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La collaborazione tra laici e clero nel Concilio Vaticano II

Comunicazione alla scuola diocesana di Azione CattolicaBari, 20 settembre 2010

 

persone.jpgLa mia riflessione parte da una specie di memoria dell’esperienza conciliare fatta negli anni sessanta sia mentre il Concilio si svolgeva, sia all’indomani della chiusura del Concilio stesso. Non parlo da esperto, ma  da persona che di quell’evento ne conserva memoria, una memoria collettiva. Mentre il Concilio si volgeva e all’indomani della sua chiusura, qualcuno ci aiutava a leggere i documenti conciliari che man mano venivano pubblicati e la lezione conciliare nel suo complesso: Mons. Nicodemo e il suo ausiliare Mons. Mincuzzi, Don Luciano Bux, Don Mario D’Alesio.

Il Concilio non si limitavano a leggercelo o a spiegarcelo, ma lo vivevano in prima persona, specie il tema della responsabilità  e della collaborazione tra laici e clero. Mai come in quei tempi, i maestri erano anche testimoni. La collaborazione tra laici e sacerdoti, con gli inevitabili alti e bassi di ogni esperienza, era testata sul campo; l’ACI era vera palestra di  collaborazione vissuta e sperimentata.

La memoria collettiva deve però, come voi sapete,  cedere il posto alla ricostruzione storica di un evento  attraverso la ricostruzione storiografica ( il metodo storico )   e il lavoro degli storici. Solo così si capisce il rapporto tra passato e presente e tra presente e futuro. Sapere da dove veniamo, saper dove siamo diretti, sapere dove stiamo qui ed ora. E il naturale rapporto tra passato, presente e futuro.

Prima però di dire qualcosa sulla collaborazione e responsabilità fra laici e presbiteri fatemi dire qualcosa sullo statuto laicale come emerge a grandi linee  dal concilio ecumenico  Vaticano secondo.

NATURA  E SPECIFICITÀ DEI LAICI

“ Col nome di laici si intende qui l'insieme dei cristiani ad esclusione dei membri dell'ordine sacro e dello stato religioso sancito nella Chiesa, i fedeli cioè, che, dopo essere stati incorporati a Cristo col battesimo e costituiti popolo di Dio e, nella loro misura, resi partecipi dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano”[1].

Sottolineo tre espressioni di questo denso ma sobrio brano conciliare:

·         i laici sono INCORPORATI A CRISTO, cioè inseriti nel corpo di Cristo tramite il battesimo e i sacramenti in genere;

·         costituiti POPOLO di DIO e partecipi dei tre “Munera” di Cristo, munus  sacerdotale, profetico e regale;

·         compiono nella CHIESA E NEL MONDO la missione propria di tutto il popolo cristiano.

“Il carattere secolare è proprio e peculiare dei laici....  Per loro vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio. Vivono nel secolo, cioè implicati in tutti i diversi doveri e lavori del mondo e nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta. Ivi sono da Dio chiamati a contribuire, quasi dall'interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo esercitando il proprio ufficio sotto la guida dello spirito evangelico, e in questo modo a manifestare Cristo agli altri principalmente con la testimonianza della loro stessa vita e col fulgore della loro fede, della loro speranza e carità. A loro quindi particolarmente spetta di illuminare e ordinare tutte le cose temporali, alle quali sono strettamente legati, in modo che siano fatte e crescano costantemente secondo il Cristo e siano di lode al Creatore e Redentore “[2].

La peculiarità, cioè la specificità dei laici è la secolarità, la storicità, la mondanità nel senso delle realtà create nel loro complesso. Il concilio, a tale proposito,  usa espressioni dense per indicare tale specificità:

  • l’esistenza laicale è come intessuta di secolarità, cioè dell’ordinaria vita familiare e sociale;
  • le realtà secolari,   alle quali i laici sono “strettamente legati”, sono le vie ordinarie attraverso le quali si è alla  ricerca del Regno;
  • la vocazione laicale è proprio quella di cercare il Regno non superando la storicità, ma inserendosi vivamente in essa per santificarla;
  • la testimonianza della vita ed il fulgore della fede, della speranza e della carità si pongono come le vie maestre per manifestare Cristo agli altri;
  • i laici son visti come “anima mundi” sullo stile della Lettera a Diogneto: “ ciò che è l’anima nel corpo, questo siano i cristiani nel mondo”[3](Lettera a Diogneto).
 

