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Il Pianteta che speriamo è già cominciato

Dalla nascita di una comunità energetica in ciascuna delle 26 mila parrocchie italiane a un incisivo impegno nella finanza e nel consumo responsabile che aiuti le comunità a diventare carbon free: una serie di proposte concrete lanciate a Taranto per trasformare «in feritoie di speranza, le ferite di un’economia disumana»

«La settimana sociale dei cattolici italiani non si chiude, ma inizia qui a Taranto». È stato ripetuto più volte al termine dell’evento che ha portato in Puglia delegati di ogni diocesi pronti a presentare “buone pratiche”, a far vedere che è possibile cambiare le cose e costruire il “Il pianeta che vogliamo”, tema scelto per questa edizione. Il presidente della Conferenza Episcopale, cardinale Gualtiero Bassetti ha sottolineato «il coraggio della Chiesa», chiesa come comunità di laici e religiosi, a ritrovarsi insieme dopo l’incubo del lockdown e delle distanze forzate, e riprendere il cammino della speranza e della progettualità congiunta, parlando di «temi vitali, fondamentali come la famiglia, il lavoro, l’ambiente» e, soprattutto, ha aggiunto, «rendendo i giovani sempre più protagonisti» Il momento forse più significativo di questa 49esima settimana sociale è stata non a caso la firma del Manifesto dell’Alleanza, un’alleanza tra generazioni, in cui le nuove si fanno forze traenti e garanti di un percorso di svolta, verso quella che papa Francesco definisce un’«ecologia integrale», proponendo un modello che ha tre parole chiave: «condivisione, cooperazione e discernimento collettivo». Sempre Bergoglio ha sottolineato più volte, dalla Laudato si’ in poi e, ancor più, dopo la pandemia, come da soli non si possa fare alcunché, solo lavorando insieme, facendo rete, possiamo migliorare il mondo che viviamo. E il manifesto di Taranto getta le basi per un sistema di alleanze concentriche che porti in ogni diocesi, in ogni territorio, adulti e ragazzi, laici e religiosi, istituzioni e società civile a collaborare per costruire un domani di speranza.

Questa cooperazione consapevole può trasformare le ferite causate da un’economia e da tutta un’ottica disumane in un’opportunità di rinascita. Un auspicio espresso con i 25 platani piantati a Taranto, uno per ogni bimbo vittima dei gas tossici immessi in una città spinta dall’egoismo a tradire la sua vocazione naturale, marittima e di dedizione alla pesca, per un’industria che prometteva guadagni maggiori nel breve periodo, ma alla lunga ha provocato distruzione e sofferenza. Gli alberi sono stati piantati nel quartiere popolare Salinella, altri 25 spunteranno in zona Lama-Tramontone, entrambe aree ferite dalle emissioni tossiche. Proprio qui sta iniziando una riconversione, un riappropriarsi della vita, ma in ogni parte d’Italia ci sono iniziative imprenditoriali che guardano lontano, a un benessere integrale, il solo non ingannevole.

«Taranto rimane una realtà che ci spinge a restare sentinelle vigili, affinché la logica del profitto non prevalga su quella della salute. Tutto l’acciaio del mondo non vale la vita dei bambini, dei nostri giovani. Dobbiamo essere noi il cambiamento. Dobbiamo creare almeno una comunità energetica in ciascuna delle 26 mila parrocchie italiane», ha detto monsignor Filippo Santoro, auspicando che le sue non siano «conclusioni ma prosecuzioni». Il portafoglio del pubblico, ha detto l’arcivescovo di Taranto, guardi alle aziende meritevoli per la loro attenzione all’ecologia integrale, le premi. Ogni diocesi s’impegni a fare in modo che il proprio territorio sia carbon free, e che in esso i prodotti vengano dal caporalato free,siano iberi da sfruttamento, legati a giustizia e dignità nel lavoro. La quarta proposta concreta, è l’alleanza tra le forze di buona volontà, anche quella tra imprenditori generosi che guardano non solo al business ma anche all’impatto della loro attività sull’ambiente. Il metodo è quello della sinodalità a tutto tondo, di confronto, dialogo, cooperazione, secondo la via indicata dai sette punti del Manifesto.

Monsignor Santoro ha richiamato le proposte avanzate nella precedente settimana sociale di Cagliari del 2015 (come ad esempio rimodulare le aliquote Iva per le imprese che producono rispettando criteri ambientali e sociali «oggettivamente misurabili»), assicurando una costante vigilanza da parte delle comunità ecclesiali. Le diocesi si impegnano a promuovere cooperative che abbraccino questa nuova filosofia produttiva, nella formazione e nella catechesi per diffondere l’amore per il creato, nella strada verso la «conversione ecologica», espressione che, ha sottolineato il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, oramai è stata abbracciata anche dalla politica e dal mondo laico, dipenderà dall’attenzione che si dedicherà nell’applicare i modelli portati a galla dalle buone pratiche, tenendo conto delle specificità e delle reali esigenze dei territori. E anche in questo, nello studio e nell’ascolto, s’impegnano le diocesi. Il pianeta che speriamo è già cominciato, e solo proseguendo questo cammino le ferite si trasformeranno in feritoie di speranze.

 

Luciano Regolo

© www.famigliacristiana.it, domenica 24 ottobre 2021

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