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Messa del Crisma. Il Papa ai preti: «Siate vicini alla gente»

Francesco ha suggerito di meditare su tre ambiti di vicinanza sacerdotale: la vicinanza nel dialogo spirituale, nella Confessione e l'ambito della predicazione

È la vicinanza quella che la gente vuole da un prete. Si è vicini o no alle persone nella loro vita quotidiana? O c’è questa vicinanza o ci si gioca la presenza di Cristo nella vita dell’umanità. Il Vescovo di Roma nel suo quinto appuntamento pasquale con i sacerdoti della sua diocesi nella Basilica di San Pietro per la messa crismale ha voluto nuovamente centrare questo tratto distintivo della vita sacerdotale, che non è declinabile perché conforma a Cristo stesso, conforma alla scelta di Dio perché è Dio che «ha scelto di essere uno che sta vicino al suo popolo». E perché la vicinanza non sia mai un aspetto opzionale per un sacerdote il Papa ha ribadito ai suoi preti nell’omelia che «è il Signore che ha voluto essere un un predicatore di strada, il “Messaggero di buone notizie” per il suo popolo, il predicatore i cui piedi sono belli, come dice Isaia», pur avendo potuto benissimo essere uno scriba o un dottore della legge.

«Quando la gente dice di un sacerdote che “è vicino” – ha detto oggi in San Pietro papa Francesco – di solito fa risaltare due cose: la prima è che “c’è sempre” (contrario del “non c’è mai”: “Lo so, padre, che Lei è molto occupato” – dicono spesso). E l’altra è che sa trovare una parola per ognuno. “Parla con tutti – dice la gente –: coi grandi, coi piccoli, coi poveri, con quelli che non credono… Preti vicini, che ci sono, che parlano con tutti… Preti di strada». E l’esempio su come essere vicini il Papa lo ha indicato nell’apostolo Filippo «uno che ha imparato bene da Gesù a essere predicatore di strada», «uno di quelli che lo Spirito poteva “sequestrare” in qualsiasi momento e farli partire per evangelizzare, andando da un posto all’altro… uno capace anche di battezzare gente di buona fede e di farlo lì per lì, lungo la strada».

L’invito a offrire vicinanza ai dolori e alle miserie umane, la compassione di un padre, con una parola, uno sguardo amabile, «quello di cui ha bisogno la gente, praticando “la pastorale dell’orecchio” e guardando alla realtà senza averne paura» è quanto Papa Francesco aveva già raccomandato ai preti di Roma incontrati al Laterano all’inizio della Quaresima. «La vicinanza è più che il nome di una virtù particolare – ha perciò ripreso oggi – è un atteggiamento che coinvolge tutta la persona, il suo modo di stabilire legami, di essere contemporaneamente in sé stessa e attenta all’altro».

Attenti alla tentazione della "verità-idolo"

Nella messa in cui benedice gli oli santi del crisma, dei catecumeni, degli infermi, che saranno poi inviati a tutte le parrocchie della diocesi per la celebrazione dei sacramenti, Francesco ha spiegato così che «la vicinanza è la chiave dell’evangelizzatore perché è un atteggiamento-chiave nel Vangelo (il Signore la usa per descrivere il Regno)». Ha poi chiarito che la vicinanza non è solo la chiave della misericordia è anche la chiave della verità: «Si possono eliminare le distanze nella verità? Sì, si può. Infatti la verità non è solo la definizione che permette di nominare le situazioni e le cose tenendole a distanza con concetti e ragionamenti logici. Non è solo questo. La verità è anche fedeltà (emeth), quella che ti permette di nominare le persone col loro nome proprio, come le nomina il Signore, prima di classificarle o di definire “la loro situazione”». Ha pertanto invitato a stare attenti «a non cadere nella tentazione di farsi idoli di alcune verità astratte sono idoli comodi, a portata di mano, che danno un certo prestigio e potere e sono difficili da riconoscere. Perché la “verità-idolo” si mimetizza, usa le parole evangeliche come un vestito, ma non permette che le si tocchi il cuore. E, ciò che è molto peggio, allontana la gente semplice dalla vicinanza risanatrice della Parola e dei Sacramenti di Gesù».

Per non cadere nella tentazione di farsi idoli di alcune verità astratte bisogna chiedere la grazia – ha detto il Papa – e rivolgersi a «Maria, “Madonna della Vicinanza”, che col suo “sì” ci ha avvicinato a Gesù per sempre» e imparare da lei come «saper stare lì dove si “cucinano” le cose importanti, quelle che contano per ogni cuore, ogni famiglia, ogni cultura».

Tre ambiti di vicinanza sacerdotale

Papa Francesco ha quindi suggerito ai sacerdoti di meditare su tre ambiti di vicinanza sacerdotale nei quali le parole dette dalla Madre di Dio alle nozze di Cana – «Fate tutto quello che Gesù vi dirà» – possano risuonare con un tono materno nel cuore delle persone. Il primo ambito di vicinanza è quello dell’accompagnamento spirituale, poi ci sono quelli della Confessione e della predicazione.

Per la vicinanza nel dialogo spirituale modello per il Papa è l’incontro di Cristo con la Samaritana. Perchè? Perché lì Gesù «sa far venire alla luce il peccato della Samaritana senza che getti ombra sulla sua preghiera di adoratrice né che ponga ostacoli alla sua vocazione missionaria» e va poi con lei a evangelizzare nel suo villaggio.

Esempio di vicinanza nella Confessione è invece il passo evangelico della donna adultera. «Le verità di Gesù sempre avvicinano» dice il Papa e spiega che: «Guardare l’altro negli occhi – come il Signore quando si alza in piedi dopo essere stato in ginocchio vicino all’adultera che volevano lapidare e le dice: «Neanch’io ti condanno» (Gv 8,11) – non è andare contro la legge». Si può poi aggiungere: «D’ora in poi non peccare più» ma «non con un tono che appartiene all’ambito giuridico della verità-definizione», il tono di chi deve determinare quali sono i condizionamenti della Misericordia divina – afferma – ma «con un’espressione che si dice nell’ambito della verità-fedele, che permette al peccatore di guardare avanti e non indietro».

Infine c’è l’ambito della predicazione. E qui riprende uno dei motivi battuti con insistenza e cioè che l’omelia è la pietra di paragone «per valutare la vicinanza e la capacità di incontro di un Pastore con il suo popolo» come già affermato nell’Evangelii gaudium. Lì – riprende ancora il Papa – si vede «quanto vicini siamo stati a Dio nella preghiera e quanto vicini siamo alla nostra gente nella sua vita quotidiana». Il sacerdote vicino, che è in mezzo alla sua gente con vicinanza e tenerezza di buon pastore – ha detto infine – la gente non solo lo apprezza molto, ma va oltre: sente per lui qualcosa di speciale, qualcosa che sente soltanto alla presenza di Gesù. «Perciò non è una cosa in più questo riconoscere la nostra vicinanza – confessa Francesco – in essa ci giochiamo se Gesù sarà reso presente nella vita dell’umanità, oppure se rimarrà sul piano delle idee».

Stefania Falasca

© Avvenire, giovedì 29 marzo 2018

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