Arcivescovo

S.E. Giuseppe

Satriano

IN AGENDA

Incontro tra i vescovi del Mediterraneo, il cardinale Omella: è necessario rafforzare la comunione tra tutti noi cattolici

Nell’intervista all’arcivescovo di Barcellona i temi intra-eccelsiali ed extra-ecclesiali da affrontare a Bari

«L’incontro di riflessione e spiritualità “Mediterraneo frontiera di pace” promosso dalla Cei, su iniziativa del presidente, il cardinale Gualtiero Bassetti, è un’iniziativa molto lodevole. Noi vescovi avremo modo di condividere problemi, riflessioni, esperienze, preoccupazioni. Lo scopo principale, a mio giudizio, dovrebbe essere ascoltarci gli uni gli altri e lavorare insieme, con spirito sinodale, per individuare criteri di valutazione e modelli di intervento condivisi poiché la casa nella quale viviamo è comune». Sono parole del cardinale spagnolo Juan José Omella, 73 anni, arcivescovo di Barcellona (Spagna): dal 19 al 23 febbraio parteciperà a Bari all’incontro che vedrà riuniti poco più di cinquanta vescovi in rappresentanza delle Conferenze episcopali dei 19 Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. In questa conversazione con Vatican Insider il cardinale riflette sui temi da affrontare.

Il Comitato scientifico organizzatore dell’incontro, invitando le Conferenze episcopali, ha chiesto ai vescovi quali problemi e questioni intra-ecclesiali ed extra-ecclesiali considerano più importanti e urgenti. Lei quali temi intra-ecclesiali ha presentato?

«Ne menziono alcuni: anzitutto, a mio giudizio, occorre ridare protagonismo alla famiglia: essa, come afferma papa Francesco, è “il nodo d’oro” di quella “alleanza dell’uomo e della donna” alla quale, secondo la parola biblica della creazione, Dio ha affidato la cura del mondo e la regia della storia. Inoltre è necessario mostrare con maggior convinzione e letizia la bellezza del messaggio cristiano: abbiamo un tesoro prezioso per ogni essere umano: Cristo. È parimenti necessario sostenere e incoraggiare la formazione dei laici (che considero fondamentale), e impegnarci per far conoscere, specie in un’Europa sempre più triste e ripiegata su se stessa, le testimonianze offerte dai fedeli, da quella moltitudine di uomini e donne che ogni giorno, tenacemente, annunciano la Buona Novella con la loro vita diffondendo il buon profumo del Vangelo». 

Vi è una questione che lei considera decisiva?

«Sì: in questo nostro tempo è necessario rafforzare la comunione tra tutti noi cattolici: le divisioni oscurano il messaggio evangelico, avviliscono le comunità, danneggiano la Chiesa. La comunione potrà diventare più profonda non grazie a particolari iniziative, ma soltanto se tutti rafforzeremo la nostra personale comunione con Cristo».  

Su quali temi extra-ecclesiali pensa sia necessario riflettere durante l’incontro?

«Ne cito alcuni: anzitutto il rispetto da accordare alla vita, dal concepimento alla morte naturale: ad esempio, quali sono le migliori forme di assistenza da assicurare alle persone sole e malate che, prostrate dalla sofferenza, sentendosi scartate dalla società sono tentate dall’eutanasia? Come diffondere la pratica delle cure palliative? Un secondo tema è quello delle migrazioni: con quali modalità declinare nei diversi contesti sociali i quattro verbi indicati da papa Francesco ossia “accogliere, proteggere, promuovere e integrare”? Come favorire politiche di solidarietà verso i migranti e progetti di cooperazione e sviluppo che li aiutino a restare nei loro Paesi? Altri temi che reputo importanti e sui quali, secondo me, dovremo ascoltarci e ragionare insieme sono la promozione della pace, della concordia e della solidarietà tra i popoli, la diffusione della cultura del dialogo, la cura della casa comune».

In ordine a questi argomenti vi è qualche esperienza che desidera condividere con i suoi confratelli o iniziativa che vorrebbe proporre?

«Non ho pensato a iniziative da proporre mentre sarò lieto di condividere alcune felici esperienze fra le molte che sono state avviate in Spagna: penso, ad esempio, al lavoro di accoglienza dei migranti svolto dalla Caritas e da altre associazioni nelle diocesi del Sud del Paese, all’articolato progetto sulla valorizzazione della famiglia avviato dalla Conferenza episcopale spagnola, all’opera di evangelizzazione e di primo annuncio compiuta anche grazie al generoso impegno di alcuni gruppi. Ma a Bari, per me – e tengo a sottolinearlo – sarà soprattutto importante ascoltare i miei confratelli: sono molto interessato a capire quali questioni giudicano maggiormente rilevanti, come interpretano il passaggio storico che stiamo vivendo, quali riflessioni hanno maturato in questi anni». 

Si augura che l’iniziativa promossa dalla Cei diventi un appuntamento periodico?

«Sì. Penso non debba restare un unicum: sarei contento se diventasse un appuntamento periodico per continuare a condividere problemi, esperienze, ricerca di soluzioni, in obbedienza a papa Francesco che invita la Chiesa a una maggiore sinodalità». 

Quali frutti auspica possa portare l’incontro?

«Spero possa contribuire a rafforzare la comunione tra noi e tra le nostre Chiese, che debbono diventare più aperte e solidali le une con le altre, a edificare comunità sempre più premurose verso chi vive in povertà, ad accrescere tra i fedeli la felicità di annunciare Gesù e l’orgoglio di essere cristiani. Riguardo al futuro sono fiducioso, e per un motivo preciso».

Quale?

«Mentre in Europa avanza la secolarizzazione la Chiesa continua tenacemente a seminare: stanno spuntando, anche tra le giovani generazioni, nuovi germogli: sono la mia speranza. Bisogna volgere lì il nostro sguardo. Dice il Signore: “Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?” (Is 43,19)». 

Cristina Uguccioni

© www.lastampa.it, lunedì 10 febbraio 2020