I profili della generazione digitale. I giovani tra mass media e personal media
Massimo ScaglioniPhD – Ricercatore Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano23 aprile 2010
Il titolo di questa sessione recita “I profili della generazione digitale” ed evoca immediatamente due immagini. In primo luogo, il fatto che esista oggi una generazione di “giovani” cresciuti, a partire dagli anni Novanta, in un ambiente progressivamente digitalizzato: dunque, per usare un’espressione correntemente impiegata, una generazione di “nativi digitali”. La seconda immagine che viene in mente fa riferimento a un ambiente “digitale” nel quale sono centrali i cosiddetti “nuovi media”, quell’universo di mezzi di comunicazione sociale e personale che ruota attorno a Internet, nelle sue molteplici funzioni e usi, e in particolare al World Wide Web.
Il presente intervento ha l’obiettivo di offrire una “fotografia”, inevitabilmente sintetica ma – speriamo – anche sufficientemente chiara ed efficace, dei consumi e delle pratiche mediali della “generazione digitale”, costituita da “giovani” con età comprese fra l’adolescenza e la prima fase della vita adulta. Questa fotografia restituirà un quadro – è il mio augurio – un po’ più articolato e complesso di quanto le due immagini iniziali non lascino immediatamente pensare. Un quadro, cioè, nel quale i nuovi media (come Internet) s’innestano su un sistema di “vecchi media” (come, in particolare, la televisione) che, lungi dal venire marginalizzati, restano centrali sia nelle pratiche di consumo mediale sia negli immaginari.
Non vorrei entrare qui in noiose precisazioni di carattere metodologico: basti semplicemente indicare che questo intervento si fonda sull’intersezione e la conseguente interpretazione di due ordini di dati empirici: da un lato, un insieme di dati quantitativi relativi alle diete mediatiche e ai consumi televisivi dei giovani, ricavate sia da ricerche pubblicate sia dall’analisi ad hoc di profili di consumo mediale e televisivo; dall’altro lato, un insieme di dati qualitativi che emergono dalla concreta attività di ricerca condotta, nel corso dell’ultimo anno, dal Ce.R.T.A. (Università Cattolica), finalizzati a focalizzare l’attenzione sulle concrete pratiche di fruizione dei media, che tendono a incrociare e a sovrapporre un medium tradizionale come la tv e i nuovi strumenti digitali, in quella che è stata definita una cultura progressivamente convergente.
Come “sfondo” di questo discorso, vorrei innanzitutto sintetizzare le principali “tendenze” che caratterizzano le diete mediali giovanili.
Il quadro che emerge dai principali dati sull’uso dei media (e in particolare del recente rapporto Censis sulla comunicazione in Italia) mette in evidenza alcune specificità della relazione tra i giovani e i media che vorrei rapidamente ricordare.
Una progressiva disaffezione per le forme di comunicazione alfabetiche, e in particolare per la lettura; una persistente centralità della cultura visuale, in particolare dell’audiovisivo e della tv; la navigazione fra i contenuti, spesso audiovisivi, del web 2.0 e l’utilizzo della rete con funzioni sociali come tratto generazionale specifico: sono questi gli elementi più rilevanti che emergono dall’analisi trasversale dei principali dati di consumo quantitativi della generazione digitale.
Se il cosiddetto press divide – ovvero il gap tra quanti contemplano nell'ambito delle proprie diete mediali la fruizione di mezzi a stampa e quanti invece non li hanno più o non li hanno ancora – è in crescita sull’intera popolazione, questo dato assume una sua specificità fra i giovani: è infatti nella fascia tra i 14 e i 29 anni che il fenomeno cresce in maniera più consistente, a un ritmo doppio (10%) rispetto al resto della popolazione.
In questo quadro di progressiva disaffezione alla lettura, la stampa viene particolarmente marginalizzata nella sua funzione informativa: se la tv resta centrale come fonte più efficace per informarsi su avvenimenti di attualità politica per tutti i profili d’età (giovani, adulti, anziani), per i più giovani a essa si affiancano canali legati alla comunicazione personale (confronto con parenti e amici) e ai nuovi media (pagine web, blog, forum, social network).
