Inciviltà
 Che,  comunque, non è una società per azioni italiana o multinazionale, ma  uno Stato sovrano che garantisce l’indipendenza e la libertà da ogni  condizionamento della voce del Papa e della Chiesa cattolica: che in  questo nostro strano mondo è la più grande, rispettata e perseguitata  confessione religiosa.
Che,  comunque, non è una società per azioni italiana o multinazionale, ma  uno Stato sovrano che garantisce l’indipendenza e la libertà da ogni  condizionamento della voce del Papa e della Chiesa cattolica: che in  questo nostro strano mondo è la più grande, rispettata e perseguitata  confessione religiosa.  
Anche se ci sono persone (e cronisti) che non lo sanno o fanno  finta di non saperlo, la destinazione dei fondi dell’8 per mille è  pubblica e trasparente: c’è un rendiconto consegnato puntualmente al  Ministerodell’Economia e ci sono informazioni dettagliate pubblicate su  diversi giornali (persino gli stessi sui quali, a volte, viene scritto  l’esatto contrario...) e su un sito internet www.8xmille.it. 
Tutti  i fondi sono utilizzati per le finalità previste dalla legge italiana:  esigenze di culto e pastorale della popolazione italiana;  sostentamento dei sacerdoti; interventi caritativi in Italia e nei  Paesi in via di sviluppo. 
Transitano regolarmente per banche  italiane e quelli che vanno all’estero (85 milioni nel 2012) passano  ovviamente per banche estere appunto perché la Chiesa italiana  contribuisce con generosità a molte e importanti attività e iniziative  missionarie e di autentico sviluppo umano e civile nei Paesi del Terzo  Mondo...   Chi legge Avvenire queste cose le sa, così come le sa chi si informa da  fonti comunque limpide e sicure. 
Chi legge certi altri giornali –  come per esempio il Fatto quotidiano di ieri – può invece 'scoprire' in  prima pagina e poi in un furente dialogo in forma di intervista tra una  collega e Antonio Ingroia – magistrato in aspettativa e candidato  premier della lista Rivoluzione civile – che l’8 per mille viene  «versato al Vaticano» e «non resta nelle banche italiane», ma finisce  «all’estero» per «slealtà bancaria» nonché – testuale, sia pure in forma  ipotetica – «per monetizzare fondi di provenienza sospetta». Un delirio  di verità mortificate e di vergognose falsità. Il denaro non resta  nelle banche italiane e finisce (anche) all’estero, perché  effettivamente i fondi destinati dagli italiani alla Chiesa non restano  fermi in banca e vengono utilizzati per far vivere e agire la Chiesa  italiana e per dare sostegno alla nostra gente, ai nostri poveri e ai  poveri del mondo. 
Ed è un’incredibile e violenta manifestazione  di  cristianofobia anzi di cattolicofobia che la Chiesa universale venga  presentata come una congrega di gente dedita a sporche speculazioni  (l’indecente titolo dell’intervista pubblicata dal  Fatto ,  e che non ci risulta sia stato smentito ieri stesso da Ingroia, è:  «Riciclaggio, Chiesa colpevole e politici complici»). 
Tanti che  magari non credono, o credono diversamente da noi, sanno laicamente  rispettare la Chiesa almeno come una grande e preziosa «agenzia morale».  Ingroia, la sua intervistatrice e chi ha titolato e messo in pagina sul  Fatto il prodotto del loro colloquioinvettiva invece no. Un cronista  può purtroppo non sapere di che cosa parla e scrive, o può scrivere e  parlare per sentito dire e per malizia. Non dovrebbe accadere, ma accade  ed è un problema serio. 
Più serio ancora è però il problema  posto da un magistrato, cioè da un servitore della giustizia, che per di  più è un candidato alla guida del governo e si presenta come 'nuovo',  che prende lucciole per lanterne e dimostra di non conoscere neanche la  legge del suo Stato. Dovrebbe parlare solo a ragion veduta, cioè non  sentenziare a sproposito, cioè non ghigliottinare la realtà, e invece...  Altro che civile, se questa è la rivoluzione di Ingroia dobbiamo  concludere che è desolatamente incivile.  				    
 
            