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Il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo in terra di Bari

Consideriamo e valutiamo la visita (5-6 dicembre 2016) del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Sua Santità Bartolomeo, alla nostra diocesi, alla luce dei suoi recenti incontri con Papa Francesco

A Lesbo, l’isola greca degli emigrati, il 16 aprile 2016, il Patriarca incontra Papa Bergoglio e visita i profughi e rifugiati, uomini e donne che coraggiosamente hanno sfidato il mare per riuscire ad arrivare sulle coste europee e sperare in una vita migliore. Alcuni mesi dopo, lo stesso Patriarca reincontra il Papa, in occasione della celebrazione del 30° anniversario del primo incontro “Uomini e Religioni per la pace” (Assisi, 27 ottobre 1986), per firmare con altri leaders religiosi “il patto” contro il terrorismo.

Da questi due incontri emerge che l’ecumenismo di Papa Francesco e del Patriarca Bartolomeos avanzi verso la meta non tanto di accordi dottrinali quanto di “gesti” di solidarietà con i poveri e con coloro che vivono nelle periferie dell’umanità. Un nuovo tipo di dialogo ecumenico cattolico-ortodosso, si propone: la ricerca della piena comunione ecclesiale, nell’incontro dei poveri e degli ultimi del mondo. L’Unità della chiesa, dunque, per l’unita dell’umanità.

In questa nuova ottica ecumenica, allora, la prossima visita del Patriarca alla tomba di San Nicola, il santo dei poveri, “amante” degli stranieri, diventa oltre modo significativa per il futuro della vocazione ecumenica della nostra diocesi. Ciò corrisponde ai fatti.

Da anni ormai l’attività ecumenica diocesana, che chiameremmo “di base”, si svolge prevalentemente nell’accoglienza di comunità ortodosse costituite da immigrati e rifugiati, uomini e donne, in cerca di lavoro. Essi sono georgiani, rumeni, eritrei ed etiopici che ogni domenica mattina popolano le strade e i vicoli di Bari vecchia in cerca delle chiese di S. Gregorio, di Santa Chiara, di San Gaetano; chiese assegnate loro da Padre Arcivescovo “in affido” per la celebrazione della Divina Liturgia nei diversi riti ortodossi, bizantino e copto. La presenza delle comunità ecclesiali “straniere” aiuterà la nostra Chiesa locale a riscoprire il senso missionario della sua testimonianza nel territorio barese e a rivivere il dinamismo biblico della speranza cristiana.

Le ragioni della ritrovata dimensione missionaria dell’ecumenismo mi sembrano essere due. La prima è ecclesiologica ed ha il suo motivo nel fatto che la chiesa di Bari-Bitonto è posta in mezzo agli uomini come segno di comunione. Realtà dalla quale gli uomini possono imparare dove va l’unità della società pugliese. La seconda è sociologica ed ha la sua ragione nel fatto che la comunità diocesana non può stare “di fronte” alla vita della gente, gratificata in se stessa o severamente critica nei suoi confronti. E’ in questa visione missionaria che va collocata la intensa attività della Caritas Diocesana che sempre più si innerva nei diversi impegni caritativi delle comunità parrocchiali. Ma, nell’attenzione “agli altri”, la comunione ecumenica non rischia di dimenticare se stessa come “comunione nella santità di fede e dei sacramenti”, (come vuole il Documento di Bari del 1987 della Commissione Teologica per il dialogo ufficiale tra la chiesa cattolica e le chiese ortodosse), per esternarsi troppo sull’umano? La risposta non è in una dialettica, teorica e inconcludente, ma nella persona di Cristo, Figlio di Dio “fatto uomo”, di cui la Chiesa continua l’Incarnazione nella storia, per opera dello Spirito Santo.

 

sac. Angelo Romita

Direttore Ufficio Diocesano per il Dialogo Ecumenico

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