Proprio l’utilizzo del webrappresenta il primo fattore distintivo della generazione più giovane: come è noto il digital divide – il gap esistente fra coloro che includono e coloro che non includono la rete nelle proprie diete mediali – è un fenomeno di carattere geografico (utilizza il web il 48,3% dei residenti al Nord, contro il 46,8% al Centro e solo il 38% nel Mezzogiorno), socio-culturale (il 67,2% degli individui più scolarizzati dichiara un consumo anche solo occasionale di Internet), ma soprattutto generazionale (oltre l'84% dei giovani in età compresa tra i 14 e i 29 anni utilizza Internet anche solo occasionalmente)
La rete presenta ovviamente una varietà di utilizzi, fra cui spiccano l’uso relazionale, da un lato, e quello più legato alla visione/condivisione/commento di materiale mediale, e in particolare di contenuti audiovisivi. La notorietà (che s’aggira sul 90% nella fascia 14-29 anni) e l’utilizzo di due strumenti/brand come Facebook, sul primo fronte, e YouTube, sul secondo, ne sono evidente testimonianza. Tra le ragioni che spingono i giovani a iscriversi a Facebook ritroviamo, in primo piano, motivi relazionali: la possibilità di “rincontrare vecchi amici” e di “mantenere i contatti con amici e conoscenti”, ben più importanti rispetto allo scambio e all'approfondimento di contenuti e notizie (“diffondere informazioni e scambiare opinioni su una causa”, “dare visibilità a un'iniziativa”).
Alle tendenze che caratterizzano il consumo dei mezzi a stampa e dei nuovi media da parte dei segmenti più giovani della popolazione, fa da contraltare il dato relativo alla fruizione del mezzo televisivo: uno strumento che, declinato nelle sue diverse forme, rimane indiscutibilmente quello con cui anche le fasce meno mature della popolazione hanno maggiore familiarità.
Si potrebbe perciò giustamente affermare che la televisione continui a occupare il centro del sistema dei media nazionale e che rappresenti il “linguaggio comune” – la koinè – che accomuna fasce d’età molto più differenziate sul piano di altri consumi mediali (come la stampa o il web). L’affermazione è senz’altro corretta, ma va precisata con un’analisi più dettagliata delle specifiche caratteristiche del consumo televisivo giovanile, che mostra elementi peculiari sia sul piano delle forme del consumo che su quello dei contenuti privilegiati e valorizzati.
Nel rapporto fra la generazione digitale e il medium televisivo appare infatti rilevante una duplice spinta: da un lato, la digitalizzazione della tv e la diffusione di molte piattaforme di trasmissione (fra cui anche il web) moltiplica le occasioni di “contatto” con i contenuti televisivi, rende più flessibili i tempi di fruizione, che diventano fluidi e personali, almeno potenzialmente sganciati dalle rigidità del palinsesto predefinito dai broadcaster. E le generazioni giovani sono quelle più propense a “moltiplicare” i percorsi d’accesso alla tv. D’altra parte, però, l’universo dei contenuti televisivi di riferimento per la generazione digitale tende a essere anche meno vario, più centrato su alcuni generi mainstream e su funzioni specifiche (l’intrattenimento, oppure la condivisione dei consumi con i propri coetanei, la rete di pari) rispetto alle fasce d’età adulte.
Vorrei provare a dettagliare maggiormente questi due aspetti che riguardano le forme e le pratiche del consumo televisivo da un lato, e i contenuti privilegiati e valorizzati dall’altro lato.
Se la televisione resta il mezzo centrale per le diverse fasce della popolazione italiana, e dunque il terreno di condivisione – l’ambiente mediale più trasversale – anche con le fasce più adulte, sono gli spettatori giovani quelli più abituati a intraprendere percorsi di consumo che possiamo chiamare “convergenti”, capaci di distendersi oltre i confini del piccolo schermo, con una particolare predilezione per la rete. È in particolare per le fasce più giovani che la televisione non coincide più con il televisore.
