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«Il Crocifisso non è un accessorio di moda da esibire ma il mistero dell'amore di Dio»

Francesco all'Angelus ricorda che «il Vangelo di oggi ci invita a volgere il nostro sguardo alla Croce di Gesù che non è un oggetto ornamentale, a volte abusato!, ma un segno religioso da contemplare e comprendere». E ricorda la visita di sabato nei luoghi di Padre Pio: «Non la dimenticherò»

Dove si rivela la gloria di Gesù? Come guardiamo noi il Crocifisso? Come «un oggetto ornamentale o un accessorio di abbigliamento, a volte abusato», chiede papa Francesco all’Angelus, o invece «come un segno religioso da contemplare e comprendere? Come un’opera d’arte, per vedere se è bello o non bello? O guardo dentro, entro nelle piaghe di Gesù fino al suo cuore? Guardo il mistero del Dio annientato fino alla morte, come uno schiavo, come un criminale?».

È la quinta domenica di Quaresima e il Vangelo di Giovanni racconta un episodio avvenuto negli ultimi giorni della vita di Cristo quando a Gerusalemme per la Pasqua ebraica arrivano anche alcuni greci che «vogliono vedere Gesù». Giovanni, spiega il Papa, «pone in risalto questa frase, centrata sul verbo vedere, che nel vocabolario dell’evangelista significa andare oltre le apparenze per cogliere il mistero di una persona. La reazione di Gesù», continua il Pontefice, «è sorprendente. Egli non risponde con un “sì” o con un “no”, ma dice: “È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato”. Queste parole, che sembrano a prima vista ignorare la domanda di quei greci, in realtà danno la vera risposta, perché chi vuole conoscere Gesù deve guardare alla croce, dove si rivela la sua gloria». I

l Papa invita a guardare dentro il Crocifisso, a vedere Gesù da dentro, a contemplare le sue piaghe: «Non dimenticatevi di questo: guardare il crocifisso, ma guardarlo dentro», raccomanda. «C’è questa bella devozione di pregare un Padre Nostro a ognuna delle cinque piaghe: quando preghiamo quel Padre Nostro, cerchiamo di entrare per le piaghe di Gesù dentro, dentro, proprio al suo cuore. E lì impareremo la grande saggezza del mistero di Cristo, la grande saggezza della croce».

angelus_2375494.jpg«Siamo chiamati a fare nostra la legge pasquale del perdere la vita per riceverla nuova ed eterna»

Gesù, per spiegare il significato della sua morte e risurrezione, si serve dell’immagine del chicco di grano che muore e produce molto frutto: «Vuole far capire», spiega il Papa, «che la sua vicenda estrema – morte e risurrezione – è un atto di fecondità, che porterà frutto per molti. Così paragona sé stesso al chicco di grano che marcendo nella terra genera nuova vita. Con l’Incarnazione Gesù è venuto sulla terra; ma questo non basta: Egli deve anche morire, per riscattare gli uomini dalla schiavitù del peccato e donare loro una nuova vita riconciliata nell’amore». E aggiunge a braccio: «Ho detto “per riscattare gli uomini”: ma, per riscattare me, te, tutti noi, ognuno di noi, Lui ha pagato quel prezzo. Questo è il mistero di Cristo. Va’ verso le sue piaghe, entra, contempla; vedi Gesù, ma da dentro».

Ma, avverte ancora il Papa, «questo dinamismo del chicco di grano, compiutosi in Gesù, deve realizzarsi anche in noi suoi discepoli: siamo chiamati a fare nostra la legge pasquale del perdere la vita per riceverla nuova ed eterna. Cosa significa», chiede Francesco, «perdere la vita? Significa pensare di meno a sé stessi, agli interessi personali, e saper “vedere” e andare incontro ai bisogni del nostro prossimo, specialmente degli ultimi. Compiere con gioia opere di carità verso quanti soffrono nel corpo e nello spirito è il modo più autentico di vivere il Vangelo, è il fondamento necessario perché le nostre comunità crescano nella fraternità e nell’accoglienza reciproca. Voglio vedere Gesù, ma vederlo da dentro. Entra nelle sue piaghe e contempla quell’amore del suo cuore per te, per te, per te, per me, per tutti».

Al termine dell’Angelus, dopo i saluti ai vari gruppi di pellegrini arrivati a San Pietro, Francesco ricorda la visita di sabato a Pietrelcina e San Giovanni Rotondo, una visita, dice, «che davvero non dimenticherò»: «Saluto con affetto e ringrazio le comunità delle diocesi di Benevento e di Manfredonia, i vescovi di Benevento e Manfredonia, mons. Accrocca e mons. Castoro, i consacrati, i fedeli, le autorità; ringrazio per la calorosa accoglienza e porto nel cuore tutti, ma specialmente i malati della Casa Sollievo della sofferenza, gli anziani e i giovani. Che Padre Pio benedica tutti».

Antonio Sanfrancesco

© www.famigliacristiana.it, domenica 18 marzo 2018

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