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Gmg. Bassetti: «Cari giovani l'Italia attende il vostro slancio»

A colloquio con il cardinale presidente della Cei, alla vigilia della partenza per Panama: i nostri ragazzi ci insegnano a essere «ponti». Non alzano muri: li abbattono. Impariamo da loro

A Panama ci sarà anche lui. Accanto al Papa e al fianco dei giovani italiani. «Non sarà facile per me a 76 anni», confida l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti. Ma non ha voluto mancare. Panama 2018 ha infatti una molteplicità di valenze pastorali e sociali che meritano di essere viste da vicino. La continuità con il Sinodo, l’abbraccio al mondo da una terra ponte per vocazione, il superamento della mentalità del successo a tutti i costi e l’adozione di uno stile di servizio, il ruolo dei nostri ragazzi a servizio del Paese. Il porporato sottolinea: «I giovani abbattono i muri. Impariamo da loro».

Molti sostengono che la Gmg di Panama sia la continuazione del Sinodo sui giovani. È d’accordo? E se sì, in che senso lo è?
In effetti la prossima Gmg si inserisce sulla scia del Sinodo sui giovani, una grande intuizione di papa Francesco. Il tema del raduno che inizierà nei prossimi giorni è la risposta della Vergine alla chiamata di Dio: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”. Le parole di Maria sono un “sì” coraggioso e generoso. Il “sì” di chi ha capito il segreto della vocazione: uscire da se stessi e mettersi al servizio degli altri. Proprio la fede e il discernimento vocazionale sono stati al centro del Sinodo dello scorso ottobre.

Vede qui il collegamento con il Sinodo?
Un tempo come il nostro, segnato dall’incertezza e dalla paura, non incoraggia risposte che impegnino per tutta la vita. E non incoraggia risposte che siano nel segno del dono. Invece, oggi più che mai noi tutti, a cominciare dai giovani, siamo chiamati a spenderci per l’altro, oltre quella mentalità mondana che incita al successo personale, al benessere individuale, all’apparenza effimera e che di fatto alimenta una concezione egoistica della vita. La Madre di Dio, rispondendo all’Angelo, non ha timori. E con il suo “eccomi” ci mostra Cristo. Tanti giovani sono affascinanti dalla figura di Gesù. La sua vita appare loro buona e bella perché povera e semplice, fatta di amicizie sincere e profonde, spesa per i fratelli con generosità, mai chiusa verso nessuno, ma sempre disponibile al dono. La vita di Gesù rimane anche oggi profondamente attrattiva e ispirante; essa è per i giovani una provocazione che interpella.

Lei che cosa ha portato a casa dall’esperienza del Sinodo?
Dalla ricca esperienza del Sinodo ho potuto cogliere i bellissimi e molteplici volti dei giovani nel mondo intero. La diversità è ricchezza, allarga gli orizzonti, ci fa andare oltre i nostri schemi. Nel mio cuore porto il grido dei giovani che fuggono dalle guerre o dalla povertà in Africa; le piaghe sociali di quelli che vivono nell’America Latina; lo sfruttamento di quelli in Asia; le disillusioni di una parte della gioventù dell’Occidente. Ma anche il desiderio comune a tutti i giovani di essere protagonisti, di poter dare un contributo fattivo alla crescita della società e della Chiesa. Non quindi giovani in ritirata, come talvolta si può immaginare, ma in prima linea, in uscita. Dobbiamo però metterli nelle condizioni di agire, dare loro fiducia, non ingabbiarli.

Si è insistito molto sulla dimensione dell’ascolto dei giovani. Qualcuno sostiene che questo significhi rinunciare alla missione di insegnare loro la fede e i comportamenti conseguenti. Qual è la sua opinione al proposito?
I giovani sono portatori di un’inquietudine che va prima di tutto accolta, rispettata e accompagnata, scommettendo con convinzione sulla loro libertà e responsabilità. La Chiesa sa per esperienza che il loro contributo è fondamentale per il suo rinnovamento. I giovani, per certi aspetti, possono essere più avanti di noi pastori. Ascoltarli è il primo passo per renderli “missionari” e non semplicemente esecutori.

Che Gmg si immagina? Panama è un luogo di unione (tra due oceani, tra due continenti), ma anche di grandi contraddizioni (violenza, narcotraffico, povertà). Che cosa ha voluto dirci il Papa scegliendo questa terra come sede della Gmg?
Immagino una Gmg che abbraccia il mondo. Del resto è la caratteristica delle Giornate mondiali della gioventù che sono frutto della visione profetica di san Giovanni Paolo II. Francesco è il Papa arrivato dalla “fine del mondo” e guarda all’intera umanità: anche, e direi in modo particolare, a quella ferita in Paesi dove il contesto sociale è difficile. Panama è quasi un “ponte” che unisce il Sud con il Nord del continente americano. Viene da pensare che sia una sorta di baricentro fra il Sud del mondo e il nostro Occidente. A noi è chiesto di essere “ponti” fra i popoli. E i giovani ce lo mostrano con il loro desiderio di incontrare chi vive dall’altra parte del pianeta, con la loro curiosità di scoprire terre lontane, con la loro apertura alle differenze. I giovani non alzano muri: li abbattono. Impariamo da loro…

I giovani italiani questa volta non saranno tantissimi. In Italia non è estate. Ma da coloro che porteranno il tricolore sulle sponde del Canale che cosa si aspetta il presidente della Cei, che ha anche scelto di accompagnarli?
Ho 76 anni. E per me non sarà una passeggiata un viaggio in aereo di oltre 12 ore per andare a Panama. Ma non sono voluto mancare a fianco dei nostri giovani italiani, poco meno di un migliaio. È vero che il numero può apparire non elevato. Ma dice anche il desiderio di mettersi in cammino, di seguire Pietro che li chiama ad attraversare l’oceano per portare a Panama il volto giovane della Chiesa italiana. Una Chiesa dalle radici profonde, capace di testimoniare il Risorto anche oltre i suoi confini nazionali, in grado di trasmettere la gioia del Vangelo di generazione in generazione. Ai giovani italiani dico: impegnatevi per il Signore, per la Chiesa e per il nostro Paese. Il Signore vi esorta ad annunciarlo a tutti dai “tetti”, che oggi sono anche i social network in cui un giovane cristiano deve essere presente. La Chiesa italiana ha bisogno del vostro slancio, del vostro entusiasmo, persino della vostra critica costruttiva. L’Italia necessita di un nuovo impegno socio-politico che non può che partire dai giovani. Il Paese può riscattarsi dalla crisi e dalle divisioni se una nuova generazione, anche di cristiani giovani, saprà spendersi per il bene comune e non alimentare interessi di parte.

Sarà anche la Gmg di san Romero. Qual è il messaggio che viene da questa figura?
L’arcivescovo Romero ci dice che ogni credente deve essere martire, ossia testimone. Ha amato il Signore e il suo popolo fino a spargere il suo sangue sull’altare mentre celebrava Messa. Guardando all’arcivescovo di El Salvador i giovani incontrano un “gigante della fede” che ha denunciato i mali del potere e ha abbracciato gli ultimi, i “senza voce”. La voce di Romero è diventata la voce degli indifesi. Ed è stato uomo della riconciliazione. Mai cedere alla perversa logica dell’odio. E, come Romero ben ci ricorda, dobbiamo essere “apostoli” di pace, di concordia, di misericordia ovunque, cominciando dalle nostre famiglie, dalle nostre scuole o università, dai nostri luoghi di lavoro, dalle nostre città.

Mimmo Muolo

© Avvenire, sabato 19 gennaio 2019