Alcuni dati quantitativi confermano questa ipotesi. L’incidenza della web tv e, in misura minore, della mobile tv è particolarmente rilevante nelle fasce giovani e giovani-adulte. Nel 2009 oltre il 41% degli individui di fascia 14-29 anni ha seguito almeno una volta un programma tv via web, mentre l’utilizzo della tv mobile, poco capace di entrare nelle abitudini di consumo degli italiani, si concentra quasi totalmente in soggetti della stessa fascia d’età.
Ma è soprattutto la fenomenologia delle pratiche di fruizione della televisione da parte dei giovani che illustra il quadro in tutta la sua complessità e articolazione.
Una serie di pratiche d’uso della televisione si mostrano come del tutto acquisite e “date oer scontate” per la generazione digitale. Sono pratiche, in primo luogo, relative alla personalizzazione dei tempi del consumo: sempre più spesso la visione dei contenuti audiovisivi prescinde dal flusso televisivo tradizionale, e si utilizzano sistemi di personal video recording (come MySky), e soprattutto il web per vedere i programmi in modo più flessibile, personalizzato e indipendente da appuntamenti e logiche fisse di programmazione e di palinsesto.
La coesistenza, la complementarietà e la sovrapposizione fra web e medium tv trovano poi forme differenti di manifestazione, soprattutto nelle generazioni più giovani, che proveremo a illustrare sommariamente, tracciando un breve profilo di questa “cultura convergente”.
La modalità più ovvia è senz’altro quella che dell’utilizzo contemporaneo di tv e rete. Il media multi-tasking è un fenomeno che coinvolge in particolare le nuove generazioni, che, soprattutto nella fascia oraria serale corrispondente al prime time televisivo e nei weekend, praticano un uso contemporaneo della tv e di Internet. Questo “spostamento” in direzione della rete si concentra ovviamente nel corso dei break pubblicitari.
Tra le attività svolte su Internet durante la visione tv compaiono la navigazione generica, la posta elettronica, i social network e gli strumenti di instant messaging, la lettura di vari contenuti, tra cui l’approfondimento di notizie e la ricerca di informazioni legate al programma che si sta vedendo. In questo processo la rete svolge un ruolo a dir poco fondamentale. Soprattutto tra gli adolescenti (17-18 anni), infatti, si osserva un utilizzo relativamente frequente di portali on line – uno su tutti Megavideo – per la visione in streaming di film, di serie di produzione statunitense e, in misura minore, anche di fiction di produzione nazionale (come I Cesaroni). Tale modalità di consumo serve a recuperare le puntate perse in tv, anche se non è raro lo streaming per la visione in anticipo di episodi non ancora andati in onda nel nostro Paese. Meno frequente, per questa fascia, è invece il downloading illegale (eMule, BitTorrent), più usuale tra i giovani-adulti (25-30 anni).
Proprio a partire da queste dinamiche di consumo “alternativo”, emergono veri e propri gruppi per lo scambio di contenuti ottenuti attraverso il download illegale, attività che richiede un notevole dispendio sia in termini di competenze tecnico-informatiche che di tempo.
Rientra in un’ottica di condivisione, pur partendo da presupposti molto diversi, anche l’utilizzo del social network Facebook, impiegato sempre più spesso soprattutto dai giovanissimi (17-19 anni) come luogo di scambio di spezzoni divertenti o significativi (serie, fiction, ma pure animazione o estratti da reality e talent), e dai soggetti di fascia 25-30 anni come strumento per commentare i momenti salienti di alcuni programmi. Per entrambi i target, così, non risulta centrale tanto la compartecipazione al momento della visione, quanto un confronto su quanto fruito. Lo stesso discorso vale per YouTube, utilizzato tra gli adolescenti per rivedere contenuti “memorabili” e tra i giovani adulti per convincere amici e familiari della validità di un determinato programma tv.
Una relazione tandem, quindi, caratterizza la rete e la televisione: una forma di convergenza sempre più delineata e netta, che consiste non solo nella possibilità di reperire e consumare i programmi con un mezzo differente da quello tradizionale (Internet e personal computer vs. tv), ma anche di ottenere notizie e anticipazioni sui propri programmi preferiti propri grazie alla rete, attraverso siti dedicati, blog e forum, andando così a integrare con informazioni supplementari la specifica testualità dei programmi tv, nonché di condividere e commentare i propri consumi mediali con la rete di pari.
