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S.E. Giuseppe

Satriano

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L'Eucaristia è il sacramento della Chiesa “plasmata dalla carità di Dio”

Omelia di S.E. Mons. Giuseppe Satriano, Arcivescovo di Bari-Bitonto, nella Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo. Cattedrale di Bari, domenica 22 giugno 2025

Fratelli e sorelle carissimi,

oggi celebriamo il mistero sorgivo della nostra fede, la sorgente da cui sgorga la vita della Chiesa: il Corpo e il Sangue del Signore. Nel cuore di questa solennità, ci raccogliamo attorno all’altare come la folla radunata attorno a Gesù nel vangelo di Luca.

Non celebriamo solo un gesto del passato, ma la viva memoria di un Dio che ancora oggi si fa pane, si fa offerta, si fa nutrimento per ogni uomo e donna che ha fame di senso, sete di giustizia, bisogno di vita.

È la festa di un Dio che non solo ci visita, ma si consegna a noi, nelle nostre mani, nei nostri cuori.

Il Vangelo di Luca, appena proclamato, narra la moltiplicazione dei pani e dei pesci (Lc 9,11-17): un gesto che ci introduce nel cuore dell’Eucaristia. Il Signore, vedendo la folla stanca e affamata, non la manda via. Non dice: “che si arrangino”. No. Dice: «Voi stessi date loro da mangiare».

È qui il centro della sfida: Dio non agisce da solo, ma chiama noi, la Chiesa, a rendere visibile il suo amore concreto. Ci invita a non restare osservatori pietosi, ma a diventare discepoli che si lasciano coinvolgere dalla fame degli altri.

La fame che Gesù vede non è solo fisica. È la fame dell’uomo contemporaneo, smarrito nella guerra, piegato dalla sofferenza, oppresso dall’ingiustizia. Pensiamo alla Palestina lacerata, all’Ucraina ferita, all’Africa dimenticata… Pensiamo ai volti dei bambini affamati, degli anziani soli, delle famiglie migranti respinte. Il Corpo di Cristo che adoriamo è anche il corpo dell’umanità martoriata.

È lì che l’Eucaristia ci educa a vivere, ci converte lo sguardo. Come diceva don Tonino Bello: “non possiamo restare in ginocchio davanti all’ostia e poi restare in piedi, indifferenti, davanti al fratello che muore per fame o sotto le bombe”.

L’Eucaristia spezza ogni logica egoistica. Non è il sacramento dell’intimità consolante, ma quello della fraternità che si fa carne, del servizio che si fa storia.

Oggi, più che mai, ci sentiamo come quei discepoli che dicono a Gesù: «non abbiamo che cinque pani e due pesci». Anche noi, dinanzi al dolore del mondo, ci sentiamo impotenti. Ma l’Eucaristia ci insegna un’altra logica: la logica della condivisione e della sovrabbondanza.

Non siamo chiamati a risolvere tutto, ma a offrire quel poco che siamo. È in quella offerta che Dio compie il miracolo.

San Paolo, nella seconda lettura (1Cor 11,23-26), ci ricorda che ogni volta che mangiamo questo pane e beviamo questo calice, annunciamo la morte del Signore, finché Egli venga.

Non è una formula astratta: è l’impegno concreto a vivere la vita come dono. L’Eucaristia non è un premio per i giusti, ma forza per i deboli, farmaco per i feriti, luce per i cammini oscuri.

È il sacramento della Chiesa “plasmata dalla carità di Dio”, come ci ricorda la teologia più luminosa.

Fratelli e sorelle,

da questa solennità scaturisce una visione di Chiesa.

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Nell’Eucaristia, tra noi e Dio, […] - afferma papa Leone XIV nell’Angelus di oggi - il Signore accoglie, santifica e benedice il pane e il vino che noi mettiamo sull’Altare, assieme all’offerta della nostra vita, e li trasforma nel Corpo e nel Sangue di Cristo, Sacrificio d’amore per la salvezza del mondo. Dio si unisce a noi accogliendo con gioia ciò che portiamo e ci invita ad unirci a Lui ricevendo e condividendo con altrettanta gioia il suo dono d’amore».

Ecco, una Chiesa Eucaristica è una Chiesa spezzata e offerta. Non si accontenta di conservare, ma si lascia consumare.

Non si difende, ma si dona. Non si rinchiude nei recinti dei puri, ma spalanca le porte a tutti facendosi dono, perché tutti sono invitati al banchetto del Regno, anche coloro che si sentono indegni. Dio non si merita, si accoglie.

È questo il cammino a cui oggi siamo richiamati con urgenza. Una comunità che genera speranze non lo fa con strategie pastorali, ma con gesti eucaristici: condividendo, ascoltando, accogliendo, servendo.

