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Giovanni Paolo I è beato. "Volto di una Chiesa lieta e non arcigna"

"Un pastore mite e umile", ha detto Francesco nell'omelia. "E' riuscito a trasmettere la bontà del Signore. Bella una chiesa che non chiude mai le porte, non inasprisce i cuori, non è arrabbiata

Albino Luciani Giovanni Paolo I è beato. Lo ha proclamato oggi, domenica 4 settembre, papa Francesco all'inizio della solenne concelebrazione eucaristica in piazza San Pietro, davanti a migliaia di persone, provenienti specialmente da Venezia, Vittorio Veneto e Belluno-Feltre (diocesi legate al ministero sacerdotale ed episcopale del nuovo beato), che hanno sfidato anche la pioggia battente pur di essere presenti. Questa la formula di rito, pronunciata dal Pontefice: "Noi, accogliendo il desiderio del Nostro Fratello Renato Marangoni, vescovo di Bulluno-Feltre, di molti altri Fratelli nell'episcopato e di molti fedeli, dopo aver avuto il parere del dicastero delle Cause dei Santi, con la nostra Autorità apostolica concediamo che il venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo I, papa, d'ora in poi sia chiamato Beato e che sia celebrato ogni anno nei luoghi e secondo le regole stabilite dal diritto, il 26 agosto". Poco prima il postulatore della causa, cardinale Beniamino Stella aveva letto una breve biografia di Giovanni Paolo I.

Sulla facciata della Basilica subito dopo è stato scoperto l'arazzo con il ritratto che mostra il Papa dei 33 giorni con il suo tipico sorriso sereno. L'autore è l'artista cinese Yan Zhang. La causa di beatificazione si è aperta il 23 novembre 2003 nella diocesi di Belluno-Feltre, dove papa Luciani nacque. Il 13 ottobre 2021 è stato approvato il miracolo, per sua intercessione: la guarigione inspiegabile scientificamente di una bambina argentina, Candela Giarda, in fin di vita per una malattia cerebrale, purtroppo assente a causa di un infortunio al piede che non le ha permesso di affrontare il lungo viaggio da Buenos Aires a Roma. La festa liturgica del nuovo beato sarà dunque il 26 agosto, giorno della sua elezione a Papa nel 1978. La reliquia è stata poi portata all'altare. Si tratta dello scritto autografo di uno schema sulle tre virtù teologali, fede, speranza e carità, che poi Giovanni Paolo I usò per tre catechesi del mercoledì durante il suo breve pontificato.

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Pastore mite e umile

Nell’omelia Francesco ha sottolineato che il nuovo beato “ha vissuto nella gioia del Vangelo, senza compromessi, amando fino alla fine”. Ed è anche il motivo della santità. “Egli ha incarnato la povertà del discepolo – ha detto papa Bergoglio -, che non è solo distaccarsi dai beni materiali, ma soprattutto vincere la tentazione di mettere il proprio io al centro e cercare la propria gloria. Al contrario, seguendo l’esempio di Gesù, è stato pastore mite e umile”.

Il nuovo beato, ha aggiunto il Pontefice citando uno scritto dell’allora patriarca di Venezia, ‘considerava sé stesso come la polvere su cui Dio si era degnato di scrivere’. Perciò diceva: ‘Il Signore ha tanto raccomandato: siate umili. Anche se avete fatto delle grandi cose, dite: siamo servi inutili’” (Citazione tratta dall’Udienza Generale del 6 settembre 1978).

Francesco ha poi ricordato il sorriso di Papa Luciani. E con il sorriso, ha rimarcato, “è riuscito a trasmettere la bontà del Signore. È bella una Chiesa con il volto lieto – questa la sottolineatura del Pontefice -, sereno e sorridente, che non chiude mai le porte, che non inasprisce i cuori, che non si lamenta e non cova risentimento, non è arrabbiata e insofferente, non si presenta in modo arcigno, non soffre di nostalgie del passato. Preghiamo questo nostro padre e fratello, chiediamo che ci ottenga ‘il sorriso dell’anima’; chiediamo, con le sue parole, quello che lui stesso era solito domandare: ‘Signore, prendimi come sono, con i miei difetti, con le mie mancanze, ma fammi diventare come tu mi desideri’” (citazione dall’Udienza Generale del 13 settembre 1978).

Attenti ai "salvatori" che sfruttano le paure della società

Nella prima parte dell'omelia, il Papa, commentando il Vangelo della domenica, ha messo in guardia dall'affidarsi a leader che vogliono sfruttare il consenso popolare. Lo stile di Gesù di fronte alle folle che lo seguivano è diverso, ha fatto notare. “Che cosa avrebbe fatto un qualunque maestro dell’epoca, o – possiamo domandarci – cosa farebbe un astuto leader nel vedere che le sue parole e il suo carisma attirano le folle e aumentano il suo consenso? Capita anche oggi: specialmente nei momenti di crisi personale e sociale, quando siamo più esposti a sentimenti di rabbia o siamo impauriti da qualcosa che minaccia il nostro futuro, diventiamo più vulnerabili; e, così, sull’onda dell’emozione, ci affidiamo a chi con destrezza e furbizia sa cavalcare questa situazione, approfittando delle paure della società e promettendoci di essere il “salvatore” che risolverà i problemi, mentre in realtà vuole accrescere il proprio gradimento e il proprio potere, la propria figura, la propria capacità di avere le cose in pugno”.