DUPLICE APPARTENENZA: ALLA CHIESA E AL MONDO

“La Chiesa non si può considerare realmente fondata, non vive in maniera piena, non è segno perfetto della presenza di Cristo tra gli uomini, se alla gerarchia non si affianca e collabora un laicato autentico. Non può infatti il Vangelo penetrare ben addentro nella mentalità, nel costume, nell'attività di un popolo, se manca la presenza dinamica dei laici. Perciò, fin dal periodo di fondazione di una Chiesa, bisogna dedicare ogni cura alla formazione di un maturo laicato cristiano”[4].

La pienezza della Chiesa è in qualche modo strettamente legata alla presenza di un laicato autentico, maturo che sia affianca alla gerarchia e con essa collabora.

Anche qui sottolineo alcune espressioni:

·         laicato autentico e maturo;

·         Stare a fianco della gerarchia e collaborare con essa;

·         contribuire alla penetrazione – diffusione  del Vangelo nella cultura e nella vita di un popolo.

“La ragione è che i fedeli laici appartengono insieme al popolo di Dio e alla società civile” [5].

È la cosiddetta duplice appartenenza dei laici, è il tema delle due patrie; apparteniamo  a Dio e al mondo, alla chiesa e alla società, all’eternità e al tempo, alla patria terrena e alla patria celeste, alla “Civitas Dei” ed alla “Civitas hominis” per usare i titoli di due grandi opere di Sant’Agostino.

“Appartengono anzitutto alla propria nazione, perché vi son nati, perché con la educazione han cominciato a partecipare al suo patrimonio culturale, perché alla sua vita si rannodano nella trama multiforme delle relazioni sociali, perché al suo sviluppo cooperano e danno un personale contributo con la loro professione, perché i suoi problemi essi sentono come loro problemi e come tali si sforzano di risolverli. Ma essi appartengono anche a Cristo, in quanto nella Chiesa sono stati rigenerati attraverso la fede e il battesimo, affinché, rinnovati nella vita e nell'opera, siano di Cristo (106), ed in Cristo tutto a Dio sia sottoposto, e finalmente Dio sia tutto in tutti[6].

Non aggiungo commenti su questo brano molto chiaro, ma non posso non farne rilevare l’attualità in un momento storico, quale quello odierno, in cui qualcuno tenta di dividere il nostro paese tra Nord e Sud, tra ricchi e poveri, tra benessere e indigenza, creando ambiguità tra solidarietà esclusiva ed inclusiva.

LAICI E GERARCHIA

“I laici, come tutti i fedeli, hanno il diritto di ricevere abbondantemente dai sacri pastori i beni spirituali della Chiesa, soprattutto gli aiuti della parola di Dio e dei sacramenti [117]; ad essi quindi manifestino le loro necessità e i loro desideri con quella libertà e fiducia che si addice ai figli di Dio e ai fratelli in Cristo. Secondo la scienza, competenza e prestigio di cui godono, hanno la facoltà, anzi talora anche il dovere, di far conoscere il loro parere su cose concernenti il bene della Chiesa [118]. Se occorre, lo facciano attraverso gli organi stabiliti a questo scopo dalla Chiesa, e sempre con verità, fortezza e prudenza, con rispetto e carità verso coloro che, per ragione del loro sacro ufficio, rappresentano Cristo. I laici, come tutti i fedeli, con cristiana obbedienza prontamente abbraccino ciò che i pastori, quali rappresentanti di Cristo, stabiliscono in nome del loro magistero e della loro autorità nella Chiesa” [7].

Sottolineo :

·         diritto di ricevere dai pastori Parola e sacramenti;

·         manifestazione di necessità e desideri con fiducia e libertà come figli e fratelli;

·         facoltà ovvero dovere di far conoscere il loro parere per il bene della chiesa con verità, fortezza, prudenza, rispetto e carità;

·         con cristiana obbedienza i laici sappiano prontamente abbracciare ciò che i pastori stabiliscono in nome del loro magistero e della loro autorità nella chiesa, quali rappresentanti di Cristo.

