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Media, linguaggi e crossmedialità

Paolo Peverini, Semiologo, Luiss22 aprile 2010

 

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Multimedialità, intermedialità, crossmedialità, rimediazione, user generated content sono espressioni di uso sempre più comune che quotidianamente e talvolta con disinvoltura vengono impiegate per circoscrivere l’universo dei media digitali, le pratiche di produzione, distribuzione e consumo di molteplici forme espressive diverse per linguaggio, formato, generi, e ovviamente profili e competenze dei soggetti coinvolti.

Le rapide trasformazioni che investono gli scenari mediali sollecitano una riflessione sull’efficacia delle teorie e degli strumenti di metodo impiegati per ricostruire le logiche di funzionamento di fenomeni espressivi fondati su meccanismi testuali ben distinti.

Il dinamismo strutturale della scena mediale, la densità innegabile tanto sul piano dell’espressione quanto sul versante del contenuto di alcune forme testuali, le trasformazioni che investono la sfera delle competenze delle audience, ridefiniscono radicalmente la dialettica dei processi di significazione, sfuggono a facili descrizioni e si sottraggono all’opacità semantica di parole chiave che rischiano di perdere la presa sui fenomeni comunicativi, di arretrare, come slogan usurati, di fronte ai cambiamenti in corso.

Addentrarsi nel territorio smisurato dei media digitali significa, dunque, porsi in partenza il problema fondante dei limiti dei luoghi mediali, riconoscere la difficoltà di tracciare una mappa, un disegno efficace per procedere nell’esplorazione. Con ogni evidenza, la dimensione intricata del territorio scoraggia qualsiasi ambizione tassonomica, l’irregolarità dello spazio, delle sue forme, la complessità delle figure e degli attori che lo animano sfuggono alla pretesa descrittiva di qualsiasi scatto fotografico dall’alto. Piuttosto questa operazione preliminare di ‘ritaglio’ del campo di studio può aiutarci a situare prudentemente il tema, decisivo, delle ricadute sul piano delle relazioni tra gli attori coinvolti nei processi della significazione.

Lo spazio dei media infatti è sempre uno spazio relazionale, un luogo dove prendono forma e convergono pratiche e saperi, storie e testimonianze, un territorio che racchiude e al tempo stesso alimenta una rete complessa di interazioni e di esperienze.

La natura complessa dei fenomeni suggerisce dunque di adottare uno sguardo trasversale, una predisposizione all’analisi in cui far convergere l’approccio sociosemiotico con la riflessione sulle trasformazioni profonde che investono la sfera individuale e sociale dei soggetti, con particolare attenzione alle giovani generazioni, ai nativi digitali.

È dunque sullo sfondo di questa ricognizione provvisoria che prende forma il tema della testimonianza, della parola condivisa, di una comunicazione intesa come il prodotto di una serie articolata di processi collaborativi.

Il tema della condivisione, della partecipazione collettiva ai processi di costruzione e diffusione dei contenuti è al centro, da tempo, di un dibattito acceso, basti pensare alle questioni relative al diritto d’autore e al copyleft. Nella prospettiva sociosemiotica la questione decisiva del coinvolgimento allargato degli utenti nei processi della significazione può essere esplorata ripartendo dallo studio dell’enunciazione, dall’analisi delle modalità specifiche che presiedono alla realizzazione dei discorsi, alla conversione di temi, valori e figure in testi e discorsi ben definiti.

La rete smisurata dei media digitali si rivela un ambiente ideale per la testimonianza, intesa come una forma strategica di discorso che nasce dalla doppia intenzione di un soggetto dell’enunciazione di informare e responsabilizzare un interlocutore attivo, rendendolo un potenziale anello di una catena discorsiva dinamica. Le logiche di funzionamento dei social network valorizzano e rivendicano del resto in maniera esplicita una tattica classica attraverso cui si dispiega il potenziale strategico della testimonianza: il passaparola.

A partire da un quadro che si rivela decisamente complesso si può dunque provare a restringere la riflessione sul tema della testimonianza, spostando lo sguardo su una declinazione di questo fenomeno che assume una grande rilevanza sul piano delle figure, dei testi e delle pratiche: il viral. Video virali, racconti virali, campagne di comunicazione virali: in Rete viene celebrata, con insistenza, la retorica di una comunicazione tanto più efficace quanto più fondata sulla logica contagiosa del passaparola, prontamente rinominato dai professionisti del marketing come word of mouth. In realtà, a uno sguardo ravvicinato, l’espressione viral si rivela una metafora approssimativa e al tempo stesso un termine ombrello, un’etichetta sotto cui vengono fatti convergere fenomeni della comunicazione profondamente differenziati.

Definire in modo esaustivo le caratteristiche di una comunicazione virale è un’operazione destinata al fallimento, il potenziale di diffusione di un testo è infatti imprevedibile. Prudentemente è possibile tuttavia tentare di ricostruire alcune dinamiche ricorrenti nella messa a punto dei fenomeni virali in Rete, distinguendo in primo luogo i soggetti coinvolti nei processi comunicativi e le intenzioni che a monte guidano l’ideazione e la realizzazione dei testi. In alcuni casi infatti il ‘contagio mediatico’ è innescato dal basso, nasce come fenomeno spontaneo, condivisione allargata che dilaga rapidamente a prescindere da qualsiasi progettazione. Diverso è il caso della comunicazione virale che viene fatta rientrare nell’arsenale degli strumenti e delle tecniche del marketing. In questi casi, si pensi all’evoluzione dei linguaggi e delle forme del discorso pubblicitario, per guadagnare l’attenzione, la fiducia e la collaborazione del pubblico, i testi vengono confezionati in modo da restituire il massimo effetto di autenticità, confidenzialità, ‘trasparenza’

Una pista da seguire dunque può essere quella di ripensare il tema della testimonianza, delle sue forme e dei meccanismi della sua diffusione, indagando alcune ‘zone critiche’ del territorio mediatico in cui il passaparola si carica di significati e di effetti profondamente variabili sollecitando l’intelligenza e la sensibilità del pubblico in misura sempre maggiore.

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