La diversità dello stile di Dio sta nel fatto che, ha sottolineato il Papa, “Egli non strumentalizza i nostri bisogni, non usa mai le nostre debolezze per accrescere sé stesso. A Lui, che non vuole sedurci con l’inganno e non vuole distribuire gioie a buon mercato, non interessano le folle oceaniche. Non ha il culto dei numeri, non cerca il consenso, non è un idolatra del successo personale. Al contrario, sembra preoccuparsi quando la gente lo segue con euforia e facili entusiasmi. Così, invece di lasciarsi attrarre dal fascino della popolarità, chiede a ciascuno di discernere con attenzione le motivazioni per cui lo segue e le conseguenze che ciò comporta”.

Secondo Francesco ognuno deve interrogarsi sul motivo per cui segue Gesù. “Tanti di quella folla – ha detto infatti - forse seguivano Gesù perché speravano che sarebbe stato un capo che li avrebbe liberati dai nemici, uno che avrebbe conquistato il potere e lo avrebbe spartito con loro; oppure uno che, facendo miracoli, avrebbe risolto i problemi della fame e delle malattie. Si può andare dietro al Signore, infatti, per varie ragioni e alcune, dobbiamo riconoscerlo, sono mondane: dietro una perfetta apparenza religiosa si può nascondere la mera soddisfazione dei propri bisogni, la ricerca del prestigio personale, il desiderio di avere un ruolo, di tenere le cose sotto controllo, la brama di occupare spazi e di ottenere privilegi, l’aspirazione a ricevere riconoscimenti e altro ancora. Questo succede oggi fra i cristiani. Ma questo non è lo stile di Gesù. E non può essere lo stile del discepolo e della Chiesa. Se qualcuno segue Gesù con questi interessi personali, ha sbagliato strada".

Ecco perché seguire il Signore “non significa entrare in una corte o partecipare a un corteo trionfale, e nemmeno ricevere un’assicurazione sulla vita. Al contrario, significa anche portare la croce come Lui, farsi carico dei pesi propri e degli altri, fare della vita un dono, spenderla imitando l’amore generoso e misericordioso che Egli ha per noi”

Purificare la nostra visione di Chiesa

Il Papa ha dunque invitato “a purificarci dalle nostre idee distorte su Dio e dalle nostre chiusure, ad amare Lui e gli altri, nella Chiesa e nella società, anche coloro che non la pensano come noi, persino i nemici”. Ciò che in definitiva ha fatto Albino Luciani Giovanni Paolo I. “Amare: anche se costa la croce del sacrificio, del silenzio, dell’incomprensione, della solitudine, dell’essere ostacolati e perseguitati” In sostanza “l’amore fino in fondo, con tutte le sue spine: non le cose fatte a metà, gli accomodamenti o il quieto vivere. Se non puntiamo in alto, se non rischiamo, se ci accontentiamo di una fede all’acqua di rose, siamo – dice Gesù – come chi vuole costruire una torre ma non calcola bene i mezzi per farlo; costui, «getta le fondamenta» e poi «non è in grado di finire il lavoro» (v. 29). Se, per paura di perderci, rinunciamo a donarci, lasciamo le cose incompiute: le relazioni, il lavoro, le responsabilità che ci sono affidate, i sogni, e anche la fede. E allora finiamo per vivere a metà: senza fare mai il passo decisivo, senza decollare, senza rischiare per il bene, senza impegnarci davvero per gli altri. Gesù ci chiede questo: vivi il Vangelo e vivrai la vita, non a metà ma fino in fondo. Senza compromessi”.

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L'appello per la pace e i saluti all'Angelus

La celebrazione è poi proseguita sotto la presidenza del cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Tra i concelebranti anche il cardinale Angelo Becciu. Presente tra i fedeli il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il governatore del Veneto, regione di origine del nuovo beato, Luca Zaia, e il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, in rappresentanza del governo italiano. Poco prima dell'Angelus il Papa ha chiesto ancora a Maria "pace in tutto il mondo, specialmente nella martoriata Ucraina". "Lei, la prima e perfetta discepola del Signore, ci aiuti a seguire l’esempio e la santità di vita di Giovanni Paolo I". Infine i saluti per il presidente Mattarella e il primo ministro del Principato di Monaco, Pierre Dartout, presente anch'egli alla celebrazione, prima di un prolungato giro in papamobile fra i fedeli in piazza San Pietro.

Mimmo Muolo

© Avvenire, domenica 4 settembre 2022

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