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Il Triduo Pasquale

Commento di don Antonio Parisi alla Lettera della Congregazione per il Culto Divino del 1988 in riferimento alla celebrazione delle feste pasquali

Il Proemio (n. 3) si apre con una constatazione: in alcune regioni questi riti particolari sono vissuti e frequentati con grande profitto; invece in altri posti la Veglia viene vissuta come una semplice messa vespertina. Inoltre, capita che da parte del popolo si dia più importanza ai pii esercizi (Via Crucis, processioni dei misteri e dell’Addolorata) che ai riti liturgici, propri del Triduo sacro.

E la Lettera dà la colpa “soprattutto ad una formazione non ancora sufficiente del clero e dei fedeli circa il mistero pasquale, come centro dell’anno liturgico e della vita cristiana”.

Altro motivo della scarsa presenza a queste celebrazioni è la concomitanza delle vacanze con la Settimana santa. (n. 4).  Le norme presentate con vigore aiutano a “celebrare nel migliore dei modi i grandi misteri della nostra salvezza e agevolare la fruttuosa partecipazione di tutti i fedeli”.

Purtroppo ancora dopo 60 anni dalla grande riforma liturgica del Vaticano II, si assiste ad una scarsa formazione sia del clero che dei fedeli circa una comprensione vera e profonda del mistero pasquale. Sembra che il Triduo Pasquale non incida profondamente nel cammino dell’Anno liturgico.

Il n. 17 ribadisce ancora una volta che “in Quaresima non sono ammessi i fiori sull’altare e il suono degli strumenti è permesso soltanto per sostenere i canti nel rispetto dell’indole penitenziale di questo tempo”.

Gli strumenti devono essere suonati soltanto per accompagnare il canto, ma io aggiungo che bisogna parlare non di strumenti, ma di un solo strumento. I vari strumenti li riserveremo al giorno di Pasqua, appunto per rendere più solenne e partecipata la celebrazione. 

Importante anche la raccomandazione del n. 19 “Si scelgano soprattutto nelle celebrazioni eucaristiche, ma anche nei pii esercizi, canti adatti a questo tempo e rispondenti il più possibile ai testi liturgici”.

Un consiglio per la processione della Domenica delle Palme: “Nella processione si eseguono dalla schola e dal popolo i canti proposti dal Messale Romano, come i salmi 23 e 46 ed altri canti adatti in onore di Cristo Re”.

Viene evidenziata in questi numeri (17,19) la preoccupazione di scegliere canti pertinenti e adatti a questi riti, tenendo ben presenti i testi liturgici inseriti nel Messale. Quindi occorre preparare, partendo dalla Domenica delle Palme fino alla Veglia Pasquale, canti che formano un tutt’uno con la celebrazione; bandire canti generici e poco appropriati.

Per rendere solenne la storia della Passione bisogna cantarla, meglio dire cantillarla.[1] È una tecnica particolare, è un recitar cantando a cui fanno riferimento i musicisti. Vanno scelti lettori o cantori che siano in grado di rendere al meglio questa proclamazione cantillata.

Il n. 40 richiama un’altra possibilità per rendere questi giorni veramente partecipati:[2] il canto dell’Ufficio delle Letture; la semplice lettura non rende il significato profondo e il senso di questo momento celebrativo. È un rito che la Chiesa compie per preparare il grande evento della celebrazione pomeridiana.

Ancora una volta il n. 41 richiama la presenza di un congruo numero di ministri e ministranti preparati per compiere al meglio il loro servizio. Non si può assistere a sciatterie e improvvisazioni in questi riti importanti e fondamentali. Anche i fedeli vanno preparati, con catechesi opportune, alla comprensione vera e profonda della struttura dei vari riti.

Arriviamo alla affermazione decisa e forte, del n. 42 in cui si stabilisce[3] che il canto del popolo, dei ministri e del sacerdote celebrante riviste una particolare importanza. Anche l’ordine richiamato ha la sua rilevanza: popolo, ministri, sacerdote celebrante.

Al primo posto viene il canto del popolo che risponde, dialoga e si alterna al canto dei ministri e del sacerdote. Non è concepibile che in questi riti il sacerdote celebrante non canti alcun testo; è un problema psicologico che va superato, perché non si tratta di canto spiegato, ma di semplice cantillazione su poche note, si tratta di un dialogo cantato, di una acclamazione che esige una risposta cantata. 

