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Il Papa: l’ospitalità appartiene alla tradizione cristiana, apriamoci al bene di tutti

Non ci dobbiamo far attrarre da logiche mondane ma metterci in ascolto dei piccoli e dei poveri perché Dio ama mandare i suoi messaggi attraverso di loro e vuole che tutti gli uomini siano salvati. Così il Papa che nel pomeriggio ha presieduto i Vespri nella Solennità della Conversione di San Paolo, a conclusione della 53.ma Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

Guardare oltre “gli interessi di parte” e “i retaggi del passato” nel desiderio di avanzare verso “l’approdo comune”. È l’orizzonte che il Papa delinea al termine della Settimana di Preghiera per l’unità dei cristiani. La sua forte esortazione è quella di continuare, “senza mai stancarci”, a “pregare per invocare da Dio il dono della piena unità”. Qui è diretto il “nostro viaggio ecumenico”, ricorda richiamandosi, nell’omelia dei Vespri nella Solennità della Conversione di san Paolo, a quel viaggio in nave che l’Apostolo fece verso Roma e al naufragio sulle coste di Malta. Forte anche il suo invito all’ospitalità: “alla tavola di una casa cristiana - sottolinea - c’è sempre un piatto di minestra per l’amico di passaggio o il bisognoso che bussa”.

Il primo gesto è quello di sostare in preghiera davanti alla tomba dell’Apostolo e poi davanti alle spoglie del suo discepolo, san Timoteo, provenienti da Termoli, assieme al rappresentante del Patriarcato ecumenico, Sua Eminenza il Metropolita Gennadios, e al rappresentante personale a Roma dell’arcivescovo di Canterbury, Sua Grazia Ian Ernest, al cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, e al segretario del mediamo Dicastero, monsignor Brian Farrel. Nella Basilica di San Paolo fuori le Mura si levano quindi le voci dei cristiani. Francesco saluta tutti i rappresentanti delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali, convenuti così come gli studenti dell’Ecumenical Institute of Bossey, e i giovani ortodossi e ortodossi orientali che qui studiano.

Essere più ospitali anche fra fratelli di diverse confessioni

Nell'omelia Papa Francesco si sofferma sull’ospitalità, partendo dal tema di questa Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, tratto dagli Atti degli apostoli - “Ci trattarono con gentilezza” (Atti 28,2) - e riferito proprio all’atteggiamento di accoglienza degli abitanti di Malta verso i marinai, i soldati e i prigionieri, fra cui san Paolo:

Da questa Settimana di preghiera vorremmo imparare ad essere più ospitali, prima di tutto tra di noi cristiani, anche tra fratelli di diverse confessioni. L’ospitalità appartiene alla tradizione delle comunità e delle famiglie cristiane. I nostri vecchi ci hanno insegnato con l’esempio che alla tavola di una casa cristiana c’è sempre un piatto di minestra per l’amico di passaggio o il bisognoso che bussa. E nei monasteri l’ospite è trattato con grande riguardo, come fosse Cristo. Non perdiamo, anzi, ravviviamo queste usanze che sanno di Vangelo!

Dio ama mandare i suoi messaggi attraverso i piccoli e i poveri

Il Papa ricorda che l’imbarcazione su cui era Paolo, prima di arenarsi nei pressi delle coste di Malta, era stata per diversi giorni in balia della tempesta, e mentre tutti stavano perdendo ogni speranza di sopravvivere, era stato l’Apostolo a rassicurarli, lui che era un prigioniero e quindi fra i più vulnerabili. Il Papa mette quindi, prima di tutto, in luce che quanti sono deboli, quanti hanno materialmente poco da offrire ma fondano la propria ricchezza in Dio, possono donare messaggi preziosi, come le comunità cristiane, anche “quelle meno rilevanti agli occhi del mondo”, se vivono l’amore a Dio e al prossimo, o quelle comunità cristiane perseguitate ed emarginate.

Come nel racconto del naufragio di Paolo, sono spesso i più deboli a portare il messaggio di salvezza più importante. Perché a Dio è piaciuto così: salvarci non con la forza del mondo, ma con la debolezza della croce (cfr 1 Cor 1,20-25). In quanto discepoli di Gesù, dobbiamo perciò stare attenti a non farci attirare da logiche mondane, ma metterci piuttosto in ascolto dei piccoli e dei poveri, perché Dio ama mandare i suoi messaggi per mezzo di loro, che più somigliano al suo Figlio fattosi uomo.

Assimilare la visione di Dio per superare le divisioni

Il racconto degli Atti sottolinea anche che “la priorità di Dio è la salvezza di tutti”:

Anche noi abbiamo bisogno di ripetercelo: è nostro dovere attuare il desiderio prioritario di Dio, il quale, come scrive lo stesso Paolo, «vuole che tutti gli uomini siano salvati». È un invito a non dedicarci esclusivamente alle nostre comunità, ma ad aprirci al bene di tutti, allo sguardo universale di Dio, che si è incarnato per abbracciare l’intero genere umano, ed è morto e risorto per la salvezza di tutti. Se, con la sua grazia, assimiliamo la sua visione, possiamo superare le nostre divisioni.

E come nel naufragio di Paolo ciascuno contribuisce alla salvezza di tutti, così anche fra i cristiani, ogni comunità “ha un dono da offrire agli altri”. “Più guardiamo al di là degli interessi di parte e superiamo i retaggi del passato nel desiderio di avanzare verso l’approdo comune - rimarca - più ci verrà spontaneo riconoscere, accogliere e condividere questi doni”.

Debora Donnini – Città del Vaticano

© www.vaticannews.va, sabato 25 gennaio 2020