I profili della generazione digitale. Il Social Network e la sua centralità nelle pratiche comunicative
Simone Carlo PhD – Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano23 aprile 2010
Introduzione: né polvere, né monolite
La ricerca condotta dal nostro gruppo di lavoro ha significativamente confermato l'importanza dei siti di social network tra i ragazzi. Non si tratta di una centralità, come vedremo, solo d'uso (cioè in termini di “quantità” di minuti passati o di qualità, rispetto al coinvolgimento e profondità nell’uso di tali servizi), ma in primis si tratta di una centralità valoriale.
Quando si parla di centralità dei social network si fa riferimento non solo alla capacità che hanno questi servizi di dialogare, fraseggiare, inserirsi con estrema forza nel tempo quotidiano dei giovani, ma ci si riferisce anche a una centralità che fa percepire ai ragazzi tali servizi sempre più “indispensabili”. Indispensabili in quanto legati a una contemporaneità in alcuni casi accelerante e complessa, che necessita di strumenti che semplificano e stabilizzano relazioni e tempi. Ma, viceversa, indispensabili anche perché strumenti in grado di aumentare la molteplicità del reale e le occasioni di socialità: spiegheremo meglio questa concetto fra poco.
Prima di descrivere le principali emergenza della nostra ricerca, è forse opportuno partire da una definizione di social network.
I social network sono siti che hanno l’obiettivo di costruire relazioni tra utenti: la relazione si basano sullo scambio di informazioni e contenuti. Da una parte favoriscono la costruzione di reti sociali virtuali (ma non, come vedremo, totalmente “altre” rispetto a quelle reali), dall'altra si inseriscono nella tendenza generale alla crescita di produzione, diffusione, condivisione di contenuti generati dagli utenti, i cosidetti UGC, user generated content.
Il social network più diffuso in Italia, come è noto, è Facebook. Ma Facebook non è né l'unico né il primo social network: MySpace, Badoo, Hi5, NetLog sono altri servizi con popolarità, caratteristiche e funzionamento assai diverse tra di loro.
Anche tra i nostri soggetti Facebook rappresenta il social network più utilizzato e centrale nelle pratiche discorsive.
Al di là delle caratteristiche dei singoli servizi, ciò che emerge con estrema forza dalla nostra indagine è la capacità di questi strumenti di essere fortemente piegati all'utilizzo dei giovani: l'importanza generalizzata, trans-generazionale, trans-geografica dei social network non significa che tali strumenti vengano utilizzati nella stessa maniera, con gli stessi obiettivi, con lo stesso investimento simbolico.
Le nostre interviste mostrano come i social network non siano monoliti impenetrabili e sempre uguali a se stessi o viceversa strumenti che prevedono un uso talmente personale ed eccentrico da sfuggire a qualsiasi forma di possibile analisi e codifica. Abbiamo a che fare piuttosto con strumenti che presuppongo tra gli utenti una sorta di reciprocità: è come se si raccogliessero dei cluster d'uso che presuppongono, tra soggetti che si considerano amici, omofile e simili modalità di utilizzo.
In una sorta di reciproco riconoscimento, le modalità di utilizzo di tali strumenti ruotano prevalentemente attorno a medesime modalità di gestione della privacy, delle reti sociali, dei contenuti, formando così delle vere e proprie famiglie di utilizzatori che si approcciano a tale mondo con particolare coerenza interna.
Da un certo punto di vista, tali famiglie non si comprendo e sono tra di loro un poco diffidenti: l'esempio più lampante è la diversità di gestione dell’intimità, dove la chiusura e l'attenzione alla privacy di taluni diventa per i più aperti sintomo di nascondimento e dove l'estrema trasparenza di altri diventa per i più riservati esibizionismo da condannare.
A dimostrazione di tale processo di reciprocità, i soggetti sembrano prestare grande attenzione all’azioni, ai comportamenti della maggioranza dei propri contatti per imitarli. Si cerca di comprendere qual è l’etichetta della piattaforma, al fine di rispettarla: l’intento di fondo è quello di mostrare un atteggiamento omologato, allineato di modo tale da evitare di essere criticati, giudicati.
Contrariamente a una vulgata che vuole i social network come gli “ambienti dell’eccentrico a ogni costo”, del “sopra le righe”, della “rincorsa all’eccesso”, sembra quasi che per questi soggetti il rischio di passare inosservati, “di non lasciare un segno” risulti comunque preferibile al rischio di divenire oggetto di critiche o di curiosità morbosa.