“I pastori, da parte loro, riconoscano e promuovano la dignità e la responsabilità dei laici nella Chiesa; si servano volentieri del loro prudente consiglio, con fiducia affidino loro degli uffici in servizio della Chiesa e lascino loro libertà e margine di azione, anzi li incoraggino perché intraprendano delle opere anche di propria iniziativa. Considerino attentamente e con paterno affetto in Cristo le iniziative, le richieste e i desideri proposti dai laici e, infine, rispettino e riconoscano quella giusta libertà, che a tutti compete nella città terrestre” [8].

La grazia della nostra Chiesa locale: Vescovi sempre attenti al dialogo, all’ascolto dei laici, al sostegno alle iniziative laicali.

“Da questi familiari rapporti tra i laici e i pastori si devono attendere molti vantaggi per la Chiesa: in questo modo infatti si afferma nei laici il senso della propria responsabilità, ne è favorito lo slancio e le loro forze più facilmente vengono associate all'opera dei pastori. E questi, aiutati dall'esperienza dei laici [119], possono giudicare con più chiarezza e opportunità sia in cose spirituali che temporali; e così tutta la Chiesa, forte di tutti i suoi membri, compie con maggiore efficacia la sua missione per la vita del mondo” [9].

Anche qui metto in evidenza:

·         rapporti familiari tra laici e gerarchia;

·         affermazione del senso di responsabilità nei laici;

·         associazione dell’azione dei laici a quella dei pastori;

·         esperienza laicale a servizio del discernimento temporale e spirituale dei pastori.

LAICI E PRESBITERI

Come partecipi della missione di Cristo sacerdote, profeta e re, i laici hanno la loro parte attiva nella vita e nell'azione della Chiesa. All'interno delle comunità ecclesiali la loro azione è talmente necessaria che senza di essa lo stesso apostolato dei pastori non può per lo più ottenere il suo pieno effetto. Infatti i laici che hanno davvero spirito apostolico, ad esempio di quegli uomini e di quelle donne che aiutavano Paolo nella diffusione del Vangelo (cfr. At 18,18-26; Rm 16,3), suppliscono a quello che manca ai loro fratelli e confortano cosi sia i pastori, sia gli altri membri del popolo fedele (cfr. 1 Cor 16,17-18). Nutriti dall'attiva partecipazione alla vita liturgica della propria comunità, partecipano con sollecitudine alle sue opere apostoliche; conducono alla Chiesa gli uomini che forse ne vivono lontani; cooperano con dedizione generosa nel comunicare la parola di Dio, specialmente mediante l'insegnamento del catechismo; rendono più efficace la cura delle anime ed anche l'amministrazione dei beni della Chiesa, mettendo a disposizione la loro competenza.

La parrocchia offre un luminoso esempio di apostolato comunitario, fondendo insieme tutte le diversità umane che vi si trovano e inserendole nell'universalità della Chiesa (17). I laici si abituino ad agire nella parrocchia in stretta unione con i loro sacerdoti (18) apportino alla comunità della Chiesa i propri problemi e quelli del mondo, nonché le questioni concernenti la salvezza degli uomini, perché siano esaminati e risolti con il concorso di tutti; diano, secondo le proprie possibilità, il loro contributo a ogni iniziativa apostolica e missionaria della propria famiglia ecclesiale” [10].

Sottolineo :

·         parte attiva nella vita e nell’azione della chiesa;

·         con sollecitudine partecipano alle opere apostoliche della chiesa;

·         cooperano con generosa dedizione nel comunicare la Parola di Dio;

·         rendono più efficace la cura delle anime e l’amministrazione dei beni della chiesa;

·         stretta unione con i sacerdoti (comunione ?).

“In mezzo a tutti coloro che sono stati rigenerati con le acque del battesimo, i presbiteri sono fratelli (74) membra dello stesso e unico corpo di Cristo, la cui edificazione è compito di tutti “ [11].

·         la fraternità e la paternità spirituale;

·         comune edificazione del corpo di Cristo, la chiesa.

