tragico naufragio di migranti a largo delle coste egiziane, il segretario della Cei non può non ragionare sulle cause profonde che spingono milioni di persone a cercare scampo dalle guerre e dalla miseria. Monsignor Galantino interviene - assieme al presidente della Caritas italiana, il cardinale Francesco Montenegro e al direttore don Francesco Soddu - all' apertura del 38° Convegno nazionale delle Caritas diocesane, in corso fino a domani 20 aprile a Sacrofano, che ha scelto come uno slogan giubilare - 'Misericordiosi come il Padre' - in occasione dei 45 anni della Caritas italiana. La platea degli oltre 600 operatori arrivati da tutta Italia da 174 Caritas diocesane ascolta l'avvertimento del segretario della Cei. «Il Papa - sottolinea - sta compiendo dei gesti 'politicamente scorretti': ci sta facendo toccare con mano la vergogna di certe situazioni, di certe presunte soluzioni». Dunque in termini di accoglienza in Italia «sicuramente c' è da fare di più, ma non soltanto da parte della Chiesa cattolica, che continua a mobilitarsi. C'è da fare di più da parte del governo, delle realtà locali, di tutti coloro che hanno la possibilità di rispondere a queste richieste». Galantino dunque invita a non pensare che «si possa evangelizzare tenendo separate, anche se inconsapevolmente, la parola e la testimonianza, o peggio ancora, che si possa evangelizzare misurando l'efficacia dell' evangelizzazone in termini di presenza o di influenza socio-politica». È quello che Papa Francesco dice con chiarezza nella Evangelii Gaudium: «La Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione». Il segretario della Cei allora esorta a «prendere le distanze dal narcisismo, dall' autoreferenzialità e dalla ricerca di potere sugli altri». Insomma: «L'inclusione dei poveri non sarà mai reale e non apparterrà mai a una Chiesa che si percepisce come un potere accanto ad altri poteri». Il cardinale Francesco Montenegro racconta che «quella di Lampedusa è la storia più evidente che da pastore di Agrigento ho vissuto in modo diretto, ma purtroppo non unica». E se è vero che «quello che avrete fatto ai più poveri l'avrete fatto a me», il presidente della Caritas sottolinea che «quei migranti sulle barche sono Cristo che passa». E allora la carità non è un accessorio della pastorale. Lo dice con un' immagine efficace: «La carità non è un gingillo che mi metto sull'abito ogni tanto, è la tuta da indossare, e sporcare, ogni giorno». E compito della Caritas «è aiutare il povero» ma allo stesso tempo «aiutare la comunità a comprendere». Perché «una Chiesa che non serve, non serve a niente». O per dirla con papa Francesco, nella bolla di indizione di questo Giubileo della Misericordia, «la credibilità della Chiesa passa attraverso la strada dell' amore misericordioso e compassionevole». Per l'arcivescovo di Agrigento e presidente di Caritas italiana «non è possibile costruire un futuro migliore senza pensare alla crisi ambientale e alle sofferenze degli esclusi, perché sappiamo che le cose possono cambiare». Da qui l' invito a un' azione pedagogica, per creare una 'cittadinanza ecologica' che «non si limiti a informare ma riesca a far maturare e a cambiare le abitudini in un' ottica di responsabilità». «La Chiesa più che fare carità è essa stessa carità», sottolinea da parte sua il direttore di Caritas italiana. «Gesù è la misericordia del Padre - dice don Soddu - ma lui non l'ha mai definita, l'ha mostrata, dono capace di rigenerare». Compito ambizioso degli operatori delle Caritas diocesane dunque è «trasformare l'acqua dell' indifferenza nel vino della condivisione». Un miracolo possibile.

Luca Liverani

© Avvenire, 19 aprile 2016