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Il Capo Littlechild al Papa: un onore camminare insieme sulla via della riconciliazione

Ottenere per i giovani vera guarigione e vera speranza, dopo un passato di devastazione. Lo sperano le popolazioni indigene First Nations, Mètis e Inuit nel primo incontro con Francesco a Maskwacis. A rivolgere il saluto di benvenuto è il capo indigeno Wilton Littlechild, sopravvissuto alle scuole residenziali e promotore di un cammino di riconciliazione, verità e giustizia, condiviso dal successore di Pietro, ora pellegrino in Canada in spirito penitenziale

"Santità, Kitatamihi, benvenuto nella nostra terra".

Risuona forte sul suolo canadase la voce dei popoli indigeni, che lo abitano "da tempo immemorabile", e questa voce ancestrale parla oggi al successore di Pietro, che ha "viaggiato tanto" per farsi pellegrino con ciascuno di loro. La voce è quella di Chief Wilton Littlechild, "Aquila Dorata" nella lingua Cree. Il capo indigeno, 78 anni ad aprile, ritrova nella sua terra il Papa che aveva lasciato a Roma i primi di aprile con la promessa di rincontrarsi per continuare a parlare di verità, giustizia, perdono. Ora la promessa si avvera ed è proprio lui ad accogliere Francesco al suo arrivo al Bear Park Pow-Wow Grounds, di ritorno dalla sosta silenziosa e solitaria di preghiera, nel cimitero e al memoriale del mancato ritorno di tanti bambini indigeni alle loro famiglie, strappati in nome di un'azione omologatrice studiata a tavolino con la partecipazione dei cristiani, nei secoli scorsi.

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Siamo nell'area di Maskwacis, nell'Alberta centrale, nelle riserve del gruppo delle Tribù Indiane del Canada occidentale, l'area delle scuole residenziali destinate all'assimilazione culturale, in cui entrarono circa 150 mila piccoli indigeni tra l'800 e il '900, e un numero imprecisato vi trovò la morte per maltrattamenti, malnutrizione e abusi. Anche Littlechild era tra questi, come, prima di lui, i suoi genitori sopravvissuti a tanto orrore, ma non tanto da poter crescere i figli, lasciati ai nonni: da loro Littlechild fu portato via per frequentare la Ermineskin Residential School, dove, senza più un nome, ma solo con un'uniforme, sarebbe stato conosciuto come il numero 65. Una infanzia segnata che lo ha trasformato in un uomo impegnato, che non si arrende alla ricerca della giustizia: dalla partecipazione alla Commissione Per la Verità e la Riconciliazione, alla presenza nel Board del fondo creato dai vescovi canadesi per i progetti di riconciliazione.

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Lo sforzo di Francesco, una benedizione

Tutto questo Francesco lo sa: a Roma ha ascoltato ogni storia relativa alle scuole e sofferto per ogni strazio, e le delegazioni dei popoli indigeni che oggi lo ritrovano, lo ricordano bene. E l'apprezzamento è grande: "È un grande onore accoglierLa tra noi. Ha viaggiato molto per essere con noi sulla nostra terra e per camminare con noi sulla via della riconciliazione" sono le prime parole di Littlechild che mette in evidenza il "grande sforzo personale" di Francesco per arrivare così lontano, una "benedizione". Con "Aquila dorata" parlano anche le rappresentanze presenti di Métis e Inuit con i loro canti, le danze, gli abiti ricchi e colorati, giovani, anziani, bambini e famiglie, che, dice il capo indigeno con orgoglio, abitano la terra del Canada, parte di Turtle Island, loro patria. Maskwacis in particolare è la terra ancestrale di alcuni di loro e in ogni nome si sente un'appartenzenza, un legame con il suolo e con le sue creature.

La terra e il dolore

Il mio nome è "Usow- Kiew", dice, "sono stato studente qui alla scuola residenziale di Ermineskin" che oggi le rappresenta tutte. Luoghi - aveva detto il Papa ricevendoli a Roma 1 aprile 2022, in cui si è manifestata l'agghiacciante volontà di far perdere la propria dignità." Oggi il Papa li ha davanti agli occhi un'altra volta, alcuni dei sopravvissuti. Littlechild racconta di aver ascoltato, come membro della Commissione per la Verità e Riconciliazione - attiva dal 2008 al 2015 proprio per far luce  sulla realtà di quelle scuole e avviare progetti di riconciliazione - circa 7000 testimonianze di ex allievi sopravvissuti. Poi, ricorda l'incontro in Vaticano in primavera e si comprende dalle sue parole quanto tutti siano stati colpiti dall'ascolto del Papa. Già lo avevano detto in tanti a Roma: "Abbiamo avvertito il dolore nelle sue reazioni".

La compassione di Francesco fonte di profondo conforto

E così oggi ripete anche Littlechild: "Durante il nostro tempo con Lei, è stato chiaro a tutti noi che ha ascoltato profondamente e con grande compassione le testimonianze che hanno raccontato del modo in cui la nostra lingua è stata repressa, la nostra cultura ci è stata sottratta e la nostra spiritualità denigrata. Ha sentito la devastazione che è seguita dal modo in cui le nostre famiglie sono state distrutte. Le parole che ci ha rivolto in risposta sono venute chiaramente dal profondo del Suo cuore e sono state per coloro che le hanno ascoltate fonte di profondo conforto e grande incoraggiamento". Fu allora - ricorda - che il Papa espresse il desiderio di viaggiare per raggiungere il Canada dove, aveva detto, "potrà meglio esprimervi la mia vicinanza".

Ci sia una vera guarigione  e una vera speranza per le generazioni future

Ed ora il primo passo insieme, si sta muovendo: "Ha detto che viene come pellegrino - afferma il capo indigeno - cercando di camminare insieme a noi sulla via della verità, della giustizia, della guarigione, della riconciliazione e della speranza". Oltre alla gioia di questa vicinanza nel viaggio c'è una speranza nelle parole conclusive di Littlechild, quella che l'incontro di oggi e i discorsi pronunciati "otterranno una vera guarigione e una vera speranza per molte generazioni a venire".

Santità, Kitatamihi, benvenuto nella nostra terra.

 

Gabriella Ceraso - Città del Vaticano

© www.vaticannews.va, lunedì 25 luglio 2022

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