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«La pace nel mondo inizia sempre con la nostra conversione personale»

Mercoledì delle Ceneri, giornata di preghiera e digiuno perché cessino le ostilità in Ucraina, papa Francesco chiede di continuare a invocare da Dio il dono della pace. E continua la catechesi sul ciclo della vecchiaia, ricordando che ci vuole tempo per assimilare e diventare saggi

Erano attese le parole di papa Francesco in questi giorni in cui continua la guerra di aggressione contro l’Ucraina. « Oggi entriamo nel tempo di Quaresima. La nostra preghiera e il digiuno saranno una supplica per la pace in Ucraina, ricordando che la pace nel mondo inizia sempre con la nostra conversione personale, alla sequela di Cristo», dice salutando i fedeli francesi. Ringrazia i polacchi per come stanno accogliendo i profughi per restituire loro dignità e speranza. «Voi, per primi, avete sostenuto l’Ucraina, aprendo i vostri confini, i vostri cuori e le porte delle vostre case agli ucraini che scappano dalla guerra». Spiega la storia dello speaker in lingua polacca, il frate francescano ucraino Marek Viktor Gongalo, i cui anziani religiosi sono nei bunker in una città vicino Kiev e chiede di pregare per tutti gli anziani che stanno cercando di salvarsi dalle bombe.  

Prima dei saluti e dell’appello per la preghiera per l’Ucraina, aveva dedicato l’udienza al ciclo sulla Vecchiaia soffermandosi sul significato della longevità, vista come simbolo e opportunità. Partendo dal Libro della Genesi il Pontefice sottolinea che «nel racconto biblico delle genealogie dei progenitori colpisce subito la loro enorme longevità: si parla di secoli! Quando incomincia, qui, la vecchiaia? E che cosa significa il fatto che questi antichi padri vivono così a lungo dopo aver generato i figli? Padri e figli vivono insieme, per secoli! Questa cadenza secolare dei tempi, narrata con stile rituale, conferisce al rapporto fra longevità e genealogia un significato simbolico profondo».

La longevità, dice il Papa ci aiuta a capire la nostra fragilità e il senso della vita. Ci invita a interrogarci sul passaggio delle generazioni e sulla memoria che passa da un secolo all’altro. Certo, Francesco sottolinea che «i tempi della trasmissione si riducono; ma i tempi dell’assimilazione chiedono sempre pazienza. L’eccesso di velocità, che ormai ossessiona tutti i passaggi della nostra vita, rende ogni esperienza più superficiale e meno “nutriente”. I giovani sono vittime inconsapevoli di questa scissione fra il tempo dell’orologio, che vuole essere bruciato, e i tempi della vita, che richiedono una giusta “lievitazione”. Una vita lunga permette di sperimentare questi tempi lunghi, e i danni della fretta».

Il Papa invita a pensare ai ritmi della vecchia, ma anche a quelli dei bambini, che non sono tempi di inerzia. Anzi, bisogna cercare di “perdere tempo” sia con gli anziani che con i figli. «È in questo orizzonte che ho voluto istituire la festa dei nonni, nell’ultima domenica di luglio. L’alleanza tra le due generazioni estreme della vita – i bambini e gli anziani – aiuta anche le altre due – i giovani e gli adulti – a legarsi a vicenda per rendere l’esistenza di tutti più ricca in umanità. Ci vuole dialogo tra le generazioni, se non c’è dialogo ogni generazione rimane isolata e non può trasmettere il messaggio». Un giovane, dice il Papa, «che non è legato alle sue radici che sono i nonni non riceve la forza delle radici come l’albero e cresce senza riferimenti. Bisogna cercare come una esigenza umana il dialogo tra le generazioni».

E immagina città in cui «la convivenza delle diverse età faccia parte integrante del progetto globale del suo habitat. Pensiamo al formarsi di rapporti affettuosi tra vecchiaia e giovinezza che si irradiano sullo stile complessivo delle relazioni. La sovrapposizione delle generazioni diventerebbe fonte di energia per un umanesimo realmente visibile e vivibile». Le nostre città, invece, con l’ossessione della velocità e dell’efficienza sono «tendenzialmente ostile agli anziani (e non per caso lo è anche per i bambini). Questa società che ha questo spirito dello scarto scarta tanti bambini non voluti e scarta i vecchi, li scarta, non servono, meglio metterli alla casa degli anziani, ai ricoveri. L’eccesso di velocità ci mette in una centrifuga che ci spazza via come coriandoli. Si perde completamente lo sguardo d’insieme». I ritmi lenti vengono vissuti come una perdita, soprattutto di denaro, ma è vero invece l’inverso: «L’eccesso di velocità polverizza la vita, non la rende più intensa. La saggezza ci vuole perdere tempo, ma tu torni a casa e vedi tuo figlio e tua figlia bambino e perdi tempo, questo è fondamentale per la società. Perdere tempo con i bambini e c’è il nonno o la nonna che magari non ragiona più o ha perso la capacità di parlare», spiega Francesco, «tu perdi tempo che è necessario per la società, loro ci danno un’altra capacità di vedere la vita».

La pandemia, riconosce, ha imposto «dolorosamente» uno stop a questa velocità e i «nonni hanno fatto da argine alla “disidratazione” affettiva dei più piccoli. L’alleanza visibile delle generazioni, che ne armonizza i tempi e i ritmi, ci restituisce la speranza di non abitare la vita invano. E restituisce a ciascuno l’amore per la nostra vita vulnerabile, sbarrando la strada all’ossessione della velocità, che semplicemente la consuma». Il Pontefice chiede a tutti se sanno perdere tempo con i nonni, con i vecchi, giocando con i bambini. «I vecchi hanno i loro ritmi, ma sono ritmi che ci aiutano», ci aiutano a capire anche che «il senso della vita non è soltanto nella età adulta, dai 25 ai 60 anni, ma è tutto e tu dovresti essere capace di interloquire con tutti, così la tua maturità sarà più ricca e più forte». Ci vuole una riforma, quella che converta «la prepotenza del tempo dell’orologio» alla «bellezza dei ritmi della vita. Questa è la riforma che dobbiamo fare nella famiglia, nella società». È indispensabile, conclude il Papa «l’alleanza delle generazioni» perché «una società dove i vecchi non parlano con i giovani, i giovani non parlano con i vecchi, gli adulti non parlano né con i vecchi né con i giovani è una società sterile, senza futuro, che non guarda l’orizzonte, ma guarda a se stessa e diventa sola».

Annachiara Valle

© www.famigliacristiana.it, mercoledì 1 marzo 2022