Il Papa: l’integralismo è una peste, dialogo interreligioso è risposta a piaghe del mondo
Nel mondo “precario” di oggi il dialogo tra le religioni “non è un segno di debolezza”, perché i credenti sono un “fattore di pace per le società umane”: di fronte a chi accusa “ingiustamente” le religioni di “fomentare l’odio” ed essere “causa” di violenza, la risposta è nel ribadire che “l'integralismo è una peste”, tenendo pure presente che tutte le religioni hanno al loro interno un gruppo integralista. Così Papa Francesco ricevendo in Vaticano i partecipanti all’incontro promosso dall’Istituto per il dialogo interreligioso dell’Argentina, focalizzato sul Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, firmato nel febbraio scorso ad Abu Dhabi dal Pontefice e dal Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb.
Lettura e comprensione
Francesco sottolinea l’importanza che tale testo, di “carattere universale”, venga diffuso anche nelle Americhe: la particolarità e la sensibilità dei diversi Paesi e Continenti - nota - possono “contribuire davvero ad una lettura dettagliata” del documento e ad una sua maggiore e più efficace comprensione. Il Papa ricorda di aver sottolineato, nel corso dell’incontro interreligioso del suo viaggio apostolico negli Emirati Arabi Uniti, come nel contesto attuale non ci sia “alternativa” per le religioni: “o costruiremo insieme l’avvenire o non ci sarà futuro”, aveva evidenziato al Founder’s Memorial di Abu Dhabi. Ora ribadisce che le tradizioni religiose sono una “necessaria fonte di ispirazione” per promuovere una “cultura dell'incontro”, secondo il “dialogo di Dio con l’umanità”: è “fondamentale” - chiarisce - la cooperazione interreligiosa, basata sulla “promozione di un dialogo sincero e rispettoso”, che punti “verso l’unità senza confondere”, “mantenendo le identità”. Il Papa pensa ad una un’unità che vada “oltre il mero patto politico”: ricorda la riflessione di un politico europeo “molto saggio” che, a proposito del Documento sulla fratellanza umana, ha citato la Conferenza di Yalta per la Seconda Guerra Mondiale e ha notato come la Dichiarazione di Abu Dhabi crei “fraternità”, superando anche “i patti” politici: nel frattempo, raccomanda comunque Francesco, è necessario “a livello politico fare ciò che si può fare”, perché pure è “importante”.
Una cultura del dialogo
Il mondo, ricorda il Pontefice, “osserva costantemente” i credenti per vedere quale sia “il nostro atteggiamento” nei confronti della casa comune e dei diritti umani, collaborando anche con uomini e donne non credenti per “dare risposte efficaci” a tante piaghe del nostro mondo: “la guerra e la fame, la miseria che affligge milioni di persone, la crisi ambientale, la violenza, la corruzione e il degrado morale, la crisi della famiglia, dell'economia e, soprattutto, la mancanza di speranza”. Oggi, aggiunge, si tratta di cambiare quegli “atteggiamenti” che nella storia hanno portato alle cosiddette guerre di religione: ricorda la Notte di San Bartolomeo, riferendosi al massacro degli ugonotti nell’agosto del 1572 a Parigi. Il Documento sulla fratellanza umana, prosegue, ci chiama ad adottare una “cultura del dialogo” come “via” da percorrere, una “collaborazione comune” come “condotta”, una conoscenza reciproca “come metodo e criterio” d’azione. Solo così si può affermare “che le religioni non sono un sistema chiuso che non si può cambiare”, ma sono “in cammino”.
La comunità internazionale
La fraternità, riflette il Papa, è una realtà umana “complessa”, che necessita “attenzione” e “delicatezza”. La spinta è allora a promuovere il messaggio di fraternità in tutta la comunità internazionale, passando dalla “semplice tolleranza” alla “vera coesistenza” e alla “convivenza pacifica”, prendendoci cura “l'uno dell'altro”, alimentando una fraternità che non sia “teorica” ma “autentica”, facendo prevalere “l'inclusione” al posto delle “barriere di divisione”.
Giada Aquilino - Città del Vaticano
© www.vaticannews.va, lunedì 18 novembre 2019