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Giornalismo. La Carta di Assisi, per un'informazione libera dalle parole d'odio

Alla vigilia della marcia Assisi-Perugia l'associazione Articolo 21 formula un decalogo per allontanare dalle pagine e dai siti le fake news e l'aggressività

Le parole come pietre. Da scagliare contro le persone e da usare per alzare muri. Oppure per costruire ponti. Il ruolo dei giornalisti è stretto tra due pericoli. L'informazione insidiata da fake news e propaganda aggressiva, ma anche da pressioni del potere o addirittura da minacce criminali. Da Ostia a Malta, dalla Turchia alla Russia.

Alla vigilia della Marcia della Pace Perugia-Assisi, gli operatori della comunicazione si incontrano al Sacro convento francescano per mettere a punto la "Carta di Assisi" e denunciare gli attacchi, verbali e fisici contro chi fa informazione. Un dovere per chi la fa, un diritto per chi deve essere informato. Lo stabilisce l'articolo 21 della Costituzione. Ed è l'Associazione Articolo 21 a convocare la categoria, l'Ordine dei giornalisti e il sindacato. "Non un assemblea di giornalisti - precisa il presidente della Fnsi Beppe Giulietti - ma di tutti i cittadini che hanno il diritto-dovere di informare ed essere informati. Non è il modello del capo che dal balcone si rivolge alla folla, cosa diversa dal popolo". E invita a "non limitarsi all'indignazione, ma a passare all'azione".

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Daniele Cerrato, presidente Casagit, denuncia il tentativo del potere di informare senza intermediazione: "Un rapporto uno a uno in cui un tweet diventa comunicazione senza interlocuzione". Il rischio è quello di finire come in Turchia . E da qui si rilancia l'hashtag #NoBavaglioTurco. Per ricordare i 7 anni e mezzo inflitti a Ahmet Sik, l'ergastolo duro ai fratelli giornalisti Altan, gli altri 170 giornalisti sotto processo.

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O come a Malta dove un anno fa saltava in aria Dafne Karuana Galizia per le sue inchieste sui traffici che coinvolgevano governo di Valletta e mafie italiane. Una tragedia che a Malta, denuncia in un messaggio la sorella Corinne, si cerca di dimenticare. Mafie come quelle che in Italia minacciano i giornalisti. A Ostia Federica Angeli di Repubblica ancora nel mirino del clan Spada nei giorni scorsi. A Sara Lucaroni di Avvenire invece le minacce sono arrivate da gruppi di estrema destra per i suoi servizi sulla Siria. Avvenire è anche il giornale che, assieme al Manifesto, è stato "espulso" dalla mazzetta dei quotidiani della biblioteca di Monfalcone, su decisione della giunta leghista. Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, parla di scelta "ridicola oltre che grave".

E plaude alla Carta di Assisi: "Perché un'altra Carta deontologica? Perché viviamo un tempo di smemoratezza, e allora i principi della professione la nostra categoria ha bisogno di ricordarseli e di aggiornarli. Noi comunicatori però saremo considerati utili se ci riconoscono il ruolo di difensori dei pozzi dall'acqua potabile dell'informazione pulita, utile, onesta. E se l'Ordine sa difenderli. E allora sì alle rettifiche, ma siamo assediati da cause temerarie per indennizzi. E di asfissianti richieste di oblìi sul web, non di rado impudenti".

Luca Liverani, inviato ad Assisi

© Avvenire, sabato 6 ottobre 2018

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