Sono queste etichette che costruiscono le famiglie e le tribù che animano i social network: famiglie e profili che si articolano attorno a pratiche in alcuni casi profondamente diverse e, come vedremo, inconciliabili.
Ma andiamo con ordine.
Le funzioni dei social network
Come introdotto dall’intervento della Professoressa Chiara Giaccardi, il nostro lavoro ha cercato di individuare tali famiglie, tali profili di comportamento e d’uso. Non si tratta evidentemente di profili che esauriscono tutti i possibili comportamenti dei ragazzi nell’utilizzo dei social network, ma cercano di descrivere delle tendenze, a nostro parere, assai interessanti e che mostrano, anche attraverso un necessario processo di semplificazione, le potenzialità contenute in tali servizi e nell’uso che concretamente ne fanno i giovani intervistati.
Prima di addentrarci nella descrizione dei profili, è forse utile descrivere brevemente le funzioni che sono attribuite ai social network dai soggetti.
Esse sono principalmente di natura relazionale: innanzitutto quella che abbiamo chiamato nella nostra ricerca la “funzione monitorante”, cioè il controllo continuo dei “movimenti” dei propri contatti. Il social network si dimostra essere strumento indispensabile per “tracciare” gli spostamenti degli amici e conoscenti. In particolare, nei cosiddetti “salti relazionali” (quei momenti di passaggio tra i diversi gradi di istruzione, o tra periodo scolastico e lavoro, o nel trasferimento da una città all’altra), i social network diventano straordinari strumenti sia di continuità rispetto alle cerchie amicali di cui si teme l’allontanamento sia di “riposizionamento” sociale nella costruzione di nuove amicizie e relazione da monitorare, in un mix strategico di on e off-line.
Tramite il monitoraggio dei profili altrui, si ricostruiscono le abitudini, i gusti, gli atteggiamenti dei soggetti recentemente incontrati, alimentando nuovi gruppi amicali (per esempio il gruppo dei nuovi compagni dell’università).
Una ulteriore funzione è quella del “management in profondità”: i social network sembrano aiutare i soggetti a “prendersi cura” delle diverse cerchie amicali consolidate. Di fronte alla complessità nel gestire gruppi di amici, e di fronte alla articolazione frammentata delle relazioni, specie nei periodi di transito e cambiamento, il social network riesce, in maniera visibile e tangibile, a organizzare le reti di interessi, continuando a sentire “tutti vicini” i propri contatti, attraverso la profondità delle relazioni intrattenuti anche, ma non solo, nell’on-line. Da questo punto di vista il social network si dimostra uno strumento straordinario di organizzazione affettiva.
Infine una terza funzione dei social network, centrale per i soggetti intervistati, è quella fatica: tali strumenti attivano e coltivano il desiderio di mantenere sempre aperta la comunicazione con i propri amici, rimanendo sempre connessi, raggiungibili, rintracciabili durante ampie fasce della giornata. E’ “il non sentirsi mai soli” e isolati, ma sempre al centro dei pensieri della propria rete amicale.
Al di fuori della dimensione relazionale, altre funzioni caratterizzano l’uso dei social network: innanzitutto la funzione performativa. E’ essa parzialmente diffusa e riguarda la produzione e condivisione di contenuti. Si tratta di una pratica considerata dai soggetti non centrale e comunque con ricadute fortemente relazionali: si condividono contenuti per intessere relazioni
Ma ciò che caratterizza sostanzialmente i differenti usi dei social network è legato alla gestione dell’identità e delle reti sociali: sono questi gli elementi che più di altri delineano i profili individuati.
I profili: chi fa cosa
Partiamo dal primo profilo: i riservati. Sono i soggetti caratterizzati da un uso strumentale (nelle pratiche) e stabilizzante (nelle relazioni) dei social network.
Si tratta di quei soggetti che hanno un uso dei social network limitato e disincantato. Molto spesso l'adozione è avvenuta per imitazione del gruppo dei pari o di amici: si percepisce quasi una sorta di obbligo sociale, un dovere relazionale. Un po’ come se, senza un proprio profilo su un social network, mancasse uno strumento fondamentale per essere fino in fondo cittadini e giovani. Il paragone più vicino è quello con il telefono mobile: senza cellulare non si può vivere, non si può farne a meno, ma non lo si ama.