“Abbiano inoltre il massimo rispetto per la giusta libertà che spetta a tutti nella città terrestre. Siano pronti ad ascoltare il parere dei laici, tenendo conto con interesse fraterno delle loro aspirazioni e giovandosi della loro esperienza e competenza nei diversi campi dell'attività umana, in modo da poter assieme riconoscere i segni dei tempi. Provando gli spiriti per sapere se sono da Dio (77), essi devono scoprire con senso di fede i carismi, sia umili che eccelsi, che sotto molteplici forme sono concessi ai laici, devono riconoscerli con gioia e fomentarli con diligenza. Dei doni di Dio che si trovano abbondantemente tra i fedeli, meritano speciale attenzione quelli che spingono non pochi a una vita spirituale più profonda. Allo stesso modo, non esitino ad affidare ai laici degli incarichi al servizio della Chiesa, lasciando loro libertà d'azione e un conveniente margine di autonomia, anzi invitandoli opportunamente a intraprendere con piena libertà anche delle iniziative per proprio conto[12]

Come sempre sottolineo alcune espressioni:

·         rispetto per la libertà dei laici;

·         ascolto del mondo laicale;

·         discernimento - riconoscimento dei carismi laicali;

·         affidamento di incarichi.

IL VATICANO PRIMO

“ La chiesa, inoltre, che, assieme con l’ufficio apostolico di insegnare, ha ricevuto il mandato di custodire il deposito della fede, ha anche da Dio il diritto e il dovere di proscrivere la falsa scienza, perché nessuno venga ingannato dalla filosofia e da vane apparenze (31). Per questo, i fedeli cristiani non solo non hanno il diritto di difendere opinioni contrarie alla dottrina della fede, specie se condannate dalla chiesa, come legittime conclusioni della scienza, ma sono tenuti assolutamente a considerarle come errori, che hanno solo una ingannevole apparenza di verità”[13].

“Conforme, quindi, al dovere del nostro supremo ufficio pastorale, per amore di Cristo noi scongiuriamo tutti i fedeli cristiani, e specialmente quelli che hanno autorità o l’ufficio di insegnanti, - e con l’autorità dello stesso Dio e salvatore nostro lo comandiamo - perché col loro studio e con la loro opera vogliano contribuire ad allontanare ed eliminare questi errori dalla santa chiesa e a fare meglio conoscere la purissima luce della fede” [14].

CONCLUSIONI

La collaborazione è coniugata con:

- Fraternità, responsabilità, cooperazione, comunione o stretta unione, ascolto reciproco, affidamento di incarichi.

- Come mai però nonostante tutto non sempre le esperienze sono sempre positive?

- Perché relazioni e rapporti molte volte invece di generare qualcosa  di nuovo, di bello, di buono, degenerano?

- Perché invece della fiducia e della reciproca apertura molte volte si insinua la sfiducia e la prevaricazione?

- E questo non solo nei rapporti tra laici e sacerdoti, ma nei rapporti umani in genere?

- Perché in tutte queste cose abbiamo tutti bisogno di un amore capace sempre di educazione, formazione, purificazione, ascesi!

È la lezione complessiva che ci viene dall'Enciclica “Deus caritas est”, in particolare del numero 5 di cui trascrivo una brevissima frase e concludo: “Sì, l'eros vuole sollevarci «in estasi» verso il divino, condurci al di là di noi stessi, ma proprio per questo richiede un cammino di ascesa, di rinunce, di purificazioni e di guarigioni"[15] (Deus caritas est n. 5 ).

Franco Mastrandrea


[1] Lumen Gentium, n. 31
[2] Ibidem, 31
[3] Lettera a Diogneto
[4] Ad Gentes, n. 21
[5] Ibidem, n. 21
[6] Ibidem, n. 21
[7] Lumen gentium, n. 37
[8] Ibidem, n.37
[9] Ibidem, n. 37
[10] Apostolicam actuositatem n.10
[11] Presbiterorum ordinis n. 9
[12] Ibidem n. 9
[13] Costituzione apostolica Dei Filius, n.
[14] Proposizioni finali
[15] Encilclica del papa Benedetto XVI Deus caritas est, n. 5

 

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