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I piccoli migranti tra schiavitù e abusi

Italia, minori soli raddoppiati: già 7 mila. L’Unicef denuncia: «Diritti negati». In un rapporto le testimonianze dei bambini fuggiti da guerre e oppressioni. «Una volta sbarcati molti svaniscono, preda della criminalità»

«O ti arruoli o ti ammazziamo », gli dissero i miliziani. Perciò Omar è fuggito dalla Somalia a 16 anni. Quando Peace è scappata dalla Nigeria aveva 17 anni: la famiglia la voleva obbligare a sposare un quarantenne. Aimamo prima di raggiungere l’Italia con il fratello gemello è stato fatto schiavo dai trafficanti. «Una volta mi stavo riposando per cinque minuti, e un uomo mi ha picchiato con un bastone. Dopo il lavoro, ti chiudono a chiave». Come loro ne sono arrivati 7.009 nei primi cinque mesi dell’anno, il doppio rispetto al 2015. Sono tutti minorenni non accompagnati. Esposti ad ogni rischio. Lo denuncia 'Pericolo ad ogni passo del viaggio', il rapporto pubblicato dall’Unicef sui bambini rifugiati e migranti. Il dossier documenta tutti i pericoli a cui bambini e adolescenti vanno incontro nel- la loro fuga da guerre, disperazione e povertà. Sofferenze che non vengono alleviate neanche nei centri d’accoglienza, dove sono frequenti episodi di maltrattamenti e abusi.

«In Grecia ci sono circa 20 mila bambini ospitati in centri che sono luoghi di detenzione, gestiti dalla polizia, in attesa di una ospitalità più consona», spiega Andrea Iacomini portavoce Unicef Italia. In Italia la situazione è «molto diversificata». Ci sono dei centri di accoglienza d’eccellenza «e altri molto discutibili », precisa Iacomini. Ma il vero problema è il traffico di esseri umani. Nell’arco delle 72 ore dal-l’arrivo, i bambini «evaporano», fuggono dai centri per finire molto spesso «nelle mani della criminalità organizzata, vittime di abusi». Compresi quelli a scopo sessuale. «Troppo spesso i bambini sono tenuti dietro le sbarre, rinchiusi – denuncia l’Unicef – in strutture di detenzione o in custodia delle forze di polizia per la mancanza di spazio nei centri di protezione dell’ infanzia; molti rifugiati e migranti minorenni sono rimasti fuori dalla scuola per mesi, se non addirittura anni».

Aimamo è un ragazzo subsahariano. Una volta arrivato in Libia contrabbandieri gli hanno chiesto altri soldi. Un copione sempre uguale. Il ragazzo viene sequestrato e reso schiavo. «Se cerchi di scappare ti sparano e muori. Se smetti di lavorare ti picchiano. È come la tratta degli schiavi ». Aimamo ha 16 anni e in Libia c’era arrivato con il fratello gemello. Per due mesi hanno dovuto lavorare in una fattoria. «Una volta mi stavo riposando per cinque minuti, e un uomo mi ha picchiato con un bastone. Dopo il lavoro, ti chiudono a chiave». Negli occhi non si portano solo la speranza per il domani. «Tante persone sono morte nel deserto.

Abbiamo visto cadaveri, scheletri», racconta la nigeriana Peace. L’Unicef ricorda che i morti in mare nel 2015 sono stati 3.770 mentre fra gennaio-maggio 2016 sono già 2.809. L’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia ha posto condizioni precise per tutelare i piccoli migranti. i bambini devono essere protetti contro il traffico e lo sfruttamento; in nessun caso lo status di rifugiato o migrante per i bambini può essere causa di detenzione; non devono essere rimandati nei paesi di provenienza se corrono rischi e pericolo di morte; i bambini devono avere accesso a servizi come sanità e istruzione; il ricongiungimento familiare è il modo migliore per proteggerli; il superiore interesse del minorenne deve essere la primaria considerazione in ogni decisione. Anche ieri si sono ripetuti sbarchi e tragedie.

Nel Leccese sette africani sono stati individuati per caso da un passante, che li ha visti sbarcare da un semicabinato condotto da un italiano, che poi ha ripreso il mare sfuggendo alla cattura. Nelle stesse ore la Mezzaluna rossa libica ha rinvenuto sul litorale della città di Zuwara i corpi di nove migranti annegati. Lo scorso 4 giugno erano stati recuperati i corpi di 117 migranti, tra cui quelli di 70 donne e cinque bambini di origini africane. Sempre ieri in diverse operazioni dell’ong Moas e della Marina militare sono state soccorse circa 500 persone.

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© Avvenire, 15 giugno 2016

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