Tale profilo si accosta ai diversi mezzi di comunicazioni quasi sempre in un'ottica strumentale: gli impegni legati alla crescita lavorativa o legati al percorso scolastico universitario (si tratta in particolare di soggetti prevalentemente over 20) portano ad assumere un atteggiamento finalizzato e funzionale nella gestione dei social network, dove il tempo dedicato è limitato e relegato in momenti particolari delle giornata.
Tale approccio morigerato non sempre si traduce in un’attenta gestione della privacy: in alcuni casi i soggetti dimostrano un approccio non completamente consapevole dei rischi legati all’esposizione di dati sensibili. Il distacco nei confronti dei social network si traduce in taluni casi in non totale comprensione del funzionamento dei servizi stessi, generando utenti freddi ma non attenti rispetto, per esempio, alla possibilità che soggetti sconosciuti possano vedere liberamente contenuti caricati sul proprio profilo.
In altri casi, soprattutto presso il campione femminile, la riservatezza passa prevalentemente dal controllo dei contenuti caricati. Si sceglie con attenzione il materiale da pubblicare, si cerca di dare di sé informazioni chiare, complete, si monitora e quando necessario si “censurano” interventi altrui nel proprio profilo.
Tale atteggiamento si collega al desiderio di dare di sé un’immagine desiderabile, ma anche alla paura di finire vittime di equivoci e al timore di creare delle discrasie tra la propria immagine off line e on line: è un atteggiamento legato a un certo distacco dai social network, di cui si percepiscono più i rischi che i benefici.
Il distacco nei confronti del mezzo si conferma anche nella gestione delle relazioni sociali on-line: da una parte c’è una certa resistenza ad accettare nella propria rete di amici “virtuali” soggetti non conosciuti faccia a faccia, dall’altra anche le attività su Facebook si limitano al dialogo, confronto, contatto con i pochi soggetti che fanno parte della propria rete amicale.
Il riservato è spesso infatti un soggetto caratterizzato da un orizzonte relazionalmente limitato, con pochi amici, con frequentazioni abitudinarie. Da questo punto di vista il social network non è percepito come strumento per estendere la propria rete di amicizie né di approfondire relazioni con conoscenti lontani con cui si è avuto sempre poco rapporto: il social network si inserisce discretamente in una realtà relazionale stabile e consolidata da mantenere e monitorare.
Un secondo profilo è quello degli ipersocievoli, caratterizzati da un uso dei social network ambientale (nelle pratiche) e stabilizzante (nelle relazioni). Sono quei soggetti che utilizzano i social network per rimanere sempre connessi con la propria rete di contatti, vicini e lontani. L’obiettivo è mantenere una relaziona fatica continua, controllando e monitorando i propri contatti, senza una eccessiva enfasi alla scoperta di “nuove amicizie”, ma piuttosto con un utilizzo strategico dei social network in quanto strumenti per saldare e coltivare le relazioni profonde. I social network diventano così sottofondo abituale della quotidianità: centrale è la possibilità di risultare sempre reperibile e di poter mantenere un contatto diretto con i propri amici. L’uso intenso dei social network da parte di tali soggetti non significa un “abbandono” o una “sostituzione” con le relazioni sociali “reali”, anzi: tali ragazzi continuano a credere che solo la relazione face to face sia realmente in grado di generare dei processi di approfondimento dei rapporti amicali.
Gli ipersocievoli sono soggetti con una gestione dell’identità caratterizzata da un processo di marginalizzazione dei discorsi sul sé, nelle pratiche di utilizzo della piattaforma.
Questo atteggiamento sembra dettato da un lato dalla paura di poter essere giudicato anche in contesti off line (specie nelle città di provincia o nelle regioni del sud) dall’altro dal desiderio di non “sporcare” il profilo sociale e lavorativo che, con la crescita anagrafica, inizia a delinearsi.
Rispetto alla gestione della rete sociale, gli ipersocievoli sembrano utilizzare i social network prevalentemente in termini di organizzazione funzionale, come bussole di socialità attraverso il quale orientare e “pianificare” le proprie amicizie, anche quelle “nuove” che arrivano dall’inserimento in nuovi contesti. Gli strumenti di socialità on-line vengono utilizzati come tool per organizzare in maniera efficace, funzionale e non dispersiva le diverse cerchie relazionali che fanno parte della propria quotidianità, offrendo una mappatura immediata di tutte le proprie amicizie, permettendo di mantenere un contatto continuativo e facile con numeri anche molto elevati di soggetti, con un basso dispendio in termini di risorse emotive, cognitive, temporali.
