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Il “pressing” ispirato dal vescovo di Ivrea

Contributo alla riflessione in preparazione al convegno con Mons. Miglio che si terrà mercoledì 3 febbraio 2010, alle ore 16.00, presso il Consorzio ASI. Articolo apparso su "La Stampa" di lunedì 1 febbraio 2010 in cui sono riportate alcune dichiarazioni di Mons. Miglio rilasciate a valle dell'ultimo Consiglio Permanente della CEI.

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C’è la preoccupazione dei vescovi per il lavoro dietro l’appello di Benedetto XVI. A conclusione della settimana che ha visto il Consiglio Cei discutere anche di crisi economica, il Papa indica la via del dialogo a governo, imprese e sindacati. La prolusione con cui il cardinale Angelo Bagnasco aveva aperto il «parlamentino» dell’episcopato conteneva già le linee portanti della posizione della Chiesa. La situazione di difficoltà dei «segmenti deboli della popolazione» richiama politica e banche ad «adoperarsi a favore di chi ha perso il lavoro». Poi venerdì, durante la conferenza stampa sul Consiglio Cei, il segretario generale Mariano Crociata ha esplicitato le preoccupazioni emerse dalla «tre giorni» dei vescovi, e ad una domanda sullo stabilimento di Termini Imerese ha risposto riassumendo l’allerta-occupazione dell’episcopato. «Dobbiamo ascoltare il grido di dolore che viene da quanti rischiano di perdere il lavoro, dalle famiglie che ora stanno per rimanere sulla strada - ha affermato Crociata ai giornalisti convocati alla sala Marconi della Radio Vaticana -. Diamo il nostro incoraggiamento allo stesso tempo affinché il lavoro sia conservato e accresciuto». E, in riferimento a Termini Imerese, il «numero due» della Chiesa italiana ha aggiunto: «Laddove ci sono situazioni che hanno dato lavoro fino ad ora, credo che sia auspicabile che si continui a cercare il modo di non farlo mancare». La Chiesa esorta a trovare insieme una soluzione, senza però entrare negli aspetti tecnici. Non propone ricette, ma individua l’obiettivo: affrontare l’emergenza. «Siamo di fronte a famiglie che fino ad ora hanno avuto lavoro e ora sono sulla strada - ha sottolineato Crociata -. Non entro in complesse situazioni socio-economiche e tecniche, ma credo che dobbiamo ascoltare questo grido di dolore».
I timori della Chiesa italiana, proposti al dibattito nell’episcopato anche dal vescovo di Ivrea e responsabile Cei del Welfare Arrigo Miglio e dai presuli del Mezzogiorno, sono stati rilanciati dai mass media e raccolti, come spunto di possibile intervento papale, dal responsabile dell’équipe che cura i discorsi di Benedetto XVI. Come avviene per normale procedura, il prelato veneto Giampiero Gloder, capo dei «ghost-writers» che coadiuvano il Papa nella stesura dei suoi testi, ne ha parlato con il sostituto della Segreteria di Stato Fernando Filoni. Dalla prefettura della Casa pontificia era già stata segnalata la presenza a San Pietro dei lavoratori dell’Alcoa. «Il Santo Padre ha accolto la proposta di richiamare l’attenzionie di tutti, governo, imprese e sindacati, sulla crisi occupazionale in Italia - spiegano in Curia -. A seconda dei temi, ogni settimana all’Angelus ci sono vari riferimenti alle questioni di particolare rilievo, come era accaduto in precedenza con l’immigrazione. Oltre all’occupazione, lo stesso testo conteneva altri tre appelli».
Sul fronte occupazionale, aveva avvertito Miglio, «ci sono delle emergenze: precariato, cassa integrazione, persone che rischiano di restare a breve senza ammortizzatori sociali». Perciò «serve una politica di sostegno a queste persone». Se non si «supera una cultura povera del valore antropologico del lavoro», è impossibile «rimettere il problema al centro dell’attenzione non solo teorica ma anche concreta di tutte le istituzioni».
La Chiesa non indica quali soluzioni adottare, ma ha a cuore il dramma della disoccupazione giovanile, soprattutto in alcune regioni del Sud. «Quando abbiamo il 20, il 30 e in alcune zone anche il 40% di disoccupazione giovanile, c’è il pericolo di avere una generazione di giovani che diventeranno adulti senza aver fatto l’esperienza del lavoro - ammonisce Miglio -. Tutto ciò è un danno economico per i loro progetti, per la loro vita, ma significa che non avranno mai assaporato il valore non solo economico ma esistenziale del lavoro, per la costruzione della propria vita, per la realizzazione di sé».

 

Giacomo Galeazzi

Pubblicato in "La Stampa" del 1 febbraio 2010.

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