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La santità porta gioia, riguarda tutti ed è cosa da peccatori

"Non è per chi non cade mai, ma per chi ogni volta si lascia rialzare dalla misericordia di Dio", in esclusiva su Famiglia Cristiana il teologo e scrittore don Maurizio Gronchi spiega la nuova esortazione di papa Francesco

Non è un obiettivo esclusivo di preti, suore e frati. Riguarda tutti. «Siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo», si legge nel libro del Levitico. La santità è una mèta per uomini e donne, per genitori e figli, per datori di lavoro e dipendenti, per sani e malati, per giovani e anziani. Per politici, diplomatici, operatori di borsa, militari. Nessuno escluso. Ciascuno a suo modo.

Papa Francesco lo ribadisce e lo spiega nell’esortazione apostolica Gaudete et exsultate (Rallegratevi ed esultate), la terza del suo pontificato, dopo l’Evangelii Gaudium, del 24 novembre 2013, sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, e dopo l’Amoris Laetitia, del 19 marzo 2016, sull’amore nella famiglia. Cinque capitoli, 177 paragrafi, una lunga tessitura di citazioni bibliche e di documenti del Magistero. Con una consapevolezza di fondo: «quando scrutiamo davanti a Dio le strade della vita» nulla e nessuno rimane fuori dalla portata vivificante della Grazia.

Nel numero 15, in edicola da giovedì 12 aprile, Famiglia Cristiana presenta il testo interpellando un esperto: don Maurizio Gronchi, toscano di Pontedera, teologo e scrittore, docente di Cristologia alla Pontificia Università Urbaniana, consultore della Congregazione per la dottrina della fede e della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi (don Gronchi, tra l'altro, ha curato l’introduzione alla Gaudete et exsultate per la San Paolo, un’edizione arricchita anche dalla lettera Placuit Deo che la Congregazione per la dottrina della fede ha scritto ai vescovi su alcuni aspetti della salvezza).

«La santità», spiega don Gronchi, «è soprattutto roba da peccatori: pentiti e perdonati. Quindi per tutti quelli che hanno capito di non poter scagliare pietre verso gli altri. Anzi, soprattutto per coloro che hanno rischiato di prenderle o addirittura sono sati lapidati, i martiri ad esempio. E ce ne sono molti, nascosti, anche oggi. Quelli che il Papa chiama “popolo di Dio paziente”, “i santi della porta accanto”, “la classe media della santità”. Come i genitori che crescono con tanto amore i loro figli, gli uomini e le donne che lavorano per portare il pane a casa, i malati, le religiose anziane che continuano a sorridere. Insomma, non gente che non cade mai, ma che ogni volta si lascia rialzare dalla misericordia di Dio».

«Tra le cinque caratteristiche che papa Francesco indica ce n’è una che la dice lunga sulla tristezza e la faccia da quaresima di certi cristiani, che prendono molto sul serio se stessi e troppo poco gli altri. È l’umorismo, così evidente, ad esempio, in san Tommaso Moro, in san Vincenzo de Paoli o in san Filippo Neri. Il malumore non è un segno di santità. La malinconia spesso dipende dal ripiegamento su se stessi, che è l’esatto contrario dell’uscire fuori, per donarsi ed aprirsi al prossimo. Come diceva León Bloy, nella vita “non c’è che una tristezza, quella di non essere santi”».

Alberto Chiara

© www.famigliacristiana.it, lunedì 9 aprile 2018

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