Un terzo profilo, che abbiamo definito collezionista, si caratterizza per un uso ambientale degli strumenti della comunicazione e dinamizzante delle relazioni. Sono cioè quei soggetti che utilizzano i social network con l’obiettivo di ampliare la propria cerchia amicale, anche al di là della possibilità di trasformare tale contatti on-line in reali amici off-line. In alcuni significativi casi tali soggetti hanno un uso quasi compulsivo della comunicazione mediata e della rete sia come strumento di svago sia come strumento per mantenere e ampliare la propria rete sociale sia in modo mediato sia non mediato. Tali soggetti hanno un atteggiamento di esibizione nell’utilizzo dei social network nella gestione dei contenuti personali caricati: non solo le proprie foto, i filmati, ma anche attraverso la condivisione di foto di terzi, link e gruppi che riguardano gli hobby e gli interessi. L’esibizione passa, inoltre, dalla gestione delle amicizie: in una sorta di uso strategico dei contatti, l’ampiezza della rete amicale (in termini quantitativi di numero di connessioni) ma anche le caratteristiche di tale rete (la presenza di molte belle ragazze, per i maschi, per esempio, ma non solo), diventano un elemento da esibire e di cui vantarsi, una sorta di portfolio da mostrare agli amici e su cui costruire una propria reputazione. Ma l’esibizione passa soprattutto da un uso spregiudicato delle impostazioni di privacy: la reperibilità e riconoscibilità è legata alla necessità di offrire il più possibile informazioni su di sé (foto, dati anagrafici) ai potenziali amici non ancora appartenenti alla propria rete di contatti (virtuale e non). E’ interessante notare come per tali soggetti il livello del mostrarsi implica sia un livello esibitorio (“il mostrarmi”) sia un livello di non nascondimento (“sono sincero, non nascondo”). L’anonimato non rappresenta un’esigenza, anzi, i soggetti con una eccessiva attenzione per la riservatezza e l’anonimato vengono giudicati dai collezionisti come utenti che potenzialmente hanno qualcosa da nascondere, che non dimostrano “reciprocità” nelle relazioni: a una trasparenza di contenuti e materiali mostrati si pretende la medesima trasparenza nei confronti dei soggetti che vogliono accedere alla propria rete amicale virtuale. Le forme di garanzia non sono date dall’essere in un giardino chiuso e protetto dall’esterno, ma dalle dinamiche di reciprocità che animano lo spazio (virtuale, ma non solo) all’interno del quale le relazioni si articolano.
Tali soggetti non operano una sostituzione dei contatti reali con quelli interpersonali mediati, ma utilizzano i social network in maniera ludica per ampliare la rete di conoscenze, senza che queste necessariamente si debbano trasformare in contatti reali, costruendo piuttosto un repertorio di relazioni in potenza: ciò nonostante la rete di contatti on-line deve avere comunque una aderenza con passioni, interessi, comportamenti, età dei soggetti, mostrando come, pur in relazioni in taluni casi totalmente sradicate dai contesti di vita off-line, le identità delle amicizie on-line continuino a contare.
Un ultimo profilo individuato è quello dei conviviali, soggetti con un uso dei social network strumentale e dinamizzante delle relazioni. Rispetto ai collezionisti, tali soggetti credono nell’utilizzo dei social network come strumenti per approfondire e mantenere relazioni sociali con un certo grado di profondità: i conviviali gestiscono le proprie relazioni sia per poterle incrementare sia per approfondire le relazioni già fortemente strutturate.
I conviviali hanno il desiderio di creare nuovi rapporti da inserire nel proprio contesto relazionale off-line: in molti casi questi “nuovi” rapporti nascono grazie a momenti di svolta della vita dei soggetti, come il cambio di città, l’inizio dell’università, la fine di un rapporto amoroso. I social network diventano risorsa importante per costruire rapporti e ricostruire reti di relazioni che possono avere una ricaduta nella vita quotidiana del soggetto. In particolare, alcuni soggetti femminili intervistati utilizzano i social network per conoscere passioni, interessi, personalità di “nuovi” ragazzi, consentendo loro di implementare le possibilità di relazione off-line. La chiacchiera, il gioco, il commento diventano strategie per conoscersi, per condividere momenti che costruiscono intimità e compliticità da spendere poi nella vita off-line.
Per questi soggetti diventa essenziale il controllo della propria identità on-line, la costruzione del proprio profilo e la gestione dei contenuti, inserendo elementi che non risultino né troppo eccentrici né troppo anonimi, cercando di non passare completamente inosservati ma, attraverso un attento management del sé, poter risultare gradevoli e speciali. L’esibizione è così controllata e non spregiudicata, proprio perché necessaria ad attirare solo soggetti e contatti considerati significativi o potenzialmente tali..