Qual è lo scopo e il significato di questo cantare: rendere più solenne la celebrazione e dare più forza ai testi.

E la Lettera scende nei particolari indicando i testi che vanno eseguiti col canto:

 

  1. a) l’orazione universale il venerdì santo nella Passione del Signore; l’invito del diacono, se viene fatto, o l’acclamazione del popolo;
  2. b) i testi per mostrare e adorare la croce;
  3. e) le acclamazioni nella processione con il cero pasquale e nello stesso «preconio»,

l’«Alleluia» responsoriale, le litanie dei Santi e l’acclamazione dopo la benedizione dell’acqua.

 

Ancora la raccomandazione[4] alle Conferenze episcopali di preparare un repertorio proprio per queste celebrazioni. Si ribadisce con forza che bisogna cantare testi propri con proprie melodie. Nel Messale i testi ci sono, mancano le melodie ufficiali per la Settimana santa. Cosa si aspetta ad accogliere questo pressante invito?

Ecco l’elenco dei canti obbligatori per queste celebrazioni:

 

In particolar modo siano proposti:

  1. a) i canti per la benedizione e processione delle Palme e per l’ingresso nella chiesa;
  2. b) i canti per la processione dei sacri oli;
  3. c) i canti per accompagnare la processione delle offerte della Messa nella Cena del Signore e l’Inno per la processione, con cui si trasporta il Santissimo Sacramento nella cappella della reposizione;
  4. d) le risposte dei salmi nella Veglia pasquale e i canti per l’aspersione con l’acqua.

 

Non manca nulla in questo elenco;[5] viene anche raccomandato l’utilizzo della musica sacra sia antica che contemporanea, ma con una attenzione, assicurare la debita partecipazione del popolo. Il popolo ha il dovere e l’obbligo di cantare. Si offre la possibilità di riprendere il patrimonio storico della musica sacra per rendere il canto pertinente e appropriato a tali riti. Sono state scritte pagine stupende per accompagnare la processione delle Palme, l’adorazione della croce (i Lamenti del Signore), la Passione del Venerdì santo, l’Exultet pasquale, i vari Alleluia pasquale e canti di esultanza al Cristo Risorto.

Il n. 43 richiama anche gli alunni dei seminari[6] ad acquisire una piena e completa formazione liturgica; ma sembra che a riguardo i seminari fanno orecchio da mercante. Formazione liturgica e non cerimonie; formazione sta a indicare comprensione e significato dei riti; acquisire poi nel realizzare i riti, quella nobile semplicità di cui parla il Concilio Vaticano II. Non orpelli, pizzi, inchini e baciamano vari, ma andare a fondo del valore del rito e del suo intimo significato. 

Per la cappella per la custodia del Santissimo Sacramento il n. 49 indica con una parola – sobrietà – il criterio da osservare per ogni allestimento, evitando e rimuovendo ogni abuso.

Ancora indicazioni concrete per l’inno Gloria a Dio (n. 50) in cui si suonano le campane, che riprenderanno a suonare nella Veglia pasquale e viene ribadita ancora l’indicazione che gli strumenti devono tacere oppure suonare soltanto per accompagnare il canto.

Direi che è obbligatorio cantare il Gloria in questa celebrazione del Giovedì santo. Un’altra indicazione pratica, durante la raccolta delle offerte si canta Dov’è carità e amore. Così come viene suggerito il canto del Pange Lingua o un altro canto eucaristico durante la processione per riporre il SS. nella cappella.

Per l’inizio del rito del Venerdì santo,[7] viene data una indicazione precisa: la processione avviene in silenzio; così come alla fine della celebrazione si ritorna in sacrestia in silenzio. È un silenzio indispensabile e significativo; è un silenzio che parla nel profondo del cuore di tutti.

Il n. 66 stabilisce che oltre le letture, anche il salmo responsoriale e il canto al Vangelo si eseguano in canto.

Come comportarsi per la storia della Passione del Signore secondo Giovanni: la Lettera dice che si canta o si legge; quindi il primo invito è a cantare (cantillare) la Passione. In questo modo si prolunga il tempo della celebrazione, ma io penso che durante tutto il Triduo non dobbiamo avere preoccupazione del tempo da impiegare, ma quando i riti si svolgono in pienezza e verità, il tempo sembra scorrere velocemente.

