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Il Natale della crisi

Sapremo recuperare il valore prezioso dei rapporti umani ora che non abbiamo più i mezzi per delegare a un oggetto «importante» la manifestazione del nostro affetto?

 

primo-piano_2348740.jpgBenedetto Natale di crisi!

L'altro giorno ho fatto una piccola ma istruttiva esperienza. Sono stato al centro commerciale con mia moglie, la quale aveva con sé la classica lista dei regali da fare a Natale. Chi è maschio e sposato potrà capirmi: di solito si tratta della situazione da cui quasi tutti i mariti vorrebbero scappare, a costo di stare in ufficio a fare gli straordinari...

Invece mi è successa una cosa che non mi capitava da tempo: mi sono persino divertito! Che cosa era successo? Semplicemente ci siamo riscoperti anche noi nella categoria dei tanti italiani che si trovano a «tirare la cinghia», - poco o tanto che sia - e dunque stanno un po' più attenti alle spese. Così, invece di raccattare più o meno a caso tra le offerte degli scaffali, inseguendo l'oggetto tecnologico più propagandato ovvero badando alla griffe del maglioncino, ci è toccato aguzzare l'ingegno, per scovare prodotti certo più modesti ma che «parlassero» con la loro originalità e pertinenza al destinatario, cercando insomma di supplire con la fantasia e col cuore alla diminuita disponibilità finanziaria.

Le difficoltà stimolano, come sanno i poeti. Ma se questo fosse vero anche per la Chiesa? Mi spiego meglio: quante volte abbiamo decantato la povertà di Betlemme, quanti presepi «impegnati» abbiamo costruito scagliandoci contro il consumismo e gli sprechi della nostra società, quante volte abbiamo auspicato una Chiesa più vicina all'ideale evangelico di semplicità e piccolezza... Beh, adesso il Natale di crisi ci offre una possibilità in più anche in tal senso! Sapremo approfittarne?

Sapremo, per esempio, recuperare il valore prezioso dei rapporti umani (anche all'interno delle nostre parrocchie, sì, così spesso scostanti e chiuse), ora che non abbiamo più i mezzi per delegare a un oggetto «importante» la manifestazione del nostro affetto? Sapremo sentire più da vicino il senso dell'uguaglianza fondamentale tra credenti, e tra uomini in genere, adesso che i salti di classe sociale risultano un poco attutiti dalle cattive acque in cui naviga l'economia? Sapremo tornare a sentire un poco più nella carne la fame di ciò che conta davvero, dal momento che i nostri stomaci e soprattutto i nostri desideri sono meno appagati dalla sazietà dell'opulenza?

Abbiamo davanti un'occasione, che certo non abbiamo cercato e che tuttavia potrebbe diventare provvidenziale. Questa crisi è anche, deve essere o diventare, un'occasione spirituale: da cogliere singolarmente e come comunità, cominciando dal prossimo Natale. Che cosa del resto sarebbe più adatto della scena di Betlemme per rappresentare una salvezza che nasce proprio dal niente, l'infinito deposto sulla paglia?

Io lo auguro a me stesso, a tutti i lettori di questo blog che mi diventa sempre più caro e anche alla Chiesa tutta, che così spesso critico: coraggio, meno battaglie sull'Ici e più profondità nell'indicare agli uomini che cosa ci sta a cuore davvero. Dal Natale di quella volta là, il gioco dei cristiani è sempre stato: vince chi perde.

Roberto Beretta

© www.vinonuovo.it, 22 dicembre 2011

 

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