Le parole di Gesù «fate questo in memoria di me» non sono solo da ripetere all’altare, ma da vivere ogni giorno, facendoci pane per gli altri, anche quando ci costa.

A tutti noi in modo particolare oggi la Parola affida un mandato profondo: non abbiate paura della vostra piccolezza.

Non scoraggiatevi se i mezzi sembrano pochi. È proprio lì che il Signore moltiplica la grazia.

Quella sera, sul lago, tutti furono sfamati. Nessuno escluso.

Questo è il Vangelo che oggi celebriamo: Dio si fa Pane per tutti, perché tutti possano sentirsi amati, accolti, salvati.

Celebrare l’Eucaristia è dire con la vita: “Noi siamo il pane che Tu, Signore, spezzi per il mondo”.

Fratelli e sorelle, il portare per le nostre strade il Corpo del Signore, non sia un gesto folcloristico o devoto, ma un’espressione profetica di una Chiesa che cammina dentro la storia dell’umanità, accanto ai suoi dolori, senza voltarsi altrove.

Amen.

Giuseppe Satriano

Arcivescovo di Bari-Bitonto

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Riflessione a conclusione della processione del Corpus Domini 2025

Parrocchia San Ferdinando – Bari - Lc 24,13-35

 

Fratelli e sorelle,


mentre incombe la sera su questa nostra città, la Parola di Dio ci riconduce a una strada polverosa e piena di interrogativi: quella che da Gerusalemme porta a Emmaus.

Due discepoli delusi, stanchi, fuggono dalla croce… eppure, proprio lì, lungo quel cammino di ritorno e smarrimento, Dio sceglie ancora una volta di farsi vicino.

Questa sera, mentre chiudiamo la processione del Corpo del Signore dinanzi a questa nostra parrocchia di San Ferdinando, possiamo sentire l’eco della stessa domanda che abitava quei cuori delusi: "Noi speravamo…".

Anche noi, come loro, attraversiamo stagioni in cui la speranza vacilla, in cui la vita sembra perdere senso tra guerre, solitudini, fallimenti, violenze e fragilità familiari.

Quante volte anche noi imbocchiamo vie come quella di Emmaus…

Eppure – ed è questo il mistero eucaristico che oggi abbiamo portato per le strade – il Risorto cammina con noi: non smette di cercarci, nonostante le nostre fughe. Si accosta, entra nel nostro racconto, ascolta senza giudicare, e lentamente, con dolce fermezza, riapre il senso della vita a partire dalla Scrittura e dal Pane spezzato.

È urgente tornare a Dio, fratelli e sorelle. Non come chi torna a un’idea o a un codice morale, ma come chi ritrova la Presenza viva che ha condiviso il pane sulla strada.

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È urgente riscoprire la fede come relazione, come incontro che scalda il cuore e illumina i passi. Abbiamo bisogno di una Chiesa che non sia solo maestra, ma anche compagna di viaggio, capace di chinarsi sulle domande dell’uomo e lasciarsi ferire dai suoi dolori.

E se il Signore si lascia riconoscere nel gesto del pane spezzato, allora tocca a noi oggi essere quel gesto.

Tocca a noi, adulti nella fede, nutriti dall’eucaristia, spezzare noi stessi per i più piccoli, per i giovani, per coloro che cercano con fatica un senso nel deserto del nostro tempo.

Nessuna parola potrà sostituire la forza di una testimonianza credibile, semplice, limpida, generosa. La fede si consegna con la vita, non solo con le dottrine.

Non trasmetteremo il Vangelo per eredità anagrafica, ma solo per contagio di vita.

Come ha detto Papa Leone XIV, nel suo ultimo discorso ai Vescovi della Conferenza Episcopale Italiana:

“E’ necessario uno slancio rinnovato nell’annuncio e nella trasmissione della fede. Si tratta di porre Gesù Cristo al centro e, sulla strada indicata da Evangelii gaudium, aiutare le persone a vivere una relazione personale con Lui, per scoprire la gioia del Vangelo. In un tempo di grande frammentarietà è necessario tornare alle fondamenta della nostra fede … portare Cristo “nelle vene” dell’umanità (cfr Cost. ap. Humanae salutis, 3), rinnovando e condividendo la missione apostolica: «Ciò che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi» (1Gv 1,3)”.

Ecco miei cari fratelli e sorelle,

lasciamoci trovare, lasciamoci raggiungere, apriamo gli occhi: il Risorto è con noi, nel Pane spezzato, nel fratello che ci vive accanto, nel povero che bussa. E come i discepoli di Emmaus, anche noi riprendiamo il cammino, non più fuggendo, ma tornando a Gerusalemme, cioè al cuore della fede, per dire con la vita: “Davvero il Signore è risorto e cammina con noi!” …  e la notte s’illuminerà di senso.

Amen.

Giuseppe Satriano

Arcivescovo di Bari-Bitonto

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