Un’altra possibilità è quella di leggere la Passione, ma inserire delle acclamazioni cantate in alcuni punti significativi[8] oppure con dei ritornelli cantati che spezzano la lettura e fanno prendere respiro all’ascolto (per es. “Passione di Cristo Passione d’amore”)

Un’altra indicazione preziosa al n. 68: la Croce da portare in processione sia “sufficientemente grande e di pregio artistico”. Ancora una precisazione: tutto il rito richiede lo “splendore di dignità” che si ottiene con il silenzio e il canto. Sono suggerimenti unici che invitano a celebrare con arte questi santi misteri. È l’arte del celebrare che si ottiene con gesti, segni, posture, parole, canti, significativi e importanti.

Per quanto riguarda i canti durante l’adorazione della Croce si suggeriscono le antifone, i “Lamenti del Signore”, l’Inno, che ricordano in modo lirico la storia della salvezza. Oppure, in seconda battuta, altri canti adatti.

Confermata ancora una volta l’attenzione nella scelta dei testi da cantare: sono i testi liturgici del Messale che hanno la precedenza su altri canti.

Si fa riferimento anche ai pii esercizi (n. 72);  (Via Crucis, processione della Passione e la memoria dei dolori della Vergine Maria); controllare i testi e i canti di questi pii esercizi; devono essere in armonia con lo spirito liturgico. Bandire il folclore da queste processioni; siano orientate alla azione liturgica che si svolge in chiesa.

 

  1. a) Significato della caratteristica notturna della Veglia pasquale

 

Il n. 78 offre indicazioni precise circa l’orario di inizio della Veglia pasquale.[9]

Ancora ribadita la raccomandazione di compiere con “ampiezza e nobiltà le varie azioni simboliche e gesti della prima parte della Veglia”. (n. 82) Il fuoco abbia una fiamma visibile dentro le tenebre della notte e non una semplice fiammella che si spegne ad ogni folata di vento. Il cero rappresenta Cristo luce del mondo: che sia fatto di cera e di grandezza notevole e non di plastica.

 

L’EXULTET o PRECONIO PASQUALE

L’etimologia latina praeconium da praeco = banditore di un testo poetico di annuncio solenne.

La Lettera dice che si tratta di un “poema lirico che proclama tutto il mistero pasquale inserito nell’economia della salvezza”. Quindi un poema va cantato, declamato, recitato. Scegliere una bella voce che possa eseguirlo; quindi anche un cantore donna che abbia la capacità di realizzarlo in maniera sublime ed efficace. Sarebbe una caduta di stile recitarlo soltanto o peggio farlo cantare da una voce non adatta, non preparata. È anche bene intervallarlo con delle acclamazioni per rendere attiva la partecipazione del popolo. (per es. “Tu sei la luce, tu sei la vita, gloria a te, Signore”).

La seconda parte della Veglia comprende le letture; l’indicazione che viene data è il rispetto di un tempo adeguato e di una durata coerente della Veglia.  Molto chiara anche l’indicazione di cantare il salmo dopo la lettura con la risposta del popolo e “si eviti con attenzione di introdurre canzoncine popolari al posto dei salmi”.[10]  

Ancora una precisa raccomandazione: i testi e i canti sono quelli ufficiali del Messale e del Lezionario, niente canzoncine fuori luogo, fuori posto e non pertinenti al rito.

I fedeli ascoltando le Letture le possono meditare con il canto del salmo responsoriale, il silenzio e l’orazione del celebrante (n. 85).

ALLELUIA: è il momento più importante e significativo della Veglia. Durante la Quaresima non l’abbiamo cantato; i Padri della Chiesa dicevano che siamo rimasti orfani dell’Alleluia; addirittura in qualche posto si faceva il funerale dell’Alleluia. Ora viene ripreso e cantato per tre volte, alzando di un semitono o un tono l’incipit. Alleluia significa Hallelu = lodate e Yah formula abbreviata di Yhavè nome proprio di Dio. Quindi sta a significare LODATE DIO, come allora non esplodere con questa acclamazione forte, robusta, significativa, corale? La canta il celebrante e la ripete il popolo e poi il coro canta il salmo 117, caratteristico del tempo pasquale.

Al numero 89 viene indicato il canto da eseguire durante l’aspersione del popolo, passando per le navate; è il canto “Ecco l’acqua”, oppure un altro canto di carattere battesimale.