Se sul piano delle forme di consumo si evidenzia la moltiplicazione delle modalità e occasioni di fruizione di contenuti televisivi, sul versante dei contenuti emerge invece una chiara predilezione per generi e canali precisi, in un vero e proprio codice della fruizione giovanile del medium tv.
Nello specifico, secondo i dati audiometrici elaborati da Auditel relativi alle cento emissioni “in chiaro” più fruite nel corso del 2009 dagli individui di fascia 15-24 anni[1], si osserva un assoluto primato del principale brand di rete commerciale, Canale 5: sue sono le prime 20 posizioni, con programmi come la terza stagione della fiction I Cesaroni, il reality show Grande fratello e il tg satirico Striscia la notizia. Sono assai poco presenti, invece, le tre reti Rai; solo Raiuno compare nel ranking (dopo la ventesima posizione) con la 59° edizione del Festival di Sanremo, la serie Un medico in famiglia e alcuni appuntamenti sportivi di grande attrattiva, come le partite della Nazionale di calcio. Nella seconda parte della classifica domina ancora Canale 5: ai programmi già indicati si aggiungono appuntamenti di intrattenimento come Zelig, Scherzi a parte, Chi ha incastrato Peter Pan e il talent show Amici di Maria de Filippi, mentre Italia 1 compare esclusivamente con alcuni episodi della serie animata I Simpson.
Da questi dati emerge, in generale, un’utenza giovanile del piccolo schermo caratterizzata da una grande familiarità con il mezzo, che ne usufruisce prevalentemente durante la fascia del prime time (unica eccezione, tra quelle viste, I Simpson programmati in daytime) e preferisce alcuni generi (l’intrattenimento, il reality, il talent e la fiction), escludendone per lo più altri (l’informazione, l’approfondimento). Un novero, dunque, più ristretto e meno vario di prodotti e di funzioni che la tv è chiamata ad assolvere: in particolare si osserva una decisa prevalenza del bisogno di storie e di racconto anziché di attualità; un predominio della narrazione (in generi come fiction, serialità e reality) sull’attualità.
Quello che emerge, in conclusione, è il profilo di una generazione digitale che pratica concretamente quella “cultura della convergenza” che connette vecchi e nuovi media. Questi ultimi, e il web in particolare, consentono forme di fruizione più articolate, caratterizzate insieme dalla personalizzazione dei tempi e dalla condivisione dei gusti, in particolare con la propria rete di prossimità (amici, pari etc.). La televisione, da parte sua, conserva il ruolo di medium in grado di produrre materiali che non semplicemente vengono “consumati”, ma che forniscono risorse e immaginari da spendere nella vita sociale: l’universo televisivo e le sue narrazioni rappresentano uno sfondo costante, un punto di riferimento rispetto al quale – grazie alla rete Internet e nella rete dei propri pari – si fanno glosse, si prendono posizioni – anche critiche – sui temi affrontati nelle “narrazioni” tv, si condividono o si discutono valori, assunzioni, dinamiche.
Se alcuni dati qui illustrati possono sembrare a prima vista allarmanti (la perdita di terreno della tradizionale “cultura alfabetica”, l’evasione che sembra sovrastare l’attenzione al reale), in seguito a un’analisi più approfondita si può scoprire come il pervasivo immaginario televisivo (anche quello che presenta problematicità sul piano etico) non è mai semplicemente “fatto proprio” in maniera acritica: la sua costante ri-discorsivizzazione da parte di spettatori altamente “attivi” e spesso “interattivi” sul web consente infatti prese di distanza e sguardi niente affatto scontati.
Ed è forse questa cultura convergente il terreno più interessante per immaginare un dialogo fruttuoso con la generazione digitale.
[1] Il riferimento è alle prime cento emissioni più viste nella fascia oraria “intero giorno” dagli individui in età compresa tra i 15 e i 24 anni nel periodo che va dal 1 gennaio 2009 al 31 dicembre 2009.