In questi soggetti, i social network diventano così uno strumento di socialità ampliata che necessita però di una conferma nella vita reale, attraverso la conoscenza diretta dei contatti implementati on-line. Ancora una volta non siamo di fronte a soggetti che abbandonano la vita off-line in favore di surrogati di relazioni, ma hanno la capacità di utilizzare strategicamente on-line e off-line per moltiplicare la propria socialità.
Conclusioni: un moderato ottimismo?
Giunti alla conclusione dell'intervento è forse necessario rispondere a due domande: da una parte domandarsi quali siano le ragioni profonde che stanno decretando la centralità dei social network tra i consumi e gli immaginari giovanili, dall'altra se tale successo ci deve allarmare o meno.
Facciamo un piccolo passo indietro: la coltivazione di rapporti sociali in Internet non è una novità del 2.0. Internet è popolato da decenni da spazi di socialità: bacheche elettroniche, chat, forum.
Ciò che cambia con i social network è l’intensità di queste relazioni che diventano meno volatili, più radicate e si avvicinano di più a relazioni off-line.
I social network diventano cioè strumenti per gestire con estrema efficacia la socialità e il proprio ruolo nella rete di amicizie, conoscenze e potenziali tali.
In particolare, l’adozione di Facebook sembra legata alla capacità del sito di offrire la possibilità di contattare potenzialmente tutti, anche se non sempre tale potenzialità viene sfruttata realmente e ciò dipende dalle predisposizioni e caratteristiche dei soggetti.
I social network diventano cioè un “rete di possibilità”: la possibilità di contattare tutti e di non perdere nessuno.
Un elemento assai interessante è in questo senso la dimensione della nostalgia: pur di fronte a soggetti giovani, Facebook sembra indurre un tipo particolare di meccanismo “nostalgico” legato a una sorta di management della lontananza spaziale o temporale. Il social network si fa strumento per “ricordarsi” delle persone lontane e passate. Non solo, la stessa piattaforma sembra animata anche dal punto di vista dei contenuti da una forte dimensione nostalgica: la condivisione di link, filmati, immagini legate ai consumi culturali dell’adolescenza e dell’infanzia è pratica assai diffusa. Il social network diventa una piattaforma in grado perciò di accompagnare i giovani verso un futuro relazionali potenzialmente in via di complessificazione, non dimenticando però le vecchie amicizie e contatti, e con un immaginario del passato usato spesso come materiale su cui mantenere vecchie relazioni e fondare nuove conoscenze.
Una ulteriore riflessione riguarda il ruolo della famiglia: diversi soggetti intervistati hanno raccontato di avere tra i loro contatti i propri famigliari. Si tratta in massima parte della famiglia “allargata”: cugini coetanei o parenti lontani (rimasti al paese d’origine o in alcuni casi residenti all’estero). Con questi ultimi in particolare, si intessono relazioni finalizzate al mantenimento del contatto, che non faccia “perdere” il legame con la rete familiare estesa. Da questo punto di vista Facebook rappresenta una grande risorsa per includere nelle cerchie amicali anche i parenti più lontani, condividendo, per esempio, foto dell’infanzia, alimentando così un po’ di quella nostalgia delle origini di cui parlavamo poco prima.
Meno presenti i genitori, sprovvisti per lo più di profilo Facebook: non si dimostra una pregiudiziale nell’accettare i propri parenti stretti, quanto piuttosto una percepita non utilità nell’avere soggetti già “vicini”, se non, ancora una volta, nella condivisione dei contenuti dell’infanzia.
Anche questo ultima riflessione può farci essere moderatamente ottimisti circa la possibile virtuosità dell’utilizzo dei social network da parte dei ragazzi. La ricerca condotta ha mostrato come i ragazzi siano più intelligenti e moderati nell’utilizzo di tali strumenti di quanto certe rappresentazioni mediali vogliano far passare: spesso le critiche ai social network risentono da una parte di un velato conservatorismo e luddismo, dall’altra di una certa pregiudizio da parte degli adulti nei confronti di un mondo che ancora capiscono in parte.
La caratteristica dei social network nell’essere acceleratori e organizzatori di relazioni e socialità non deve dunque spaventarci, se, come accade per la maggior parte dei nostri soggetti, tali relazioni e socialità hanno la capacità di arricchirsi di affettività e significati profondi.