Per la liturgia eucaristica (n. 91) si raccomanda di “non celebrarla in fretta… al contrario conviene che tutti i riti e tutte le parole raggiungano la massima forza di espressione”. Una indicazione che sottolinea l’aspetto espressivo e comunicativo del ruolo del celebrante; bisogna celebrare con calma, dando peso alle parole, rispettando i respiri della frase, insomma si diventa quasi “attori” che devono interpretare al meglio la partitura.[11]

 

  1. C) Alcune avvertenze pastorali

Il numero 93 consegna lo spartito della Veglia pasquale[12]:

- ricchezza dei riti e delle orazioni

- verità dei segni

- partecipazione dei fedeli

- presenza dei ministranti (lettori e schola cantorum).

 

È lodevole il continuo riferimenti a questi elementi indispensabili per celebrare bene non solo il Triduo Pasquale, ma ogni celebrazione lungo tutto l’Anno Liturgico. Specie questi riti particolari non possono essere realizzati e celebrati con abitudine, monotonia, uniformità, ma bisogna renderli vivi e partecipati, solo così essi diventano alimento della nostra fede.

Ancora un richiamo (n. 95) ai pastori: invitare i fedeli a prendere parte a tutta la Veglia pasquale. Ma per ottenere questo, “gli stessi pastori acquisiscano una conoscenza più profonda dei testi e dei riti per poter impartire una vera mistagogia” (n. 96). La questione si riconduce sempre al sacerdote celebrante; è lui il primo pedagogo, il primo liturgista, il primo cantore che deve guidare e trascinare il popolo di Dio verso una celebrazione vera, dignitosa, partecipata.

 

  1. B) IL GIORNO DI PASQUA

Si invita a celebrare con grande solennità la Messa del giorno di Pasqua, compiendo l’aspersione dell’acqua come atto penitenziale ed eseguendo il canto “Ecco l’acqua” (n. 97).

Ribadiamo ancora una volta quali sono gli elementi di una vera solennità celebrativa: il canto del popolo, la verità dei segni, la presenza di tutte le varie ministerialità, un respiro di gioia ed esultanza realizzato con la partecipazione piena, attiva e consapevole da parte di tutti.

C’è anche la proposta di celebrare i Vespri battesimali (n. 98) la sera del giorno di Pasqua; una buona occasione per riproporre questa celebrazione. Purtroppo le tante messe serali sia del sabato sera che della domenica sera hanno eliminato del tutto questa preghiera. Non si è riusciti ad inserirla nel cammino ordinario dell’Anno liturgico; è stata una sconfitta della Riforma Liturgica del Vaticano II.

 

IL TEMPO PASQUALE

Necessaria la sottolineatura di considerare i cinquanta giorni “come un solo giorno di festa, anzi come la grande domenica”; quindi bisogna dire domenica di Pasqua e non dopo Pasqua. (n. 101). E l’altra sottolineatura essenziale è il termine mistagogia (n.102) con cui si invitano i neo battezzati ad intraprendere un percorso di apprendimento, conoscenza e testimonianza. Mistagogia significa guidare qualcuno, introdurre nei misteri, è l’azione di colui che conduce un altro e lo fa entrare nella comprensione dei misteri.[13]

Il numero 106 fa riferimento a consuetudini e tradizioni popolari “collegate con le celebrazioni pasquali che talvolta richiamano un maggior concorso di gente rispetto alle celebrazioni liturgiche”, non vanno disprezzate ma orientate, per quanto possibile, verso una mentalità religiosa più matura e purificata da un semplice folclore superficiale.

Utile anche la conclusione con la raccomandazione di “testimoniare nella vita il mistero della Pasqua celebrato nella fede”.[14]

don Antonio Parisi

 

[1] “La storia della Passione (n. 33) riveste particolare solennità.  Si provveda affinché sia cantata o letta secondo il modo tradizionale, cioè da tre persone che rivestono la parte di Cristo, dello storico e del popolo. Il «Passio»  viene cantato o letto dai diaconi o dai sacerdoti o, in loro mancanza, dai lettori, nel qual caso la parte di Cristo deve essere riservata al sacerdote”.

[2] 40. “É raccomandata la celebrazione comunitaria dell’Ufficio delle letture e delle Lodi mattutine nel venerdì della Passione del Signore ed anche il sabato santo. Conviene che vi partecipi il vescovo, per quanto possibile nella chiesa cattedrale, con il clero e il popolo”.

[3] 42. Il canto del popolo, dei ministri e del sacerdote celebrante riveste una particolare importanza nella celebrazione della Settimana santa e specialmente del Triduo pasquale, perché è più consono alla solennità di questi giorni ed anche perché i testi ottengono maggiore forza quando vengono eseguiti in canto.

[4] I testi liturgici dei canti, destinati a favorire la partecipazione del popolo, non vengano omessi con facilità; le loro traduzioni in lingua volgare siano accompagnate dalle rispettive melodie. Se ancora non sono disponibili questi testi in lingua volgare per una liturgia cantata, nel frattempo vengano scelti altri testi simili ad essi. Si provveda opportunamente a redigere un repertorio proprio per queste celebrazioni, da adoperarsi soltanto durante il loro svolgimento.

[5] Siano preparate melodie adatte a facilitare il canto per i testi della storia della Passione, del «Preconio» pasquale e della benedizione con l’acqua battesimale. Nelle chiese maggiori venga adoperato il tesoro abbondante della musica sacra sia antica che moderna; sempre però sia assicurata la debita partecipazione del popolo.

[6] 43…..Affinché gli alunni dei seminari possano «vivere il mistero pasquale di Cristo così da saper iniziare ad esso il popolo che sarà loro affidato» è necessario che essi ricevano una piena e completa formazione liturgica. É molto opportuno che gli alunni, durante gli anni della loro preparazione nel seminario, facciano esperienza delle forme più ricche di celebrazione delle feste pasquali, specialmente di quelle presiedute dal vescovo.

[7] 65. Il sacerdote e i ministri si recano all’altare in silenzio, senza canto. Se vengono dette parole di introduzione, ciò sia fatto prima dell’ingresso dei ministri.

[8]Sono dei semplici interventi cantati che ho realizzato per la Cattedrale di Bari.

-  Dopo Gv 18,27 (Ti lascio nell’orto da solo…)

- Dopo Gv 19,16 (Il Vero e l’Amore tu sei …)

- Dopo Gv 19,27 (Gesù, tu ci affidi alla Madre…)

- Dopo Gv 19,37 (Dal basso la lancia…)

- Dopo Gv 19,42 (Accanto al sepolcro vegliamo…)

[9] 78. «L’intera celebrazione della Veglia pasquale si svolge di notte; essa quindi deve o cominciare dopo l’inizio della notte o terminare prima dell’alba della domenica». Tale regola è di stretta interpretazione.

[10] 86….Dopo la lettura segue il canto del salmo con la risposta data dal popolo. In questo ripetersi delle parti si conservi un ritmo, che possa favorire la partecipazione e la devozione dei fedeli92. Si eviti con attenzione di introdurre canzoncine popolari al posto dei salmi.

[11] 91. Si raccomanda di non celebrare in fretta la liturgia eucaristica; al contrario conviene che tutti i riti e tutte le parole raggiungano la massima forza di espressione: la preghiera universale, mediante la quale i neofiti, divenuti fedeli, esercitano per la prima volta il loro sacerdozio regale; la processione offertoriale, con la partecipazione dei neofiti, se questi sono presenti; la preghiera eucaristica prima, seconda o terza fatta in canto, con i rispettivi embolismi1; infine la comunione eucaristica, come momento di piena partecipazione al mistero celebrato. Alla comunione è opportuno cantare il salmo 117 con l’antifona «Cristo nostra Pasqua», o il salmo 33 con l’antifona «Alleluia, Alleluia, Alleluia, Alleluia», o un altro canto di giubilo pasquale.

[12]  93. La liturgia della Veglia pasquale sia compiuta in modo da poterne offrire al popolo cristiano la ricchezza dei riti e delle orazioni; è importante che sia rispettata la verità dei segni, che sia favorita la partecipazione dei fedeli, che venga assicurata nella celebrazione la presenza dei ministranti, dei lettori e della «schola» dei cantori.

[13] 100. La celebrazione della Pasqua continua nel tempo pasquale. I cinquanta giorni che si succedono dalla domenica di Risurrezione alla domenica di Pentecoste si celebrano nella gioia come un solo giorno di festa, anzi come «la grande domenica».

  1. Le domeniche di questo tempo vengono considerate come domeniche di Pasqua
  2. Per gli adulti che hanno ricevuto l’iniziazione cristiana nella Veglia pasquale, tutto questo tempo è riservato alla «mistagogia».

[14] 108…..Attraverso una più solerte azione pastorale ed un maggior impegno spirituale da parte di ciascuno, con la grazia del Signore, sarà possibile a tutti coloro, che avranno partecipato alle feste pasquali, testimoniare nella vita il mistero della Pasqua celebrato nella fede.

 

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